mercoledì 30 marzo 2011

Cartoline in punto di morte


“Io camminavo per strada. Sono stato investito da una macchina. Mi sono trovato con la faccia a terra. Ho fatto solo in tempo a capire che il sangue per terra era mio. Ho pensato a mia madre poi non ho pensato più niente: il sangue, l’asfalto, la mia testa, tutto mi è sembrato dolcemente inutile, quello che è stato e quello che sarà, la mia vita e quella degli altri.”

Conoscevo principalmente l'Arminio paesologo, i due bellissimi libri usciti da Laterza. E non escludo che anche queste cartoline nascano dalle escursioni del paesologo, dall’osservazione di tante lapidi dei cimiteri dei paesi compulsati negli ultimi anni da questo straordinario autore.

Mentre leggevo Cartoline dai morti (Nottetempo, collana "gransassi", pag. 144, 8 euro) si faceva spazio nella mia mente l’idea che l’opera avesse come generatore un pensiero spesso taciuto: così come l’umanità sta sovrappopolando il pianeta (è uno dei celebri otto peccati capitali della civiltà secondo Konrad Lorenz), l’umanità sta anche sovrappopolando la morte. E non sto parlando di una specie di Ade che stiamo stipando di umani resti. Mi riferisco al pensiero che riverbera alla lettura di un "semplice" numero, vale a dire gli 80-90 miliardi di esseri umani che si stima abbiano calpestato la terra sinora. Sono numeri che fanno tremare. E quindi così come il pensiero di un megatempo, sconvolgente per le capacità e le dimensioni di pensiero umane, è progressivamente emerso a consapevolezza con le scoperte della geologia e della paleontologia, anche gli studi di demografia mondiale o le passeggiate tra tanti cimiteri di paese hanno la possibilità di sconvolgerci e squarciare nuovi inquietanti scenari. Il solo fatto di riuscire a leggere un numero così grande non implica che siamo in grado di immaginarlo.

E allora si tiene questo pensiero della sovrappopolazione della morte (un pensiero che dovrebbe sfidarci, provocarci, allucinarci) con le cartoline inviate dai morti di Arminio, si tiene ogni cartolina con la successiva, perché ogni cartolina rappresenta un confine tra la persona "da viva" e la persona "da morta", un punto, e, come il punto, non sta né di qua (nella vita) né di là (nella morte): “Fuori era una bella giornata. Ricordo che ho pensato di non voler morire con tutto quel sole fuori. Ho sempre sognato di morire di notte, nell’ora in cui abbaiano i cani. E invece sono morto a mezzogiorno, mentre alla televisione cominciava un programma di cucina.”

Il nostro cervello ci consente di pensare una stessa persona sia “da viva” che “da morta”. Pensiamoci bene: è una capacità misteriosa e affascinante che fa scrivere ad Arminio queste cartoline beffarde. Si tengono queste cartoline tra loro, come in una edizione aggiornata della poesia sepolcrale con echi del Parise de I movimenti remoti. E poi c'è questa specie di aborto di narrazione, aborto che nasce dalla morte dello scrittore della cartolina: è una cosa che mi sono immaginato spesso, una narrazione che si tronca per il troncarsi della vita di chi scrive. Arminio ha trovato la giusta forma e lo spiazzante contenuto per avvicinarla.

Belle, fulminanti, come un sasso lanciato in acqua ferma queste cartoline creano cerchi dentro i nostri pensieri, agendo ben oltre la mezz’ora di tempo che ti domandano per essere agilmente lette, tutte 128.