martedì 31 maggio 2011

Pedalo dunque sono. La ciclosofia di Ediciclo


Quando venni a sapere che il filosofo Franco Volpi era morto a causa di un incidente in bicicletta rimasi colpito. Due volte. La prima, normale, perché avevo visto e sentito quel filosofo qualche volta, durante la mia permanenza all'Università di Padova. La seconda perché un filosofo che muore in bici era una sorta di idea che bussava due volte alla mia testa.

A Franco Volpi è dedicato questo trattato di ciclosofia uscito per i tipi di Ediciclo, l'editore di Portogruaro che ha fatto del ciclo la propria ragione d'essere e che negli anni ha costruito un catalogo ciclocentrico di tutto rispetto (dalle guide ai trattati, passando per traduzioni di autori stranieri che alla bicicletta hanno dedicato almeno una delle loro opere).

Sembra che inizi a prendere forma un nuovo filone di pubblicazioni in cui si cerca di dare una sorta di giustificazione filosofica, antropologica e persino neuroscientifica a volte allo sport o all'attività fisica in genere. Certo, nel caso di questo volume parliamo di un mezzo di locomozione che in questi anni è già stato elogiato da più parti: penso a Bollati Boringhieri che ha fatto uscire per la collana prettamente filosofica Incipit Elogio della bicicletta di Ivan Illich e Il bello della bicicletta dell'etnologo Marc Augé, a Elliot che ha pubblicato Bike Snob. Manifesto per un nuovo ordine universale della bicicletta del noto blogger BikeSnobNYC o ai Diari della bicicletta dell'ex Talking Heads David Byrne usciti da Bompiani. Per tutti questi libri la centralità del mezzo è un tratto accomunante, ovviamente anche in chiave ecologica. Questa lista si può ulteriormente allungare e allargare ad altri ambiti, come il cinema ad esempio (pensiamo all'ultimo film dei fratelli Dardenne Il ragazzo con la bicicletta).

La specificità di Pedalo dunque sono. Pensieri e filosofia a due ruote (a cura di Lorenzo Parolin, pp. 112, euro 13) risiede in buona parte al di fuori di questo tratto accomunante dei libri sopra citati. La caratteristica nuova dei contributi di Carmine Abate, Silvano Bordignon, Mirco e Nicola Corato, Giovanni Gurisatti, Chiara Mascarello e Alessandro Motta è quella di affrontare anche la fisiologia della percezione che la bicicletta ha imposto nella sua lunga storia e provare a restituirla in chiave filosofica. Perché corriamo? si domandava Roberto Weber in un bel libro uscito qualche anno fa per la collana Le Vele di Einaudi dedicato alla corsa e alle indimenticabili figure del fondo e mezzofondo mondiale. Questi contributi rispondono ad una simile domanda: perché pedaliamo? Tra tutti, credo che quello di Chiara Mascarello sia il più interessante e promettente anche in chiave di futuri sviluppi della neonata ciclosofia.

venerdì 27 maggio 2011

Il cinema all'aperto di Gianni Celati


Il libro che segnalo è di quelli non vendibili separatamente. Accompagna infatti un bellissimo cofanetto uscito per Fandango che contiene tre documentari di Gianni Celati: Strada provinciale delle anime del 1991, Il mondo di Luigi Ghirri  del 1999 e Case sparse – Visioni di case che crollano del 2002.

Amo sia il Celati scrittore di Verso la foce sia Luigi Ghirri, le cui fotografie sono state per me vera folgorazione, più di tante letture. Rischio quindi di essere noioso e prolisso, soprattutto non riesco a parlare bene della sapienza del girato, del montaggio, dell'inquadratura e della luce che fanno di questi tre dvd un boccone imperdibile (guardandoli mi sono chiesto se Gianni Celati e Umberto Fiori siano mai stati avvicinati). Anche perché bisognerebbe spendere qualche parola per i validissimi collaboratori di Celati, cioè Guglielmo Rossi, Paolo Muran e Lamberto Borsetti.

Mi soffermo allora sul libro, sull'oggetto forse meno trainante del cofanetto. Sarebbe un errore non dedicarci del tempo: vi troviamo infatti un colloquio con Fabrizio Grosoli, una lunga intervista di Sarah Hill, scritti di Marco Belpoliti (che a Celati ha dedicato un numero monografico della rivista "Riga", due numeri se contiamo anche Riga 14 dedicato ad "Alì Babà") e di Antonio Costa. Di Nunzia Palmieri è l'apparato biobibliografico, il quale insiste in particolar modo sul fondamentale sodalizio con Italo Calvino (qui si legge di come Calvino fosse addirittura troppo incalzato dal vulcanico Celati, tanto da faticare a tenergli testa). La parte più interessante del libretto resta comunque il raggruppamento di quattro saggi scritti da Celati stesso nei quali, rileggendo le opere di Rossellini, De Sica, Antonioni, Wenders e Fellini e comparando l'eredità del cinema italiano del dopoguerra con quella del cinema americano, si distende come una pianura la sua intelligenza critica. In questo libretto ho scoperto con interesse l'importanza dei linguisti Harvey Sacks e William Labov nello sviluppo del suo pensiero e ho notato come il debito per Cesare Zavattini diventi un motivo trasversale agli scritti e alle interviste.

