martedì 2 aprile 2013

Intervista con Silvia De March in occasione della presentazione del Meridiano di Amelia Rosselli a Treviso

Librobreve intervista #13



Venerdì 5 aprile 2013 - ore 21
Libreria Canova di Treviso
Piazzetta Lombardi 1
Presentazione del Meridiano Mondadori
di Amelia Rosselli L'opera poetica
con Silvia De March e Paola Bellin

Proseguo con le segnalazioni di appuntamenti interessanti, in programma nelle vicinanze dei luoghi dove vivo e che hanno a che fare con i libri, all'insegna del motto che mi sono inventato or ora breve distanza/libro breve. Stavolta però il libro non è breve, visto che si tratta del Meridiano Mondadori contenente l'opera poetica di Amelia Rosselli. Tuttavia, l'utilità immediata di opere simili è quella di rendere possibile la lettura, in edizioni critiche e commentate da esperti, le tante opere di poesia - quelle sì quasi sempre brevi - divenute introvabili (pensate a un poeta come Sandro Penna ad esempio, del quale manca ancora un'edizione critica di riferimento dell'intera opera poetica). La vicenda editoriale dei libri di Amelia Rosselli coincide con questa situazione: da tempo molti libri erano divenuti introvabili o contenevano addirittura degli errori, com'è il caso dell'Elefante Garzanti su cui mi baso anch'io. 
Le domande di quest'intervista sono per Silvia De March, tra i maggiori "rossellisti" e autrice di una monografia innovativa intitolata Amelia Rosselli tra storia e poesia, uscita qualche anno fa per la casa editrice L'Ancora del Mediterraneo. Anche Silvia De March è stata convocata da Andrea Cortellessa nella squadra che ha reso possibile l'impresa di questo Meridiano. Proprio lo scorso 28 marzo Andrea Cortellessa ha ricordato Amelia Rosselli su Radio3 nel giorno dell'anniversario della nascita e rimando a questo link per la pagina descrittiva e il podcast della trasmissione. Sempre nell'ottica di segnalare risorse interessanti disponibili in rete, rinvio ad un lucido paper di Silvia De March sul rapporto tra Amelia Rosselli e Ingeborg Bachmann, contributo che stava alla base di una domanda che poi, per ragioni di spazio, abbiamo deciso di tagliare. Prima di lasciare parola a Silvia De March ricordo infine Enzimi, il notevole progetto tra arti visuali, musica, danza e teatro del quale l'intervistata è coordinatrice.

LB: Nel 1963 si registra l'esordio in poesia della Rosselli, le 24 poesie uscite su "Il Menabò". Il Meridiano dedicato ad Amelia Rosselli, che andrete a presentare alla libreria Canova di Treviso il 5 aprile, è uscito nel 2012 ed è frutto di un lavoro corale. Oltre alla curatela di Stefano Giovannuzzi e allo sguardo concentrato di Emmanuela Tandello, sua traduttrice in Sleep, molti studiosi si sono spesi per la sua riuscita. Potresti brevemente ricordare il compito di ciascuno dei curatori e soffermarti infine sul tuo compito specifico?
RISPOSTA: Una caratteristica inedita per la collana Meridiani Mondadori è stato proprio il lavoro di équipe, concepito da Andrea Cortellessa, per realizzare un'opera capitale come questa integrando gli apporti delle migliori risorse specializzate. Il ragionamento di base era semplice e molto affine al processo che ha guidato il lavoro collettivo di Parola plurale: radunare in questo caso i rossellisti più incalliti e qualificati e affidare a ciascuno la responsabilità di una parte, quella per cui si erano distinti, esponendoli ad un reciproco confronto costruttivo. Oltre agli studiosi da te citati, sono stati coinvolti Chiara Carpita, Francesco Carbognin, anch'essi italianisti che hanno dedicato la propria carriera di ricerca alla Rosselli, e Gabriella Palli Baroni, già autrice del Meridiano di Bertolucci. Ciascuno di loro ha curato la raccolta che meglio aveva studiato, mirando ad avvicinarsi alla volontà d'autore e arricchendo gli apparati di quelle considerazioni che nutrirebbero un'edizione critica. Io, invece, ho proseguito la ricostruzione delle vicende biografiche dell'autrice, al di là della soglia del mio libro precedente, che si assestava all'inizio degli anni '60, su Variazioni belliche.
È sempre difficile avere a che fare con grandi opere editoriali: la libertà di intervento è ridotta, l'organizzazione ben calibrata. In questa prospettiva un po' tutti gli studiosi coinvolti hanno rinviato a pubblicazioni future di quel "surplus" di ricerca che non ha potuto confluire nel Meridiano. Mi sembra un buon compromesso pragmatico, che può anzi mantenere il Meridiano alla funzione libro e spostare il dibattitto letterario, spesso estraneo al lettore comune, su altre sedi.

