domenica 13 gennaio 2013

"Paesaggio e tempo" di Michael Jakob

Ripescaggi #18












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Non ricordo bene dove uscì questa recensione. Avrete capito che non sono ordinatissimo nell'archivio dei miei file e in fin dei conti il blog è anche un tentativo di dare più ordine, un archivio pubblico e pubblicato, nella speranza che risulti talvolta utile a qualcuno e non solo agli studenti che cercano riassunti per le loro tesine (vi riconosco, anche dalle parole chiave, e da certi commenti che avete lasciato: questo non è un blog per studenti svogliati, l'avrete capito). Forse la recensione alla fine non uscì nemmeno con la rivista con cui la concordai (credo fosse "La Mosca di Milano") ed ecco che allora, per non buttar via nulla, la pubblico ora qui. Si tratta di un breve scritto su Paesaggio e tempo di Michael Jakob (Meltemi, 2009, pp. 141). Saprete che la casa editrice Meltemi purtroppo non pubblica più dal 2010, dopo sedici anni di attività in cui aveva seminato titoli e tradotto autori davvero interessanti.
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Ecco una domanda che potrebbe gettare in confusione il lettore: quando è comparso il paesaggio? Da tempo, e in particolar modo con quest’ultima opera tradotta in italiano, a questo intrigante interrogativo prova a rispondere Michael Jakob, comparatista e teorico del paesaggio, che in tanti conosceranno per la direzione, insieme a Maura Formica, della collana “di monte in monte” della casa editrice Tararà di Verbania (La lettera del Ventoso del “Petrarca alpinista” ne costituisce ad oggi la perla più bella). Paesaggio e tempo è un’opera costantemente in movimento tra riflessione teorica, filosofica e letteraria, confronto con l’attualità e offerta di spunti visivi sui quali aggrappare una riflessione (il volume è infatti corredato di bellissime immagini funzionali al discorso dell’autore).

Per quanto concerne il primo aspetto della riflessione teorica, filosofica e letteraria sul concetto di paesaggio, Jakob si muove con la destrezza del comparatista tra la comparsa di questo in epoca ellenistica e poi romana, le alterne vicende nel Medioevo, fino al massimo splendore nell’Europa dell’Ottocento. La letteratura, i viaggi, il diffondersi delle immagini hanno portato l’idea di paesaggio ad essere il crocevia di una serie di relazioni umane, economiche e simboliche.

Oggi di paesaggio si discute molto e la legislazione si sta adoperando per la sua tutela, anche se i pericoli denunciati da Salvatore Settis nel suo fortunato Italia Spa sono a molti ben noti. Jakob affronta le minacce che incombono con la musealizzazione, la manipolazione e la virtualizzazione del nostro rapporto con la natura e il paesaggio. Non è difficile comprendere dove lo studioso voglia andare a parare: ci sono indubbiamente dei pericoli latenti e, prendendo come spunto la musealizzazione, per l’uomo della strada non è difficile notare il proliferare di aree protette che, pur sorte per nobili e talvolta benemeriti intenti, rappresentano anche lo specchio di un rapporto difficile, viziato, fors’anche malato dell’uomo con il paesaggio.

Il tempo citato nel titolo costituisce l’altra grande faccia del ragionamento di Jakob. Vi è un momento della storia in cui paesaggio e tempo diventano compagni inseparabili. Questo avviene nelle rappresentazioni del paesaggio di certa pittura e segnatamente, in seguito, nell’arte cinematografica del Ventesimo secolo. La comparsa del fattore temporale è determinante per la vita del paesaggio di oggi, per come lo conosciamo e per come lo studiamo ed è in questo frangente che l’analisi di Jakob mostra i tratti più innovativi. Tanto è fondamentale il fattore temporale che siamo arrivati a studiare certi paesaggi in funzione della mancanza o della sospensione del tempo che in questi alberga.

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