mercoledì 5 ottobre 2011

"La luce prima", il secondo romanzo di Emanuele Tonon














Noi sentiamo parlare spesso di "prima luce". Il titolo del secondo romanzo di Emanuele Tonon (Isbn Edizioni, pag. 130, euro 15,90) pone invece l'aggettivo dopo il sostantivo, in posizione restrittiva. Non descrive, non esalta, ma restringe la visuale. In effetti le pagine di questo breve romanzo sono una cavalcata verso l'essere e verso la sua origine (la "cavità di donna che crea il mondo, veglia sul tempo lo protegge" cantava Giovanni Lindo Ferretti dei C.S.I.): la madre, che nel caso di Tonon è da poco scomparsa. Pensiamoci bene, non sono molti i libri di narrativa in cui una madre è protagonista, da sola, attraverso le parole del monologo e il flusso di ricordi del figlio, dalla prima all'ultima pagina, senza tregua, e in questo vi troviamo già una situazione inedita. Inoltre, con l'aggettivo in quella posizione, il titolo diventa sospeso, incompleto, quasi che quel "prima" assumesse una valenza d'avverbio: la luce prima di qualcosa. Si dice "la luce prima dell'alba", "la luce prima del tramonto", "la luce prima di morire". Ho sempre in mente, e tornavano spesso a bussare nella mia testa durante la lettura, quelle parole vergate da Giuseppe Caliceti in Pubblico/Privato 0.1 "Da alcune settimane ho la sensazione che tutti i giorni, i mesi, gli anni che ho vissuto e vivrò dopo la morte di mio padre siano una specie di regalo che mi è stato concesso, un indecifrabile tempo supplementare".

Per questo libro si è parlato, a ragione, di "canto d'amore". Questo almeno recita la bandella firmata da Michela Murgia, la scrittrice che ha inaugurato la collana "Gli italiani di Isbn" dove trovano collocazione anche i due libri di Emanuele Tonon (il precedente "romanzo eretico" Il nemico è del 2009, un sottotitolo che andava così a braccetto con l'idea della casa editrice di colorare i bordi delle pagine, proprio come i breviari). Una sorta di precedente di questo libro potrebbe risiedere nella conclusione del "ciclo dei vinti" di Ferdinando Camon. Un altare per la madre era tuttavia anche un percorso di recupero di un'etica segnatamente cristiana. Con Tonon è diverso. Come vuole la vulgata ad uso e consumo giornalistico, lui è l'ex-francescano, teologo-operaio, colui che prima bestemmia (ne Il nemico) e ora, nel dolore della scomparsa improvvisa, prega in un vero e proprio mantra. Io credo che l'autore stia resistendo bene a questa impalcatura che gli viene allestita attorno (si leggano le pagine in cui descrive il disagio durante la visita a Milano per promuovere il primo libro). Questo suo libro mi è sembrato un'ottima risposta a queste pressioni che potrebbero schiacciarlo (si è parlato anche di "nuovo Erri De Luca", forse solo perché di mezzo c'è la teologia e l'essere operaio, cose che lo accomunano al prolificissimo De Luca, autore che viaggia ad una media di un libro breve al bimestre). Probabilmente sono un ottuso che si sbaglia di grosso. Quello che però vorrei sostenere è che Emanuele Tonon ha scritto un libro svincolato, nonostante attorno a lui, a mio modo di percepire, si notino attive delle intenzioni per veicolarlo in un certo modo. Credo che se ne sia fregato di tutti e che ci proponga un romanzo che suona come un mantra, qualcosa di nuovo per i lettori, un'azione del pensiero che diventa scrittura che desidera salvare. Una forma adattiva, ultrarapida, magari darwiniana, nei confronti del nuovo stato di privazione e assenza e quindi di cambiamento? Lo suggerisco anche per contrastare i termini "teologici" che sono stati adoperati senza significativa pregnanza. Magari a breve, quando - spero - intervisteremo Leonardo G. Luccone di Oblique, l'agenzia letteraria di Tonon, potremo pesare meglio queste impressioni, consapevoli che Oblique, per sensibilità e cura, è tra le cose migliori l'autore potesse incontrare.

Il tema della morte di un genitore è ovviamente rischioso, delicatissimo, si presta nel mondo dell'editoria, sempre a caccia di "casi", a strumentalizzazioni e interpretazioni pilotate. (Suvvia! Come se al giorno d'oggi il successo di un libro fosse sempre e comunque esclusivamente frutto del caso e non esistessero anche i successi costruiti a tavolino.) Ma il lettore che aprirà i suoi occhi a La luce prima ritroverà probabilmente il tentativo di decifrare quel tempo supplementare di cui scriveva Caliceti, il tempo che Tonon inizia a vivere assieme al proprio lettore. In questa sede, hanno poca importanta tutti i particolari biografici di cui veniamo a conoscenza durante la lettura, la paternità, biologica e reale, la povertà, la casa, la coabitazione di madre e figlio prima della morte. Ciò che conta è questo passaggio che l'autore ha percorso e che probabilmente lo condurrà verso nuove prove che leggeremo sempre con grande interesse.

Concludo sulla bandella, costruita con una foto tipicamente Settanta-Ottanta, ingiallita, simile a quelle che in tanti conserviamo dentro l'album di famiglia, una foto appartenente ormai ad un'epoca fotografica che viene prima del diluvio e dell'alta deperibilità del digitale: non capisco fino in fondo la seconda parte dell'affermazione di Michela Murgia: "un abisso da cui non si può uscire innocenti". Non capisco "innocenti". Chiudo come avevo iniziato, attorno a un aggettivo. Se avete letto il libro, aiutatemi a capire come lo interpretate!

1 commento:

  1. Salve alberto, io ho preferito "Il nemico", anche se trovo interessante questo secondo romanzo. "innocenti" della Murgia si riferirà a senso di colpa che trapela dal figlio narratore... suppongo. Ma non so. Saluti, Tommaso

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