Un suo singolare 
libro breve: 
Serie ospedaliera
LB: Restiamo per poco ancora sull'antitesi del libro breve, il Meridiano, opera che spesso però raduna tanti libri brevi. Ricordo che Andrea Zanzotto, poeta da te amato e che a sua volta ha elogiato la tua monografia sulla Rosselli, brontolava sempre, in quel suo modo simpatico e toccante al tempo stesso, contro la "forma Meridiano". Anche se in fondo costituiva un approdo importante e canonizzante, usciva spesso dicendo che nel suo caso era arrivato troppo presto, quasi come "una pietra sopra" e finiva a lamentarsi persino del formato "poco arioso", dove era difficile far rientrare l'esuberanza segnica che si incontra ad esempio sulla pagina de Il Galateo in Bosco. Diverso il caso della Rosselli, per la quale il Meridiano arriva post-mortem. Ti è capitato di riflettere su questa forma-libro del Meridiano? Siete soddisfatti del risultato o lavorare ad opere così grandi comporta sempre qualche inevitabile rimpianto o ripensamento ex post?
RISPOSTA: Il Meridiano è senz'altro una forma fossilizzante; se l'opera è in divenire, ovvero se gli autori sono viventi, la iberna, le infligge un oltraggio. Tuttavia, nel caso di Zanzotto ha consentito - pur con un dispendio di fatica non commensurabile - di risalire precisamente alla volontà d'autore, che poteva egli stesso ancora chiarire. Senz'altro la ricerca scientifica è stata implementata dalla testimonianza diretta e precisa, col limite di essere forse condizionata nella sua oggettività. Il rapporto tra gli autori e i propri testi e le varie loro versioni è sempre controverso. 
Inoltre, Zanzotto, a proposito dei Meridiani di Pasolini, denunciava una sorta di "abuso" perché "Pasolini non avrebbe mai conservato o dato valore a così tante carte".
Il limite di una restituzione fedele alle intenzioni formali dell'autore è stato evidente anche nel caso Rosselli: il principale timore iniziale era che il formato del Meridiano sacrificasse il verso lungo dell'autrice, con rimandi a capo poco rispettosi dell'occupazione dello spazio (considerando poi la rilevanza degli Spazi metrici, saggio della Rosselli sul rapporto tra metrica, ritmica e geometria). Il risultato tipografico ha superato invece le aspettative iniziali, presentando pochi casi di adattamento. Ciò che invece non si è potuto allineare alla veste del Meridiano è stata la concezione originaria di Serie ospedaliera. Si tratta di una raccolta edita nel 1969 da Il Saggiatore, impresa ardita di Alberto Mondadori, figlio di Arnoldo. Soltanto lui, a differenza di Garzanti o Feltrinelli, aveva accettato di stampare trascrivendo i caratteri della macchina da scrivere IBM utilizzata dalla Rosselli: su di essi, l'autrice aveva fatto uno studio matematico per trovare lo spazio che corrispondesse alla giusta unità di tempo e potesse definire il lato di un quadrato che contenesse e limitasse il testo poetico. L'edizione originale è assolutamente sui generis ed è stato un peccato non poterla riprodurre nel Meridiano.
Si attendeva da circa un decennio che la Rosselli rientrasse in questa collana. Innanzitutto perché  la precedente edizione integrale nella linea economica della Garzanti era fuori catalogo e non risultava nemmeno corretta. Le singole raccolte, a bassa tiratura, stavano diventando introvabili. Chi avesse voluto confrontarsi coi testi della Rosselli avrebbe dovuto avventurarsi tra scaffali isolati di biblioteche sepolte e disperse. Per chi intendesse avvicinarsi alla lettura con intento di studio ed analisi approfondita mancava dunque uno strumento necessario.
L'attenzione su di lei si è notevolmente accesa dal 2006, decennale dal suo suicidio, in cui sono comparse diverse pubblicazioni. Ma anche negli anni precedenti proprio questo suo gesto aveva fatto rivalutare molto la sua figura, sempre ai margini della scena letteraria. Il senso di colpa del mondo letterario si è commisto ad altri sentimenti agiografici talvolta parassitari, ispessendo un'aura orfica che non ha giovato ad una lettura attenta.
Il Meridiano ha il merito di restituire il testo e ricostruire vicende biografiche ed editoriali con oggettività.
Soprattutto riconosce il valore assolutamente originale e al tempo stesso rappresentativo della Rosselli, svincolandola da letture che l'hanno relegata alla dimensione della bizzarria formale.


