martedì 24 aprile 2012

"Introduzione al mondo" di Idolo Hoxhvogli

Recensioni rapide #5

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"Recensioni rapide": due paragrafi fissi dove cerco di rispondere brevemente alle domande "che libro ho davanti?" e "perché vale la pena/non vale la pena avvicinarlo?" (solitamente resto su quelli che vale la pena). 
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L'autore è nato a Tirana nel 1984. Introduzione al mondo (Scepsi & Mattana, pp. 112, euro 15) è un libro d'esordio che raduna racconti, prose brevi e, come vuole il sottotitolo, "notizie minime sopra gli spacciatori di felicità". Toni sarcastici e grotteschi, graffianti immagini, come quella che vuole dipingere la nostra società come quella dell'altoparlante. Torna in mente, di fronte al racconto del letame che continuamente mangiamo, il folgorante Zanzotto di "In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o se ingoio". Il nescio, il disarmato non sapere se ingeriamo violentemente o se siamo a nostra volta violentemente ingeriti è l'impalcatura di queste fiammate di prosa del giovane autore albanese, filosofo di formazione. Dettagli prelevati dalla realtà della cronaca, frammisti ad aperture al simbolo, immagini dirette che non di rado agganciano uno stile allegorico: e così non si salva nessuno nella prosa di Hoxhvogli, nessun professionista è baciato da luce sana, sia questo appartenente alla politica, ai mezzi di comunicazione, al mondo della scittura o agli amministratori locali. Se Bergson parlava della necessità di un "supplemento d'anima", il giovane autore ci racconta di Leo che soffre di una malattia "conclamata", ovvero dell'eccesso d'anima, da curare con la pastiglia "Introduzione al mondo". Appunto. Cerchio chiuso. O meglio, triangolo chiuso, come le tre macroaree che radunano questi frammenti: La città dell'allegria, Civiltà della conversazione (che sembra fare il verso a quel fortunato libro di Benedetta Craveri) e Fiaba per adulti.

Al di là dell'interesse per questa singola opera in particolare, credo sia opportuno iniziare a tener traccia - e possibilmente farlo con cognizione e strumenti critici adeguati - delle scritture italiane che provengono da recente emigrazione. Il rischio è ovviamente quello che l'editoria e il marketing se ne impadroniscano condendole con la spezia dell'esotismo, del "nuovo un po' forzato", del diverso da chi nasce e scrive naturalmente in italiano. Per quanto riguarda l'Albania, dopo Ornela Vorpsi, troviamo in Idolo Hoxhvogli un caso che merita attenzione anche (soprattutto?) per quella ricerca della e sulla lingua, per gli esiti linguistici che inevitabilmente approdano sulla pagina quando si lambisce l'orbita delle scritture migranti che - ricordiamolo - hanno spesso rappresentato gli esiti più interessanti della letteratura del secolo scorso. Non c'è motivo per pensare che il Ventunesimo secolo sia differente. Anzi, tutt'al più questo dato della centralità delle scritture migranti potrebbe ripresentarsi sotto un rinnovato vigore. Un libro che lascia il gusto di ascoltare nuovamente presto il suo autore. "C'era una volta un commerciante. Insinuò che andassi in giro con un coltello. Ero solo un bambino. Non sapevo neppure tagliare il pane." (II. Aneddoto 1)

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