martedì 5 novembre 2013

Giulio Turcato, stellare gommapiuma

Tra l’ottobre del 2012 e il febbraio 2013 il MACRO di Roma, per la a cura di Benedetta Carpi De Resmini e Martina Caruso, ha dedicato una mostra a Giulio Turcato. L’anno scorso correva infatti il centenario della nascita dell’artista mantovano che trovò prima in Venezia, e poi soprattutto nella capitale, il fulcro di una quotidianità operativa che lui stesso ben descrive nel contributo riportato all’inizio del volume qui presentato e intitolato Io, Turcato. Ciò che però il libro sa mettere in mostra è il viaggio artistico di Turcato, i remoti movimenti della sua opera che si sposta dalla città natale a Venezia, da Venezia a Roma dopo l'esperienza resistenziale quindi ai lidi di Cina o Egitto (con la moglie Vana Caruso). Questo Stellare pubblicato da Quodlibet (pp. 128, euro 20) sfugge all’idea del classico catalogo di una mostra per diventare quindi un’occasione di ricollocamento e ripensamento dei movimenti della sua opera, il tutto condito di un eccellente apparato fotografico e documenti e di un’autentica infilata di perla finale, ovvero lo scritto di Emilio Villa intitolato C’è da correre… e pubblicato in precedenza nel volume Turcato e la Cina del 1971. Chissà che prima o poi non capiti di tornare a parlare qui proprio di Emilio Villa, e non tanto al poeta bensì del suo breve scritto L’arte dell’uomo primordiale che può suggerire degli echi con il lungo lavoro di Giulio Turcato.

Batteriologico (1960)
Ma rimaniamo all’artista mantovano, che nell’ambiente romano del dopoguerra ebbe la sua formazione. Si ricorda infatti la sua vicinanza al gruppo romano Forma, a “Fronte nuovo delle arti” e infine al “Gruppo degli Otto” nella prima metà degli anni Cinquanta. La vicenda di Turcato è però oggi leggibile anche nel suo entrare e uscire dagli “scomodi” gruppi, siano questi gruppi artistici o politici come il PCI, in seno al quale si verificò una storica rottura con Togliatti consumatasi definitivamente, come per molti altri, coi fatti di Ungheria del 1956. In questo libro possiamo vederli i "politici" Comizi, eppure si avverte in questi uno spazio già fuggito dalle pesantezze che riscontro ad esempio in Guttuso, verso una prospettiva d'astrattismo che avrà esiti diversi da quelli di un artista pur vicino come Emilio Vedova. Ed è a cavallo del decennio dei Cinquanta e dei primi anni Sessanta che si libra la gioia spaziale dell’arte di Turcato, con i primi "Ideogrammi" (risultato del fondamentale viaggio in Cina, proprio con il PCI), con i reticoli e i filamenti, con le serie batteriologiche-microbiche-filamentose (il Batteriologico che riporto risente molto di Klee) o nei Tranquillanti per il mondo (un’opera collage dove le pastigliette collocate su tela sembrano preludere alle ossessioni farmaceutiche ben più note di un Damien Hirst).

Superficie lunare (1971)
Di lì, in epoca di oltraggiosi allunaggi (per dirla con Zanzotto), l'artista inizia a interessarsi quasi galileianamente alle superfici lunari e per dipingerle sceglie un materiale di scarto e al contempo soffice dell'Italia del boom: la gommapiuma. Questa presenterà una resa insospettata. Il libro-catalogo di Quodlibet tuttavia sa gettare uno sguardo più articolato sul cammino artistico di questo protagonista del collage affascinato dai microbi e dai batteri, dagli ideogrammi e dall'estremo oriente, dalla luna e dalle porte (La porta del 1973 resta forse la sua opera più enigmatica). "Ora sono di altra opinione", scrive nello scritto già citato e intitolato Io, Turcato, "ossia che la libertà del sistema espressivo è l'unica strada per poter combattere i bizantinismi, la grettezza della politica che con la sua limitazione vuole abolire le forme d'arte che possono dare fastidio alla prepotenza e all'affermazione del potere". Sono parole scritte da uno che giudica "gli avvenimenti intellettuali e politici attraverso le estetiche" in modo da capire se un sistema è tirannico o libertario. Io credo che, opportunamente tradotti per i palati odierni, questi pensieri abbiano ancora molto da dirci.

2 commenti:

  1. Turcato, in quella mostra, dimostrò di essere quel grande artista che solo di recente è stato riconosciuto, valutato, studiato. Un caro saluti, d.

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  2. Un caro SALUTO. Scusate

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