Volevo infine riportare le parole di Gianni Celati che l'editore ha scelto per la quarta di copertina:

Ormai l’obbligo principale in tutte le attività è quello di fare dei prodotti di consumo e di facile smercio. Il che vuol dire che non può esserci alcuna ricerca se non nella direzione del cosiddetto marketing. Nella letteratura sta accadendo lo stesso e i libri diventano sempre più tutti uguali, scritti nello stesso modo. Mi sembra che il documentario rappresenti ancora uno dei pochi spazi di lavoro e di pensiero non completamente devastati, ancora un terreno di ricerca, con una straordinaria fioritura di esempi degli ultimi anni. Non so quanto durerà.

Mi interessa soprattutto la seconda parte del paragrafo. Grazie ai libri e ai documentari di Celati, grazie alla fotografia di Ghirri (e di Guido Guidi poi, tra gli altri) ti rendi conto di poter amare il mondo con tutto il suo "disponibile quotidiano". Credo sia questa l'eredità (duratura) di quanto ci hanno lasciato.

mercoledì 25 maggio 2011

Matteo Codignola di Adelphi

Librobreve intervista #3

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Da poco è uscito Mordecai (assieme a Mordecai e Noah Richler) per la collana Biblioteca Minima Adelphi. Già, Biblioteca minima: ecco un'altra collana che avevo in mente quando ho iniziato a pensare a questo blog. Matteo Codignola è una figura chiave per seguire le vicende di Adelphi, editore per il quale traduce e lavora (sua la fortunatissima traduzione de La versione di Barney). Ringrazio l'intervistato e Benedetta Senin per la collaborazione in questa terza intervista di Librobreve.
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LB: Editoria formato (davvero) tascabile. Necessità dell’editore e/o del lettore, trend passeggero? Qual è la vostra valutazione? Penso poi in particolar modo alla collana Biblioteca Minima di Adelphi: si tratta di un contenitore creato per testi brevi o di una risposta tangibile ad una nuova abitudine di leggere cose brevi?
RISPOSTA: L’editoria tenta spesso di dare ai lettori ciò che presuppone ai lettori manchi. In questo caso, mancava un contenitore per testi anche molto brevi – testi particolarmente adatti, certo, a quello che una pubblicità arcaica chiamava “il logorìo della vita moderna”, e all’evidente mutazione nelle abitudini di lettura. Per essere onesti, volumi di piccolo o anche piccolissimo formato sono sempre esistiti, dall’invenzione della stampa in poi. La nostra idea però era, e rimane, leggermente diversa: fornire ai lettori, spesso inventandolo, un vero e proprio libro, spingendoci ai limiti dell’editorialmente possibile. Per capire cosa intendo, basta guardare com’è fatto il primo numero della collana, Il nichilismo europeo di Nietzsche.

LB: “Piccola Biblioteca Adelphi” prima. Ora “Biblioteca minima”. La metafora della biblioteca, così ficcante per descrivere il modo di concepire l’editoria di catalogo di Adelphi, sembra essere continuamente accompagnata da aggettivi legati alla brevità nelle denominazioni delle collane. Sembra quasi un climax (discendente). C’è un progetto particolare oppure si tratta di situazioni che si sono semplicemente venute a creare?
RISPOSTA: Non siamo ossessionati dalla brevità, o dalla lunghezza, o da qualsiasi altra cosa. Semplicemente crediamo, dall’inizio, che un libro sia prima di tutto una forma. E che trasformare un testo o un insieme di testi in un libro sia una mossa molto meno ovvia e automatica di quel che comunemente si ritiene.

LB: In quel meccanismo che rischia di trasformare l’editore in un operatore al centro di due poli costituiti da distribuzione e ufficio stampa-promozione, quale importanza ricopre la mole di un libro nei meccanismi promozionali? Uno degli assunti da cui parte il blog Librobreve è la difficile visibilità di questi volumi, sia sulla stampa che in libreria. Lo condivide? Ho come l’impressione che nel peculiare caso di Adelphi la mole di un libro sia meno importante in questi meccanismi, che il libro Adelphi goda di buona visibilità in libreria a prescindere dalla sua mole. Mi sbaglio?
RISPOSTA: Sì, media e circuiti tradizionali sono indicibilmente conservatori, se è quello che intende. Per far capire che quei libri  avevano lo stesso peso, almeno per noi, dei loro simili più voluminosi, ci abbiamo messo anni. All’inizio i librai non sapevano dove metterli, e i giornalisti non ritenevano fosse il caso di parlarne – o meglio, facevano una proporzione elementare: testo breve, segnalazione brevissima. Non mi chieda un commento.

