mercoledì 25 maggio 2011

Matteo Codignola di Adelphi

Librobreve intervista #3

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Da poco è uscito Mordecai (assieme a Mordecai e Noah Richler) per la collana Biblioteca Minima Adelphi. Già, Biblioteca minima: ecco un'altra collana che avevo in mente quando ho iniziato a pensare a questo blog. Matteo Codignola è una figura chiave per seguire le vicende di Adelphi, editore per il quale traduce e lavora (sua la fortunatissima traduzione de La versione di Barney). Ringrazio l'intervistato e Benedetta Senin per la collaborazione in questa terza intervista di Librobreve.
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LB: Editoria formato (davvero) tascabile. Necessità dell’editore e/o del lettore, trend passeggero? Qual è la vostra valutazione? Penso poi in particolar modo alla collana Biblioteca Minima di Adelphi: si tratta di un contenitore creato per testi brevi o di una risposta tangibile ad una nuova abitudine di leggere cose brevi?
RISPOSTA: L’editoria tenta spesso di dare ai lettori ciò che presuppone ai lettori manchi. In questo caso, mancava un contenitore per testi anche molto brevi – testi particolarmente adatti, certo, a quello che una pubblicità arcaica chiamava “il logorìo della vita moderna”, e all’evidente mutazione nelle abitudini di lettura. Per essere onesti, volumi di piccolo o anche piccolissimo formato sono sempre esistiti, dall’invenzione della stampa in poi. La nostra idea però era, e rimane, leggermente diversa: fornire ai lettori, spesso inventandolo, un vero e proprio libro, spingendoci ai limiti dell’editorialmente possibile. Per capire cosa intendo, basta guardare com’è fatto il primo numero della collana, Il nichilismo europeo di Nietzsche.

LB: “Piccola Biblioteca Adelphi” prima. Ora “Biblioteca minima”. La metafora della biblioteca, così ficcante per descrivere il modo di concepire l’editoria di catalogo di Adelphi, sembra essere continuamente accompagnata da aggettivi legati alla brevità nelle denominazioni delle collane. Sembra quasi un climax (discendente). C’è un progetto particolare oppure si tratta di situazioni che si sono semplicemente venute a creare?
RISPOSTA: Non siamo ossessionati dalla brevità, o dalla lunghezza, o da qualsiasi altra cosa. Semplicemente crediamo, dall’inizio, che un libro sia prima di tutto una forma. E che trasformare un testo o un insieme di testi in un libro sia una mossa molto meno ovvia e automatica di quel che comunemente si ritiene.

LB: In quel meccanismo che rischia di trasformare l’editore in un operatore al centro di due poli costituiti da distribuzione e ufficio stampa-promozione, quale importanza ricopre la mole di un libro nei meccanismi promozionali? Uno degli assunti da cui parte il blog Librobreve è la difficile visibilità di questi volumi, sia sulla stampa che in libreria. Lo condivide? Ho come l’impressione che nel peculiare caso di Adelphi la mole di un libro sia meno importante in questi meccanismi, che il libro Adelphi goda di buona visibilità in libreria a prescindere dalla sua mole. Mi sbaglio?
RISPOSTA: Sì, media e circuiti tradizionali sono indicibilmente conservatori, se è quello che intende. Per far capire che quei libri  avevano lo stesso peso, almeno per noi, dei loro simili più voluminosi, ci abbiamo messo anni. All’inizio i librai non sapevano dove metterli, e i giornalisti non ritenevano fosse il caso di parlarne – o meglio, facevano una proporzione elementare: testo breve, segnalazione brevissima. Non mi chieda un commento.

LB: Parliamo di e-book. Con il diffondersi dei devices di lettura elettronici, una volta che si sarà trovata una soluzione per il prezzo degli e-book, credete che la mole di un libro possa essere determinante per decidere se proporlo su carta o in formato elettronico? Se sì, in che senso?
RISPOSTA: Credo che l’editoria digitale sia ancora in una fase precedente l’inizio, almeno in Italia. Non ignoro le sue cifre all’estero, ma c’è un fatto, o cambia radicalmente – o diventa quello che nei suoi presupposti già è, qualcosa di parallelo ma non di analogo all’editoria su carta – o è destinata a perdere la partita. Propongo quindi di riparlarne più avanti, però la risposta è comunque no, la mole non è il problema. Al contrario, coi libri cui dedicate il vostro blog ci si potrebbe divertire parecchio, su un device.

LB: Parlando di libri brevi ci troviamo spesso a parlare di progetto grafico globalmente inteso (carta, copertine, aspetti tipografici). Quello della “confezione” di un libro è un aspetto sicuramente molto interessante e tra le altre cose è stato strategico negli ultimi decenni. Non credete però che con la diffusione del libro elettronico questa attenzione ai paratesti si perderà a favore del vero e proprio contenuto del libro, il quale potrebbe essere oggetto di esperimenti di “realtà aumentata” (da vedersi magari come una nuova vita per le “vecchie” note a piè di pagina)? (Sono consapevole di rivolgere una simile domanda ad un rappresentante di una casa editrice il cui progetto grafico di Enzo Mari è stato garanzia di un successo duraturo.)
RISPOSTA: Una piccola precisazione, ma importante per chi si occupa di queste cose. Enzo Mari ha progettato solo una collana di Adelphi, della quale sono usciti due numeri – ormai per collezionisti. E’ un grandissimo designer, ma poi la casa editrice è andata in un’altra direzione, ostinatamente autarchica. Per quanto riguarda la domanda, trovo che la miseria visiva, la rinuncia a tutto quello – dal carattere tipografico allo specchio di pagina alla copertina - che fa di un libro un libro, sia la ragione per cui gli attuali e-book sono, per non fare giri di parole, orrendi. Ripeto quello che ho detto poco fa, il libro è durato qualche centinaio di anni anche perché per qualche centinaio di anni ha cercato, e ha volte avuto, un suo appeal. Sarebbe lungimirante che il suo erede digitale si mettesse, il prima possibile, al passo.

Intervista a Matteo Codignola di Adelphi raccolta da Alberto Cellotto nel maggio 2011.

1 commento:

  1. Non è molto che passo di qua, ma ringrazio perché non conoscevo questa collana di Adelphi e prontamente sabato mi sono portato a casa i "libri brevi" di Cioran e di Fitzgerald.

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