La copertina del libro
di Silvia De March
LB: Addentriamoci ancor di più dentro il libro (più) breve della puntata, il tuo Amelia Rosselli tra storia e poesia, uscito per L'Ancora del Mediterraneo nel 2007. Questo studio si caratterizza per un approccio innovativo, pur nascendo da un momento "canonico" della vita universitaria qual è quello della tesi, con la quale è difficile essere innovativi o, peggio ancora, secondo il costume accademico, "eretici". Ci racconti di come ha preso forma in te, quali le premesse, quali le sorprese strada facendo? A mio avviso un aspetto innovativo si ravvisa già nel titolo, il quale, nell'apparente ma sibillina semplicità, inserisce quel binomio assai problematico di "storia e poesia"... 
RISPOSTA: L'incontro con Amelia Rosselli fu assolutamente casuale. Rientrava in un mio folle percorso di catalogazione sistematica della poesia degli anni Cinquanta, a cavallo tra neorealismo e nuovi sperimentalismi. Ci arrivai per caso senza averne mai sentito parlare prima e senza conoscere la sua provenienza famigliare. Ricordo benissimo il giorno in cui la lessi per la prima volta. Fu per me folgorante: ogni altra ipotesi di ricerca fu d'emblée stralciata dalla potenza della sua figura e della sua scrittura e dalla molteplicità di sollecitazioni che aveva innescato.
Fu una tesi assolutamente formativa, che mi schiuse ambiti anche lontani, come la storia della musica nel Novecento, oppure l'ingresso della psicanalisi in Italia, la densità di contenuti del dibattito nel pieno della Ricostruzione dell'Italia.
La scelta rispondeva ad una mia propensione, che andava chiarendosi, verso scritture letterarie impegnate nella ricerca formale e al tempo stesso nella pregnanza di contenuti d'urgenza attuale. I temi trattati acquisivano spessore proprio grazie ai meccanismi letterari che ne innescavano le potenzialità comunicative. L'originalità della forma faceva la differenza letteraria e misurava anche l'"impegno" nella testimonianza della realtà.
Tra il 2004 e il 2006 si poteva ancora parlare di "approccio innovativo" perché il mio studio fu il primo, nel panorama rosselliano, a spostare l'attenzione dalla descrizione stilistica all'interpretazione ermeneutica a partire da una ricostruzione realistica e storica del mondo che l'autrice intendeva esprimere. Avere il coraggio di dire "cerchiamo di capire cos'ha da dirci Amelia" nel 2004, nell'estrema provincia dell'impero, certo, sembrava eretico, specie in ambito accademico dove non era consentito trattare autori del Nocecento su cui pagine critiche dovevano ancora essere scritte da altri. Più complessivamente fino ad allora sulla Rosselli erano state prodotte soltanto esercitazioni di analisi morfologica. Sembrava mancasse la legittimazione a indagare il messaggio dell'autrice incluso nel miracolo della sua forma.
La mia pubblicazione è stata salutata favorevolmente nel mondo dei rossellisti e ha schiuso o meglio anticipato una serie di pubblicazioni orientate all'indagine dei contenuti. La ricostruzione del background storico-culturale della nostra restituiva tridimensionalità e complessità ad una voce troppo sottile quanto pungente. Ciò è stato possibile raccogliendo una varietà di testimonianze di conoscenze dirette, estranee al mondo letterario e legate soprattutto alla sua formazione. Ma soprattutto ho ricevuto per prima e in via esclusiva l'autorizzazione di accedere all'archivio privato di Amelia Rosselli depositato al Centro di Tradizione Manoscritta di Pavia, prima precluso dal vincolo di riservatezza. L'operazione è stata resa possibile grazie alla fiducia accordatami dalla famiglia Rosselli. Il contatto diretto con la scrittura privata di Amelia, in particolare con le lettere inviate al fratello, ricordo che è stato caustico perché evidenti erano le stigmate della patologia schizofrenica. Si trattava di un ampio materiale che consentiva di ricostruire quasi la sua quotidianità, collocando precisamente esperienze, incontri, viaggi accanto alla riflessione sulla sua opera poetica.
È quindi stato naturale dedicare una parte del mio studio all'interpretazione dei testi come forme di sporgenza di quel parterre che via via mi si chiariva. Alla mia interpretazione, che considerava la rilevanza e l'imminenza della politica nell'orizzonte della poetessa, si è spesso attribuita una marca "ideologizzante", senza volersi confrontare con la realtà dei fatti: Amelia Rosselli ad ogni sua presentazione (oggi consultabili nella raccolta di interviste È vostra la vita che ho perso, volume curato da me e Monica Venturini per Le Lettere) forniva alcuni elementi fissi, come se interpretasse un canovaccio; tra queste costanti c'era il fatto di essere figlia di Carlo Rosselli e di essere comunista. Evidentemente sono elementi centrali nella costruzione della propria immagine autoriale e della propria prospettiva esperienziale. Sta a noi appiattirli ad una lettura ideologica oppure interpretarli alla luce di una contestualizzazione.