LB: Parliamo di e-book. Con il diffondersi dei devices di lettura elettronici, una volta che si sarà trovata una soluzione per il prezzo degli e-book, credete che la mole di un libro possa essere determinante per decidere se proporlo su carta o in formato elettronico? Se sì, in che senso?
RISPOSTA: Credo che l’editoria digitale sia ancora in una fase precedente l’inizio, almeno in Italia. Non ignoro le sue cifre all’estero, ma c’è un fatto, o cambia radicalmente – o diventa quello che nei suoi presupposti già è, qualcosa di parallelo ma non di analogo all’editoria su carta – o è destinata a perdere la partita. Propongo quindi di riparlarne più avanti, però la risposta è comunque no, la mole non è il problema. Al contrario, coi libri cui dedicate il vostro blog ci si potrebbe divertire parecchio, su un device.

LB: Parlando di libri brevi ci troviamo spesso a parlare di progetto grafico globalmente inteso (carta, copertine, aspetti tipografici). Quello della “confezione” di un libro è un aspetto sicuramente molto interessante e tra le altre cose è stato strategico negli ultimi decenni. Non credete però che con la diffusione del libro elettronico questa attenzione ai paratesti si perderà a favore del vero e proprio contenuto del libro, il quale potrebbe essere oggetto di esperimenti di “realtà aumentata” (da vedersi magari come una nuova vita per le “vecchie” note a piè di pagina)? (Sono consapevole di rivolgere una simile domanda ad un rappresentante di una casa editrice il cui progetto grafico di Enzo Mari è stato garanzia di un successo duraturo.)
RISPOSTA: Una piccola precisazione, ma importante per chi si occupa di queste cose. Enzo Mari ha progettato solo una collana di Adelphi, della quale sono usciti due numeri – ormai per collezionisti. E’ un grandissimo designer, ma poi la casa editrice è andata in un’altra direzione, ostinatamente autarchica. Per quanto riguarda la domanda, trovo che la miseria visiva, la rinuncia a tutto quello – dal carattere tipografico allo specchio di pagina alla copertina - che fa di un libro un libro, sia la ragione per cui gli attuali e-book sono, per non fare giri di parole, orrendi. Ripeto quello che ho detto poco fa, il libro è durato qualche centinaio di anni anche perché per qualche centinaio di anni ha cercato, e ha volte avuto, un suo appeal. Sarebbe lungimirante che il suo erede digitale si mettesse, il prima possibile, al passo.

Intervista a Matteo Codignola di Adelphi raccolta da Alberto Cellotto nel maggio 2011.

lunedì 23 maggio 2011

"D'aria sottile" di Azzurra D'Agostino


D'aria sottile contiene le nuove poesie Azzurra D'Agostino. Il volume esce per la collana "Inaudita" di Transeuropa, meritorio editore che, nel mondo dell'editoria italiana, potrebbe rappresentare la parte dell'Araba fenice.

Questa è la seconda volta che parlo di libri di poesia. Il primo post era una non-recensione che si addentrava nei meccanismi editoriali legati a quattro libricini di giovani poeti usciti per Lo Specchio Mondadori. Anche qui la tentazione di fare un'incursione simile è forte, visto che il libro (pag. 40, euro 15) esce, secondo il format di collana, con allegato il CD musicale Rianta di Kay McCarthy. Un bel progetto grafico quello di Floriane Pouillot, un po' vanificato dal punto metallico: anche qui, come nel caso dei poeti giovani usciti nella special edition de Lo Specchio, il punto metallico sembra la soluzione imposta dai costi e dalla brevità (o forse dalla volontà di dare al libro un look un po' più da "guerrilla"?). La pagina nera tra copertina e frontespizio mi ricorda un nome scomparso dell'editoria italiana, quella Gamberetti dove esordì Emidio Clementi (tutto si tiene, anche nelle forme di un libro).

Nel mio caso ho conosciuto Kay McCarthy grazie ad Azzurra D'Agostino. Qualcuno potrà conoscere la poesia di Azzurra D'Agostino grazie a Kay McCarthy. Credo che questa seconda "serendipity" sià più entusiasmante della prima.

L'attacco del libro colpisce davvero, lascia intravedere le cose più interessanti della poesia di questa trentaquattrenne, come una certa rielaborazione della lettura di Mario Benedetti di Umana gloria e Pitture nere su carta, il senso del luogo (sempre centrale in quello che ha scritto) e soluzioni inedite ed efficaci come la sostantivazione del superlativo assoluto:

Il buio riempie le conchiglie,
unisce i grani della sabbia chiude
gli occhi docili dei cormorani.
Stanno a galla le stelle nell’acqua nera
stropicciate nelle pozze, negli scoli.
Abitare qui è fatica. La fragile domanda,
lo scuro. Tutto questo è fatica.
Nel durissimo del nome solo ci è concesso
di stare. Non distogliere lo sguardo.
Attendere. Non muoversi. Non cercare.

