sabato 30 aprile 2011

"Qualcosa, là fuori". Per Enrico Bellone






 
Enrico Bellone (1938-2011)


Avrei sicuramente parlato prima o poi di questo ultimo libro di Enrico Bellone. Immaginavo però per "ultimo libro" un'accezione diversa. Il grande storico della scienza è infatti scomparso lo scorso 16 aprile e, a meno che non vengano alla luce degli inediti, questo Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà (Codice Edizioni, pag. 108, euro 15,00) rimarrà il suo ultimo libro. Per chi è stato abituale lettore dei suoi editoriali nel lungo periodo di direzione del mensile "Le Scienze" rimane un senso di disorientamento.

Vorrei ricordare Bellone, assieme agli altri che l'hanno fatto in questi giorni con maggiore cognizione, come una delle poche personalità che da una posizione autorevole tentava di mantenere acceso il campanello d'allarme sull'arretratezza scientifica dell'Italia. Un'arretratezza scientifica che già nel periodo del boom economico era ben chiara nelle menti più vivaci e di cui Bellone aveva ricostruito le ragioni storiche nel suo La scienza negata. Il caso italiano (sempre per Codice, 2005). In quell'importante saggio cercava di ricostruire le vicende di un paese fortemente in pericolo a causa di una plurisecolare avversione per scienze e ricerca di base attiva su più fronti (filosofi, letterati, politici, religiosi, intellettuali e classe dirigente in genere). Tale avversione affonda le radici già nel Rinascimento e si sviluppa pienamente con la leadership intellettuale, incisiva tra l'altro nell'offerta formativa fino ai giorni nostri, di Croce e Gentile, un binomio filosofico che in qualche modo ha messo i bastoni tra le ruote ad un normale sviluppo scientifico del paese. (Un altro storico dell'Università di Padova, Silvio Lanaro, ha scritto di come l'Italia paghi sempre prezzi troppo alti per diventare un paese "normale" e in questo pensiero sofferto cominciamo a riconoscerci sempre più.)

Questo è un libro che riprende un solco già delineato con il precedente I corpi e le cose. Un modello naturalistico della conoscenza (Bruno Mondadori, 2000) e proseguito con gli altri suoi libri usciti nell'ultimo decennio. Ora non ricordo, visto il tempo trascorso dalla lettura, se quel libro volesse esplicitamente fare il verso a Le parole e le cose di Foucault, ma pensandoci bene non sarebbe improprio crederlo: nel libro del 2000 Bellone scandagliava il pregiudizio del linguaggio come veicolo certo di trasferimento di idee e significati. In quest'ultimo volume Bellone ricostruisce il distacco sempre più ampio che separa senso comune e scienza ("l'abisso", senza connotazione negativa, di cui egli stesso parla in un recente libro dedicato all'amatissimo Galilei), un distacco inaugurato già con gli studi secenteschi sul colore, aumentato significativamente con la fisica novecentesca e forse diventato irrecuperabile con il grande sviluppo delle neuroscienze degli ultimi decenni (in questo campo Bellone si serve spesso di citazioni dal neurobiologo Semir Zeki il cui interessante blog è linkato nella lista qui a destra).

Il "qualcosa là fuori" del titolo è ciò che il senso comune chiama "realtà" e che nei fatti è una costruzione di reti neuronali di cui, solo negli ultimi anni, iniziamo a comprendere meglio il funzionamento. In questi discorsi si inseriscono i passi più interessanti del volume. Ripercorriamone alcuni: Bellone ricorda come queste reti di neuroni siano rimaste sostanzialmente immutate nei millenni, anche se su di esse si sono innestate funzioni innovative come il linguaggio, la scrittura e la sua comprensione; a questo punto non può non essere tirata in ballo per queste conquiste umane la exaptation  (o "preadattamento", si veda il libretto di Stephen Jay Gould e Elisabeth Vrba proposto recentemente da Bollati Boringhieri). Di questa, l'esempio divulgativo più celebre rimane quello delle piume, carattere evolutivo avente funzione di regolazione termica nei dinosauri e passato, negli uccelli, ad avere una funzione fondamentale nel volo (in sostanza il preadattamento si ha quando un carattere di organismo assume una funzione indipendente dalla primitiva). La centralità della mente embodied (o incarnata) e l'impossibilità di un pensiero "disincarnato" sono i passi successivi: il pensiero e la realtà che sperimentiamo, gli stessi concetti che maneggiamo, sono in qualche maniera inscritti dentro la nostra struttura biologica. La chiusura di questo percorso non può quindi che rimandare, una volta ancora, alla necessità di eliminare la distinzione tra corpo e mente (per questo, i recenti contributi da citare sarebbero davvero tanti).