Il libro
di Giulio Ferroni su
Giudici e Zanzotto
LB: Per concludere vorrei frugare all'interno della tua duratura attenzione verso la scrittura poetica e lanciare idealmente qualche ponte per proseguire la lettura. Quali secondo te le esperienze più significative nel panorama attuale, non necessariamente soltanto italiano? Quali sono le aperture per le quali sei debitrice ad Amelia Rosselli e quali le tue ultime "conquiste"?
RISPOSTA: Il discorso è piuttosto complesso. La curiosità letteraria di Amelia Rosselli fu gravemente compromessa dalla sua malattia, che non le lasciava molti spazi mentali ed energie emotive per svolgere la funzione di intellettuale vigile che essa stessa si era prefissa, subendo poi un forte senso di impotenza. Senz'altro per definire la sua collocazione e comprendere la sua formazione mi sono schiusa la lettura di molti suoi contemporanei e alcuni autori inglesi per lei di riferimento, a partire da Dylan Thomas.
Grazie a lei non mi è più parso chiaro il limite tra soggettivismo e oggettività che è divenuto parte strutturante della mia ricerca. La Rosselli muove dalla lirica trovando ogni forma che possa ridimensionare l'io: lo spazio metrico cubico, l'affidamento all'I Ching nella composizione, la misura del tempo e dello spazio geometrico, i mandala, la metrica atonale e quindi universale. A cavallo tra la I e la II guerra mondiale, inizialmente in ambito anglosassone, poi anche nel cuore dell'Europa e in Italia, un insieme di ricerche mirano a desoggettivizzare la scrittura oppure oggettivizzare il vissuto soggettivo, pur mantenendo un legame inscindibile con l'esperienza della realtà. Sono scritture che sfidando l'interpretazione più meramente fattuale del realismo e ciò che mi affascina è la controversa fedeltà alla restituzione della realtà di cui si è sintomo.
Se dovessi invece valutare l'influenza letteraria della Rosselli sulle generazioni successive dovrei aprire un capitolo dedicato a questioni di ricezione in relazione ai momenti precedenti o successivi alla canonizzazione. Senz'altro la Rosselli è stata molto nota trasversalmente nell'ambiente romano. Ma la sua circuitazione libraria era assai di nicchia e si è spesso ribadito come la Rosselli vivesse ai margini della società letteraria. Poetesse oggi mature hanno scritto anche in mancanza della sua conoscenza diretta, pur raggiungendo risultati degni di nota anche all'interno della famiglia degli sperimentalisti.
La canonizzazione di Amelia Rosselli all'interno di antologie scolastiche è cominciata intorno ai tardi anni Novanta, grazie in particolare al magistero di un critico tetragono come Luperini. La sua più ampia divulgazione coinvolge dunque generazioni che cominciano ora ad esprimersi o che sono a venire.
Difficile concludere indicando le esperienze più significative del panorama attuale: è appena morto il Novecento italiano - Zanzotto, Pagliarani, Giudici - e riferimenti esterni come la Szymborska lasciano il vuoto. Le loro stature si sono consolidate per accrescimenti successivi. Occorre tempo per maturare altezze e stagliarsi in prospettiva.

3 commenti:

  1. Peccato abitare lontano... sembra una serata molto interessante. Congratulazioni all'intervistata. ciao ciao Franca

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  2. C'è lo sconto su questo meridiano??

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  3. Grazie dei commenti.

    Marco, non saprei dirti se la libreria che ospita la presentazione, per l'occasione, applicherà uno sconto sul prezzo della copertina di questo libro: avrebbe senso, sarebbe incentivante, ma non saprei davvero.

    Prova altrimenti a cercare su Libraccio,
    per comprare un Meridiano non è malaccio!

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