Ciò che colpisce è inoltre la finta simmetria, con scarto minimo ("se è poi" / "se poi è"), dove una similitudine riesce a stare in piedi senza ricorrere al "come" e senza innescare una metafora:

Chissà se è poi vero
che ogni pianta è da per sé
e che estranea è foglia alla foglia
e che di solitudine immensa si veste il giardino
e così anche noi
chissà se poi è vero.

La compresenza di poesie in italiano e in dialetto nello stesso libro sembra essere qualcosa di "normale" al giorno d'oggi. Non so se è una mia impressione, basata su ricordi vaghi e scarsa conoscenza, ma mi pare che nel secolo scorso i poeti che scrivevano sia in italiano che in dialetto tendessero a separare le opere scritte in quella o questa lingua. Forse Zanzotto ha aperto le danze, mischiando le carte. Non saprei, ripeto, si tratta di una sensazione che qualcuno potrebbe smentire snocciolando una serie di titoli del Novecento dove italiano e dialetto convivono. Anche Azzurra D'Agostino presenta la sezione centrale ("Dal silenzio") nel suo dialetto, che è quello dell'appennino tosco-emiliano (l'autrice è originaria di Porretta Terme). Pur confermando qui una voce altrettanto potente, l'impressione è che le cose più interessanti e le nuove promesse della sua scrittura insistano nell'area dell'italiano.

Il comunicato di lancio del libro recita "la poetessa che ha innescato la polemica sugli spazi della poesia sul sole24ore". Al di là dello strillo promozionale, non tutti possono sapere che Azzurra D'Agostino ha scritto una lettera aperta al quotidiano, criticando, tra le altre cose, anche il suo principale collaboratore in ambito poetico, Davide Rondoni. A prescindere da quel che si può pensare degli articoli e delle scelte di Rondoni, vera polemica non ci fu, tutto finì presto sotto sterilizzatore e non si giunse a un grande dibattito. Certo, "Domenica", il supplemento del "Il Sole 24 Ore", sembra attento a valutare quanto si muove attorno alla generezione recentemente battezzata TQ (trenta-quarantenni). Anche in quell'occasione però si perse l'opportunità di dare profondità al dibattito e maggiore visibilità alla poesia. Comprendo, rischiamo di addentrarci in discorsi noiosi. Tutto si potrebbe liquidare con il fatto che agli editori interessa il profitto e gran parte della poesia che si pubblica (non tutta, ma una buona parte) non porta profitto. Preferisco concludere con un'altra sensazione: percepisco un prolungato stallo attorno alla poesia. I libri nuovi escono, talvolta importanti e però l'attenzione sembra calare di giorno in giorno. Mi chiedo pertanto, come altri, se il problema non sia da inquadrare all'interno della critica, di quel che di questa rimane o, più facilmente, della sua assenza. I grandi poeti sono stati spesso scovati, scortati e supportati da un critica in salute. Se questa viene a mancare la poesia da sola avrà la forza di farsi leggere, di circolare, di durare?

sabato 21 maggio 2011

Libreria Lovat di Villorba (Treviso)

Librobreve in libreria #2




Da tanti anni, avendo abitato prima a Villorba e poi a Maserada sul Piave, acquisto alla Libreria Lovat (ex Centro Biblioteche). La nuova sede è a tutti gli effetti una moderna e bellissima libreria, concepita e progettata secondo gli standard più attuali, dotata di tutti quegli accorgimenti che ne fanno un piccolo gioiello tra le librerie non di catena (anche se, a dire il vero, ormai le librerie Lovat sono diventate tre dopo le aperture di Padova e Trieste).

La libreria si trova in una struttura di 1.500 metri quadri situata a pochi chilometri da Treviso.

I servizi proposti sono:
LOVAT LAB - confortevoli spazi dotati delle più moderne tecnologie, aperti al pensiero e al dialogo, crocevia di cultura e valori e punto di riferimento per i lettori, ma anche per associazioni e organizzazioni che qui possono trovare ospitalità per le loro iniziative.
Propongono attività culturali di interesse locale e nazionale, in particolare incontri con gli autori, presentazioni di novità editoriali, eventi culturali, spettacoli. E, soprattutto, idee.
LOVAT CAFE' - Il profumo del caffè esalta il piacere di una pausa dedicata alla lettura, mentre un buon bicchiere di prosecco accompagna gli incontri con gli autori o con amici incontrati tra gli scaffali. Da poco è stata aperta la curiosa sezione "VINI&VINILI".
CARTA STRACCIA - Si tratta di un vastissimo spazio dedicato interamente ai giovanissimi, una “libreria nella libreria” che ospita migliaia di titoli riservati agli “under 12”, dove leggere e giocare in assoluta libertà.


Vi si svolgono incontri, letture animate, laboratori e iniziative.

