martedì 5 aprile 2011

Quattro libricini di giovani poeti al traino di un Nobel?


Nessuna recensione stavolta, solo la notizia di un'uscita multipla di "libri brevi". Sotto l'ombrello del più noto marchio editoriale di poesia, Lo Specchio Mondadori, vengono proposti quattro libricini di autori abbastanza giovani. L'occasione è duplice: la giornata mondiale della poesia Unesco (21 marzo) e la rinnovata veste grafica della collana mondadoriana, tenuta a battesimo da Catena umana del premio nobel Seamus Heaney. I nomi sono quelli di Fabrizio Bernini (L’apprendimento elementare), Carlo Carabba (Canti dell’abbandono), Alberto Pellegatta (L’ombra della salute) e Andrea Ponso (I ferri del mestiere).

L'operazione è curiosa: quattro piccoli libri di autori "non consacrati" vengono proposti in un formato fin troppo “veloce” (nelle copie in mio possesso sembra che la stampa sia stata fatta in "qualità bozze") e viene sperimentata l'alchimia che nasce tra i loro nomi, noti forse soltanto nella cerchia degli addetti ai lavori, e quello che abbiamo appunto definito il più importante riferimento editoriale per la poesia. Se l'operazione della casa di Segrate è curiosa, dal punto di vista imprenditoriale parte del rischio pare assorbita dalla sponsorizzazione di un megabrand del lusso (trattasi di penne, quasi a marcare un collegamento, tutto da verificare, tra poesia e scrittura a penna o tra lettori di poesia e potere d'acquisto elevato) e dal formato economico dei libricini (tipo di carta, cucitura con due punti metallici piani). Il formato insomma ricorda da vicino i fascicoletti con il primo capitolo di un romanzo che si trovano solitamente in omaggio alle casse delle librerie (si chiamano teaser?) e comporta per il libraio la necessità dell'esposizione "di copertina" (e qui saranno necessari i vecchi elastici in stile Feltrinelli, altrimenti questi libretti cadranno da tutte le parti).

Mi rendo conto che queste righe assomigliano troppo a delle note di marketing editoriale relative al più difficile e meno commerciale dei generi (ma anche di questo luogo comune bisognerebbe parlare). Tuttavia ho deciso di impostarle appositamente in questi termini. Se la bontà dei quattro libri non è messa in discussione, se la volontà di far circolare più poesia e "testare il mercato" con simili esperimenti può essere salutata positivamente (sarebbe interessante però conoscere qualche dato sulle performance di questi libricini), ci si deve chiedere se tale pubblicazione non meritasse maggiore contestualizzazione, che la facesse comparire come qualcosa di diverso da quella che, sempre nell'antipatico glossario marketing, potrebbe sembrare un’operazione one-shot o comunque un appuntamento annuale. Nella situazione critica in cui versa la poesia (abbondanza di offerta, scarsità di attenzione, standardizzazione delle modalità in cui se ne parla, anche da parte di noti critici, immagine del poeta troppo lessa e... "poetica"), editore e collana funzionano ancora come antenne, anche se sono in molti a credere che negli ultimi anni siano usciti libri di valore quantomeno dubbio sia per la "Bianca Einaudi" sia per "Lo Specchio".

Forse, anche per questo grumo di difficoltà, arriva la nuova veste grafica de Lo Specchio e i quattro libretti in questione servono per creare familiarità con questo salto grafico che sembra tornare alle origini: autore, titolo, il genere “poesia” scritto apertamente in copertina, nome dell'editore e recupero della rosa mondadoriana di Francesco Pastonchi. Virata da leggersi come un ritorno al binomio parola-colore in qualità di cardine dell'identità visiva della collana oppure come necessità di “tirare” sul budget di produzione, risparmiando sui diritti di utilizzo di eventuali immagini?

Sembrerà strano, ma tutte queste righe noiose, scritte immaginando il punto di vista degli editori di poesia e del loro benemerito operato, vorrei concluderle con un'esortazione: riprendiamoci la poesia! Noi. Chi la fa e chi ama leggerla. E guardiamola con occhi asciutti, iniziamo a parlare senza pudore di editor di poesia (andate a vedere cosa fece Ezra Pound a The Waste Land di Eliot). In questo modo anche gli editori avrebbero vita più semplice nel fare il loro mestiere.

6 commenti:

  1. Non vedo la recensione però...

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  2. Grazie Giulio del commento. Non vedi la recensione perché il post inizia proprio affermando "Nessuna recensione stavolta (...)"

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  3. Ma chi è il direttore editoriale o il curatore della collana "lo Specchio"?

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  4. Non saprei chi decide chi e quando pubblicare un poeta dentro questa collana di Mondadori. Potrebbe anche darsi che no si tratti di una persona soltanto.

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  5. Il titolo del tuo articolo è un po' infelice. Non mi sembra adatto a autori come Alberto Pellegatta e Andrea Ponso. Libricini? Veramente contengono oltre 50 testi, solo che hanno risparmiato sulla carta... La poesia non credo sia questione di centimetri...

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  6. Grazie del commento Nic. Forse il titolo del post è davvero infelice, ma nel formato quelli dei poeti italiani citati restano libricini rispetto al formato "normale" de Lo Specchio. Naturalmente "libricini" riguarda solo la materialità dell'oggetto libro e non è giudizio di valore. Stimo gli autori, quelli che citi e anche gli altri, di fatto l'operazione editoriale trainava la presentazione della nuova veste grafica de Lo Specchio e trainava un poeta Nobel, o faceva da spalla, se si vuole usare un linguaggio da concerto rock. Poi tutto può accadere, anche che il gruppo di spalla alla band protagonista faccia molta più strada. Tutto qui. Non voglio mischiare però scelte editoriali e giudizi di valore. Questo post non era una recensione, era una riflessione più sul versante editoriale in un blog appena nato con un nome preciso: Librobreve. Su una cosa però ho dei dubbi, che la poesia non sia anche, talvolta, questione di centimetri, spazi, misure. Grazie ancora, Alberto

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