sabato 3 agosto 2013

"Lasciarsi cadere" di Brigitte Schwaiger

Qualche lettore conoscerà Brigitte Schwaiger per il fortunato libro intitolato Perché il mare è salato?, traduzione forse un po' furba di Wie kommt das Salz ins Meer? Questo titolo costituì una sorta di "caso" editoriale (ed era un libro breve tra l'altro, che magari - chissà - potrei riprendere). In Italia lo pubblicò Rizzoli nell'ormai lontano 1979, nella traduzione di Carla Vinci-Orlando. Ora, a distanza di 34 anni, l'editore  gran vía di Narni (Terni) manda in libreria Lasciarsi cadere. Racconto da un mondo minore (pp. 136, euro 11,80), ovvero la traduzione italiana che Giovanni Giri ha fatto di Fallen lassen, uscito nel 2006. L'autrice è morta tre anni fa a Vienna, proprio in questo periodo dell'anno. Il libro che ho letto non è di facile definizione. Non è un reportage (parola che sarebbe bene rifuggire, quando ci sono di mezzo le parole, lasciamo agli obiettivi di macchine fotografiche e da presa i "reportage"), non è un vero e proprio romanzo, non è nemmeno un flusso di coscienza. Non è nemmeno un'autobiografia o un'autobiografia parziale o sommaria di un segmento della propria vita. In queste pagine in prima persona Brigitte Schwaiger ci porta con crudezza, ma con quella strana e difficilmente descrivibile dolcezza della sua scrittura, dentro l'universo della psichiatria e delle cliniche psichiatriche austriache. Chi fa l'esperienza di questo libro, non può che uscire scosso, così come si è scossi dall'esperienza di tanti altri reparti di ospedale.

Per i motivi che cito sopra non è nemmeno facile descrivere o recensire un simile testo. Non solo per la mancanza di facili coordinate nel quale mapparlo (anzi, l'assenza di tali coordinate talvolta può agevolare i compiti di chi prova a recensire), ma proprio perché in questo viene frullato di tutto e tutti gli ingredienti mantengono alla fine, inspiegabilmente, consistenza, le proprietà, una riconoscibilità, il proprio colore distinto: gli ambienti "totalitari" della clinica psichiatrica (più d'una clinica, a essere precisi), i rapporti con gli altri pazienti o i famigliari, il personale medico che dovrebbe curare questi pazienti "speciali", le telefonate, la membrana tra il dentro e il fuori (acquistano una diversa luce le scene d'esterno in un libro così costruito), l'omosessualità dell'autrice cacciata in un fondo di un sacco di ricordi che al tatto provoca dolori da cilicio. Sono solo alcuni dei fasci di relazioni e rimandi che questo libro ha con la quotidianità della malattia e che poi costituiscono il motivo principale per il quale potremmo (dovremmo?) avvicinarsi a scritture simili.

Un libro come questo semplicemente serve, perché ancora, troppo spesso, ci troviamo a relegare la malattia mentale ad una sorta di cumulo di briciole da scopare e nascondere sotto il tappeto rosso della società. Non è difficile immaginare il disturbo che questo testo può aver creato nella vicina felix Austria. E lo stesso disturbo potrebbe causare nel nostro paese, se iniziassimo a leggerlo in tanti. "Schiavo del mondo, sei gravato di catene, / Ma quel ch’è vero nel muro apre le crepe. / Vegli e nel buio vai scrutando intorno, / A ignota via d’uscita tu sei volto." sono le parole di Ingeborg Bachmann succhiate dall'autrice da Invocazione all'Orsa Maggiore ad accompagnare questa scrittura, dolente e odorosa testimonianza. Quattro versi che stanno in apertura. In chiusura, invece, sempre dallo stesso testo della Bachmann: "Quel che è vero non sparge sabbia nei tuoi occhi, / Quel che è vero morte e sonno ti chiederanno / Come incarnato, saggio per ogni dolore, / Quel che è vero smuove la pietra dal tuo sepolcro."

1 commento:

  1. Se vi capita leggete Perché il mare è salato. Claudia

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