La collaborazione tra Librobreve e Libreria Lovat inizia all'insegna di 15 titoli brevi per 30 giorni. Eccoli elencati di seguito:

1. Paul Celan, Oscurato, Einaudi
2. Stelio Mattioni, Dolodi, Zandonai
3. Kyçyku Ardian-Christian, I fiumi del Sahara, Zandonai
4. Claro, Carne elettrica, Nutrimenti
5. Vitaliano Trevisan, Una notte in Tunisia, Einaudi
6. Pascale, Rastello, Democrazia. Che cosa può fare uno scrittore?, Codice
7. Franco Marcoaldi, Baldo. I cani ci guardano, Einaudi
8. Claudia Piñeiro, Tua, Feltrinelli
9. Serge Gainsbourg, Gasogramma, Isbn Edizioni
10. Marc Augé, Ville e tenute. Etnologia della casa di campagna, Eleuthera
11. Gilles Clément, Nuvole, DeriveApprodi
12. Benny Barbash, Il piccolo Big Bang, Giuntina
13. John Milton, Uccidere il tiranno, Raffaello Cortina
14. Honoré de Balzac, Il colonnello Chabert, Dalai
15. Richler, Noah, Codignola, Mordecai, Adelphi

Non vi resta che immergervi in questa bellissima libreria che trovate qui nella mappa e qui nel web.

mercoledì 18 maggio 2011

Carne elettrica. Claro nella collana Gog di Nutrimenti



La copertine delle edizioni italiana e  francese a confronto.

E dopo Madman Bovary venne Chair électrique. La cifra del pun, del gioco linguistico, ritorna nelle titolazioni dei libri di questo funambolico scrittore francese. “Chair” in francese significa “carne”, ma è evidente come il riferimento sia alla “electric chair”, tanto famigerata quanto presenza stranamente insolita nella letteratura americana.
Il pun ci introduce immediatamente nell’universo di Carne elettrica (Nutrimenti, collana Gog, cura di L.G. Luccone, pag. 100, euro 14). Qui la lingua è centrale, protagonista indiscutibile, come è giusto che sia: spesso ce ne dimentichiamo, distratti dalle storie e dal loro appiccicoso protagonismo, ma la lingua e il suo altrettanto appiccicoso protoganismo devono rimanere centrali, se la letturatura ci interessa ancora per davvero. E se questa lingua scoppiettante, nervosa e viscerale passa anche attraverso la traduzione, significa che Stefania Ricciardi ha dato riprova di essere una brava traduttrice (Lolita Pille, il forse sottovalutato Didier van Cauwelaert, Caroline Lamarche e Karine Tuil sono i nomi degli autori su cui si è cimentata), sicuramente consapevole di cimentarsi a sua volta con il traduttore francese di Barth, Pynchon e Rushdie.

Cosa succede in Carne elettrica? Il boia Howard Hordinary rimane disoccupato. Lo stato per il quale lavora abbandona la sedia elettrica per un’altra arma letale: l’iniezione. H.H. passa quindi la vita a collezionare: ecco allora la sua vita popolata con il primo esemplare di sedia elettrica e con altri cimeli del mago Houdini (ancora le iniziali H.H. che ritornano), del quale si dice discendente. Altra presenza fondamentale di questa storia è Thomas Edison. Il nostro Howard trascorre il suo tempo in cantina, in un ossequio feticista verso queste due ingombranti figure: la prima, Houdini, il mago escapologo, è probabilmente una metafora riuscita della scrittura e dell'intimo funzionamento della lingua; la seconda, Edison, fu a capo di quella équipe di scienzati che si prodigò in mille sperimentazioni di questa macchina mortale usando come cavie animali di ogni tipo e viene assunto a principale esponente di una barbarie e di una follia soltanto umana. Al lettore il gusto scoprire i motivi e gli intrecci di Claro. Howard, il nostro disoccupato protagonista, si siede sulla sedia, si procura la scossa e inizia degli allucinati trip che intersecano la sua storia a quelle del mago e dello scienziato.

Qualche post fa, recensendo il libro di Enrico Bellone, ci siamo trovati a parlare di “mente incarnata”. Proviamo a vedere applicata questa suggestione al libro di Claro, proviamo a leggerlo pensando che la scrittura sia il corpo e che la lingua sia una specie di strumento di tortura a disposizione dell’autore sul proprio corpo, tanto che Claro stesso ne ha parlato in termini di romanzo “sur les différentes vitesses qu'un corps peut endurer pour échapper à lui-même”.

