martedì 14 giugno 2011

Magazzino Jazz, gli scritti di Franco Bergoglio


L'autore oppurtanamente annota: "Magazine in inglese indica quei periodici che contengono gli argomenti più disparati, come questo libro, un bric à brac di personaggi e cianfrusaglie: dischi nello spazio, poeti e pugili, pittori musicofili, collezionisti folli, batteristi visionari, trombettisti in fuga, un Coltrane diverso e un Parker dantesco ...".

Basterebbero queste parole per introdurci nella bellissima raccolta di "articoli musicali d'occasione" che Mobydick ha recentemente pubblicato, seconda fatica del giovane torinese di Chivasso (nato nel 1973), autore qualche anno fa di Jazz! Appunti e note del secolo breve, uscito da Costa&Nolan.

Bergoglio studia il jazz da una prospettiva sociale e politica e lo fa da molti anni. I suoi studi mi furono segnalati in prima battuta da Davide Sparti, filosofo e autore noto per i suoi importanti e innovativi contributi critici sul jazz usciti per Il Mulino e per Bollati Boringhieri (L'identità incompiuta. Paradossi dell'improvvisazione musica, Il corpo sonoro. Oralità e scrittura nel jazz e Musica in nero. Il campo discorsivo del jazz). Ora, con questo libretto (pag. 96, euro 10) Bergoglio propone un personalissimo approccio alla saggistica di quest'ambito, mettendo in luce non comuni qualità di scrittura (una prosa vivace, mai pedante e sovrabbondante, sempre controllata nell'incrocio di dati, analisi ed elaborazioni e pronta a restituire una narrazione che ha pure il privilegio di intrattere senza banalizzare mai).

Il libro si farà leggere con grande interesse da chi ama le pubblicazioni sul jazz le quali, va detto, in questi anni si succedono ad un ritmo abbastanza costante. Alterna pezzi critici a interviste e ritratti e sa porsi come punto di partenza per nuove ipotesi di studio e intersezioni tra le arti, come nel caso (paradigmatico) del breve pezzo Jazz on Jackson (felici le titolazioni scelte da Bergoglio e la strutturazione dell'indice!) dove l'action painter per antonomasia è fotografato nei suoi rapporti con la musica jazz. Tutti gli appassionati sanno di White light in copertina dell'epocale Free Jazz di Ornette Coleman, ma non tutti sapranno che Pollock era piuttosto conservatore nei suoi gusti jazz: in sostanza, l'appropriazione è da leggersi più nel versante dei jazzisti dell'epoca che si sono avvicinati alla pittura di Pollock, più che in senso inverso (Pollock è "dipinto" come un amante del Dixieland). Queste e altre interessanti scoperte si fanno leggendo Magazzino Jazz. Per tutti gli appassionati che non lo conoscono, un nome di un critico da appuntare in agenda.

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