domenica 29 dicembre 2013

da "Latitudine dei sogni" di Carmen Yáñez

Una poesia da #27

Già da qualche mese Guanda ha pubblicato la traduzione di Latitud de sueños (Latitudine dei sogni, pp. 120, euro 12) dell'autrice cilena Carmen Yáñez. Il lavoro di resa in italiano è di Roberta Bovaia. Questo non è il suo primo libro tradotto nella nostra lingua: potevamo infatti già leggere Terra di mele, Abitata dalla memoria e Paesaggio di luna freddaYáñez, come è noto a chi conosce un po' la sua biografia, non vive più in Cile da molti anni. Nel 1975 fu catturata dalla polizia cilena e scappò l'inferno di Villa Grimaldi. Seguirono sei anni di clandestinità. Nel 1981, con la protezione dell'ONU, riparò in Svezia e qui restò fino al 1997, quando si trasferì nelle Asturie, dove tuttora vive con il compagno, lo scrittore Luis Sepúlveda. Del libro curato da Roberta Bovaia scelgo la prima poesia, quella che dà il titolo (davvero bello) all'intera raccolta.

Latitudine dei sogni

Una se ne sta tranquilla
in un alberghetto di Saint-Maló
la costa smeraldo di antichi corsari
davanti al mare, insomma, esposta.
E di colpo batte il Pacifico splendido
la brezza alimentata di eucalipti
sulla riva di un ricordo indelebile
dove albergò la piccola felicità
che regge le vertebre della vita.
Dove si conserva il mare che ci apparterrà per sempre?
In quale organo si occulta dopo tanti viaggi?
In quale viscera ulula la bestia dei ricordi?
L’infanzia che sgorga tra le onde
dalla finestra di un esilio che incessantemente ci avvolge
con le sue piccole mani ora.
Sassolini che raccoglievo con tutto quello che trovavo
nelle piccole tasche rotte.
Una se ne sta tranquilla
a camminare sulla sabbia,
ma le scarpe rallentano col loro peso.
Tanta vita camminata!
Anche se i piedi vogliono staccarsi da terra
confondersi con il blu.
E in fondo uno sa
che tutto è illusione
il qui e il là nel corpo.
L’unica verità è il dolore,
il taglio fastidioso
che ha fatto il filo di un ciottolo nella scarpa sinistra,
il tallone ferito che impedisce talora di avanzare
che va e viene
come l’onda che morde
malgrado la sua bellezza implacabile.


Latitud de sueños 

Una está tranquila
en un hotelito de Saint-Maló
frente al mar, es decir, expuesta.
El agua azul
y de pronto golpea el Pacífico espléndido
la brisa alimentada de eucaliptos
a la orilla de un recuerdo indeleble
donde moró la pequeña felicidad
que sostiene vértebras de vida.
¿Dónde tiene uno el mar que le pertenece para siempre?
¿En que órgano se oculta después de tantos viajes?
¿En qué víscera aúlla el animal de los recuerdos?
La infancia que brota entre las olas
desde la ventana de un exilio que nunca para de envolvernos
con sus pequeñas manos ahora.
Piedritas que juntaba y todo lo que fue posible
en los bolsillos rotos.
Una está tranquila
caminando sobre la arena tan tangible,
pero los zapatos se retrasan por el peso de la arena,
¡Tanta vida caminada!
Aunque los pies quieran despegar del suelo
confundirse con el azul.
Y en el fondo uno sabe
que todo es engaño
el aquí y allá en el cuerpo.
La única verdad es el dolor,
la incisión molesta
que ha hecho el filo de un guijarro en el zapato izquierdo
el talón herido que impide a veces avanzar
que va y viene
como la ola que muerde
a pesar de su belleza implacable.

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