E infine lasciatemi divertire! Quando questo blog è partito ho scritto che mi sarei ritrovato talvolta a parlare anche di progetto grafico nel suo complesso. Con la collana Gog di Nutrimenti mi sento di segnalare uno dei più interessanti esperimenti di questi anni: nome della collana (omaggio a Giovanni Papini), carta povera della copertina, lettering dedicato, illustrazioni esterne e interne, una consapevolezza di quella cultura tipografica che ha fatto grande l’Italia nel mondo reperibile persino nei titoli di coda del libro: tutto pare concorrere ad un metodo di lavoro che si può immaginare olistico, dove un continuo scambio tra curatore, traduttore, illustratore e casa editrice consente di offrire qualcosa di più che un semplice testo dentro un semplice packaging. Qui si percepisce ancora passione, amore per il proprio mestiere. Peccato che la collaborazione tra Leonardo G. Luccone e Nutrimenti si sia da poco interrotta. Per Luccone inizia la nuova avventura della rivista Watt, coadiuvato dalla grande esperienza in ambito grafico di Maurizio Ceccato.

sabato 14 maggio 2011

Daniela Di Sora di Voland

Librobreve intervista #2




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Nota ai più per i successi di Amélie Nothomb, Voland è una casa editrice in grado di reggere un non facile equilibrio tra scouting e riproposizione di classici (pensiamo alla recente e innovativa collana di classici russi proposti in "traduzione d'autore", il cui progetto grafico è stato affidato a un grande del visual design, Alberto Lecaldano). Daniela Di Sora, fondatrice di Voland e madrina al Salone del libro di Torino in corso in questi giorni, ha accettato di rispondere alle domande di Librobreve. L'occasione per conoscerci è stato il bellissimo piccolo libro di Alberto Olmos di cui ho parlato qualche tempo fa.
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LB: Editoria formato (davvero) tascabile. Necessità dell’editore e/o del lettore, trend passeggero. Qual è la vostra valutazione?
RISPOSTA: Per quanto mi riguarda, io amo il libro breve, tascabile, facilmente maneggevole, che si può leggere in qualunque situazione. Me lo porto in borsa, in tasca, in mano. Ma purtroppo spesso in libreria spariscono, se non sono vicino alla cassa, e i librai non li amano (di solito, almeno).

LB: All’interno del vostro catalogo come strutturate l’offerta di libri di piccola taglia? Quali i titoli di “libri brevi” che vi hanno dato maggiore soddisfazione negli ultimi tempi?
RISPOSTA: Per noi i libri “piccoli” sono trasversali alle collane, e nel catalogo seguono l’ordine alfabetico per autore, con l’indicazione del  formato. L’anno scorso però, per i 15 anni della casa editrice, abbiamo ideato una collana di 10 titoli: classici russi tradotti da scrittori italiani, che si chiama Sírin classica. Il formato è quello della BUR classica e sono già usciti tre titoli: Lev Tolstoj tradotto da Paolo Nori (Chadzi-Murat), Anton Cechov tradotto da Pia Pera (Tre racconti), Ivan Turgenev tradotto da Alessandro Niero (Diario di un uomo superfluo). Stanno andando sorprendentemente bene tutti e tre, ma Chadzi-Murat è quello che mi ha sorpreso di più, in positivo. Quest’anno poi usciremo con i tascabili, i Supereconomici Voland, prezzo 7 euro, i primi volumi in libreria a fine aprile. Incrociamo le dita, le prenotazioni sono molto buone.

LB: In quel meccanismo che rischia di trasformare l’editore in un operatore al centro di due poli costituiti da distribuzione e ufficio stampa-promozione, quale importanza ricopre la mole di un libro nei meccanismi promozionali? Uno degli assunti da cui parte Librobreve è la difficile visibilità di questi volumi, sia sulla stampa che in libreria. Lo condividete?
RISPOSTA: In effetti, la visibilità del libro breve in libreria non è alta. Vanno di moda i romanzi-fiume… Ma secondo me perché valga la pena di leggere un romanzo di 1000 pagine, deve essere Guerra e pace. Io preferisco le forme più “condensate”.

LB: Parliamo di e-book. Con il diffondersi dei devices di lettura elettronici, una volta che si sarà trovata una soluzione per il prezzo degli e-book, credete che la mole di un libro possa essere determinante per decidere se proporlo su carta o in formato elettronico? Se sì, in che senso?
RISPOSTA: Parlo come lettore prima che come editore: io non amo leggere su schermo troppo a lungo, anche se gli ultimi device pare non siano faticosi per la vista. In ogni caso ho pubblicato in formato e-book anche libri molto consistenti, come numero di pagine. Per il momento, devo dire però che l’istinto è quello di fare in formato e-book libri brevi. Il mio bestseller e-book è Cosmetica del nemico, di Amelie Nothomb: breve e fulminante.

LB: Parlando di libri brevi ci troviamo spesso a parlare di progetto grafico globalmente inteso (carta, copertine, aspetti tipografici). Quello della “confezione” di un libro è un aspetto sicuramente molto interessante e, tra le altre cose, è stato strategico negli ultimi decenni. Non credete però che con la diffusione del libro elettronico questa attenzione ai paratesti si perderà a favore del vero e proprio contenuto del libro, il quale potrebbe essere oggetto di esperimenti di “realtà aumentata” (da vedersi magari come una nuova vita per le “vecchie” note a piè di pagina)?
RISPOSTA: Credo che la perdita di tutto quello che è l’aspetto grafico di un libro sia la cosa più inquietante, pensi che io, in controtendenza, ho fatto disegnare un carattere apposta per noi, che si chiama come la casa editrice: Voland, e con cui stampiamo i nostri libri, dallo scorso anno.