C'è un dato che poi va registrato: la bellezza e il rigore espositivo della prosa scientifica di Bellone. Per uno studioso che ha dedicato una vita all'opera di Galilei è un dato che merita la sottolineatura. Quando la saggistica raggiunge questi livelli, viene da sottoscrivere la tesi di quanti la ritengono il genere editoriale più in salute nel nostro paese.

Oggi avremmo bisogno di tanti intellettuali veri come Enrico Bellone, che fossero attivi tra le istituzioni  per formare una nuova classe di politici e amministratori, ben diversi da molti populisti che oggi cavalcano sentimenti antiscientifici. Allora forse ci risparmieremmo la vista di cartelli ridicoli che con tanta faciloneria dicono circa così: "Comune libero da Ogm" o "Ogm free". Cito l'esempio degli Ogm perché è un nodo complesso di scienza, opinione pubblica e politica, dove regna il pressapochismo e l'ignoranza. Dato che ci sono, segnalerei un paio di nomi di persone attive contro questa deriva antiscientifica: lo scrittore agronomo Antonio Pascale (prendetevi il suo Scienza e sentimento uscito da Einaudi) e Armando Massarenti con i suoi collaboratori di "Domenica" de "Il Sole 24 Ore". Certo, in giro ce ne saranno altri attivi su questo fronte, scienziati, scrittori o giornalisti di cui ignoro l'operato. Se li conoscete, segnalateli per favore. Abbiamo bisogno di un rapporto più disteso e meno belligerante con la scienza e il suo farsi. Avremmo anche bisogno di una comunicazione della scienza che funzioni e di non solleticare l'atavica arretratezza manifestata in atteggiamenti antiscientifici e antirazionalisti.

Il discorso qui ha preso una piega diversa dalla sola recensione di un libro che è a tutti gli effetti uno scritto importante e che, tra l'altro, può essere letto benissimo da chi non ha seguito la precedente produzione di Bellone. Tuttavia, per ricordare il suo autore scomparso, era necessario ritornare sul significato del suo operare. Anche perché nella conclusione di questo libro, proprio nell'ultima pagina, dopo aver aver riassunto le linee di sviluppo del testo, Bellone rimette per un attimo i panni dell'editorialista e provocatore e prova a tenere viva una scintilla di speranza per l'Italia dove, perseverando con un atteggiamento avverso alla ricerca di base, si corre il grosso rischio di non riconoscersi come "specie intelligente".

2 commenti:

  1. che audience in Italia hanno le pubblicazione di divulgazione scientifica di livello come Bellone? E' possibile saperne un po' si piu'? Altra cosa: la non-fiction e' il genere letterario piu' significativo oggi non solo in Italia...

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  2. Grazie per l'intervento, purtroppo non firmato.
    Parto dalla fine. Mi trova perfettamente d'accordo, è nel cosiddetto ambito no fiction che si fanno spesso le letture più interessanti, qui da noi come all'estero.
    Riguardo il pubblico di libri di divulgazione di alto livello come quello di Bellone, sarebbe da girare la domanda agli editori. Da quel che vedo, mi pare che il panorama editoriale sia vivo e quindi ne deduco che ci sia anche interesse. Lei vorrebbe sapere quante copie vende mediamente un libro come questo di Bellone?

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