(Intervista a Daniela Di Sora di Alberto Cellotto, raccolta nell'aprile 2011)

lunedì 9 maggio 2011

Runa Editore, il sogno di Giustino Chemello





Titolo lunghissimo, libro breve e inattuale. Perché tanta assenza di te non è più possibile rappresenta l'esordio di una nuova sigla editoriale, Runa. L'editore, Giustino Chemello, di professione fotografo, è il curatore di questo libro. Uno allora potrebbe pensare: editoria fai da te? Autoeditoria? Forse, ma vorrei credere di no. Perché, in fin dei conti, questo libro poteva essere benissimo un libro di fotografia o un libro di poesia e sarebbe stato sicuramente un libro di bellissime fotografie o un libro di poesie mai banali. Invece ha voluto essere entrambe le cose, pagando lo scotto della provocazione, dell'inattualità, della difficile vendibilità.

Immagini e testo non sono autosufficienti all'interno della cornice del libro, ma sono progettati per vivere la vicinanza, come i due lati di una medaglia, come una casa e un giardino. Si sfoglia il volume ed è come lo scorrere di un documentario originale e ben girato, intriso dell'inattualità forte di chi non sceglie il mezzo video, oggi forse più in voga in esperienze simili. E così, Giustino Chemello si è inventato Runa editore, per disintermediare, per provare a sondare le possibilità di un esperimento. Ci auguriamo che il catalogo di Runa si arrichisca presto di nuovi titoli.

Sono sicuro che le difficoltà sono state e saranno molte, non c'è grande apertura verso queste iniziative (è un po' come per le biografie, in Italia non spopolano, anche se magari altrove scalano le classifiche di vendita). E poi c'è il problema della diffidenza, spesso motivata, per le autoproduzioni. Ma un occhio e un orecchio sufficientemente attenti si accorgeranno subito che qui siamo di fronte ad una pubblicazione di grande originalità e coinvolgimento: fotografie e testi mettono il lettore/osservatore in una dimensione inedita di ascolto, di consumo o fruizione del prodotto editoriale. Qui non c'è nulla dell'amatorialità tipica di tante autoproduzioni (il logo stesso creato per la casa editrice ha grande fascino) e il curriculum di Chemello è in grado di convincere anche i dubbiosi.

Questo libro, inattuale nel modo in cui arriva e nella sua presentazione (si può trovare sia in hardcover sia in versione tascabile), è un'innovazione. Mi si può obbiettare che con le foto di Fulvio Roiter sono stati fatti esperimenti simili e che non pochi sono i libri fotografici accompagnati da testi poetici, ma se uno si soffermerà su questo volume capirà la grande diversità nel lavoro di postproduzione fatto da Chemello. Sono abbastanza certo che se un'idea del genere l'avesse avuta un editore che dispone di ben più ampie leve promozionali, magari mettendo assieme uno svogliato scrittore di grido e un fotografo famoso con bisogno di denari immediati, forse tutti starebbero parlando, imbeccati dagli uffici stampa, di "nuove frontiere del libro, nuovo genere ecc.". Qui stiamo invece consigliando un libro bello, da sfogliare più volte, coraggioso, innovativo e inattuale, fatto con quel giusto richiamo a quella componente che, nel mestiere editoriale, rimane artigianale. E in questa sua apparente contraddizione, tra l'essere innovativo e inattuale, c'è il senso di questo sogno editoriale. Con questo, credo sia chiara, una volta ancora, la valenza assolutamente positiva che qui vedo nell'inattualità.

Migliore di altre parole è la "gallery" che opportunamente e generosamente l'editore ha allestito sul proprio sito. Il silenzio che questo libro corposo e breve saprà regalarvi è inusuale. A proposito di silenzio e per ribadire alcuni concetti espressi sopra: "Diceva: il silenzio è inaggirabile. Possiamo solo attraversarlo". Ci sa fare Giustino Chemello, non solo con la macchina fotografica.

giovedì 5 maggio 2011

Indignatevi! Così tuonò Stéphane Hessel



Questo pamphlet mi era già capitato tra le mani al momento dell'uscita, qualche mese fa. Avevo percepito un solletico per il titolo, ma non immaginavo che a distanza di qualche tempo sarebbe diventato il caso editoriale della primavera 2011.

L'altro giorno ero alla Feltrinelli in stazione centrale a Milano, avevo qualche minuto regalatomi da un ritardo di Trenitalia. Ovunque girassi trovavo pile di questo volumetto. Diciamocelo: per un libro breve diventare un best seller è una missione quasi impossibile,  capita davvero di rado. Add editore e Hessel ci sono riusciti. O forse ci è riuscito, più semplicemente, quel titolo che aveva solleticato anche me?

Quel punto esclamativo esagerato in copertina s'accoppia all'esortazione a indignarsi, titolo che funge da contenitore riempibile con le motivazioni più disparate. Queste le chiavi del successo? Poi anche il display per le librerie dove il libro era esposto (il cosiddetto materiale POP o POS), il successo in Francia rimbalzato di qua e sicuramente i molti che hanno parlato e scritto del libretto e del suo autore in questi mesi hanno reso possibile questa travolgente scalata delle classifiche.

Insomma, anch'io sono caduto in tentazione e ho acquistato il libro di Hessel. Ecco, con il rispetto dovuto all'autore e al suo editore, ho pensato che era meglio se risparmiavo i pochi euro del prezzo di copertina (pag. 64, euro 5). Nulla da eccepire al testo principale scritto da Hessel; per quanto riguarda l'appendice invece, il testo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani lo trovavo benissimo anche in rete. Personalmente non ho comunque trovato granché di eccezionalmente illuminante, folgorante o graffiante in questo libro breve. Forse nutrivo eccessive aspettative? Ripeto, non ho nulla da dire sulla statura o spessore del suo autore, ambito, questo biografico, nel quale non voglio assulatamente entrare.

Quello che mi domando è piuttosto questo: cos'ha di speciale questo libretto? Cosa c'è di indispensabile, quali spunti davvero innovativi offre (intendo spunti che non fossero in qualche modo già nell'aria)? Se il testo di Hessel fosse uscito in una pagina o due di giornale o rivista avrebbe raccolto lo stesso rapido interesse? In parte credo di aver già iniziato a rispondere. La mia miopia è così pesante da impedirmi di afferrare l'eccezionalità di questo pamphlet? O questo pamphlet si limita appunto ad "afferrare" un qualcosa che è già nell'aria e a darne una risposta confezionata sotto forma di libro?

"Indignarsi" presuppone un atto di ira e disprezzo, etimologicamente "non stimar degno". Solitamente "degno" è seguito da uno o più complementi. Di questi complementi forse dovremmo iniziare a parlare e a scrivere.

mercoledì 4 maggio 2011

Libreria Becco Giallo di Oderzo (Treviso)

Librobreve in libreria #1




La Libreria Becco Giallo di Oderzo è la prima ad aver accettato la collaborazione con questo blog. Sono particolarmente contento di questo, vista l'importanza di questa storica libreria, frequentata, tra gli altri, da uno scrittore grandissimo come Goffredo Parise. Per chi come me si occupa anche di nomi, è d'obbligo ricordare la rivista che ha offerto lo spunto per la denominazione di questa libreria, divenuta poi denominazione della attivissima casa editrice di fumetti BeccoGiallo.

Dal momento che un assunto di partenza del blog è la scarsa visibilità di cui godono i piccoli libri in libreria, Librobreve ha deciso di proporre alla libreria Becco Giallo una collaborazione che si articola nei seguenti punti:
1. la libreria individua uno spazio, opportunamente segnalato al suo interno, dove esporre solo "libri brevi";
2. Librobreve fornisce periodicamente alla libreria una lista di 15 titoli per 15 giorni (valuteremo se passare  in futuro a 15 titoli per 30 giorni... l'estate poi è forse la stagione più propizia per i "libri lunghi"), scelti principalmente tra le novità che possono essere state recensite o meno all'interno del blog ("Le scelte di Librobreve");
3. blog e libreria cercano in questo modo di creare un legame tra luogo reale e luogo virtuale, dove la visibilità dei libri più piccoli possa essere adeguata ai contenuti rilevanti che spesso propongono.

Il programma di collaborazione è ovviamente aperto ad altre librerie interessate (per informazioni scrivetemi a alce.mailbox@gmail.com).

Questa la prima lista di libri scelti da Librobreve ed esposti con un certo risalto dalla libreria Becco Giallo:
1. Franco Arminio, Cartoline dai morti, Nottetempo
2. Elisabetta Rasy, Scrivimi, Nottetempo
3. Mariolina Venezia, Rivelazione all’Esquilino, Nottetempo
4. Paul Valéry, Ispirazioni mediterranee, Mesogea
5. Alberto Olmos, Tatami, Voland
6. Enrico Bellone, Qualcosa, là fuori, Codice
7. Walter Benjamin, Il Narratore, Einaudi, con note di Alessandro Baricco
8. Gustavo Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente, Einaudi
9. Giuseppe Mazzini, Repubblica, Mimesis
10. Carlo Cattaneo, Federalismo, Mimesis
11. Carlo Pisacane, Eguaglianza, Mimesis
12. Montague Rhodes James, Il tesoro dell’abate Thomas, Coniglio Editore
13. Mary Wilkins Freeman, Il vento nel cespuglio di rose, Coniglio Editore
14. Charles Nodier, La monaca insanguinata, Coniglio Editore
15. Curzio Malaparte, Coppi e Bartali, Adelphi

Grazie alla libreria per aver sperimentato questa collaborazione. Per concludere, se siete vicini o se siete dalle parti di Oderzo fermatevi qui.