giovedì 9 gennaio 2014

"Il levriero di Tiepolo" di Derek Walcott (una vecchia nota)

Ripescaggi #31

Penso sia finita sempre all'interno della rivista "daemon" questa vecchia nota che scrissi nel 2005 per l'uscita della traduzione di Tiepolo's Hound di Derek Walcott. La fece Andrea Molesini per Adelphi e uscì col titolo Il levriero di Tiepolo. (A proposito della rivista "daemon", dico ai cari amici con cui la facevo di tenersi pronti perché a giorni è in arrivo un'intervista forse inaspettata con una vecchia conoscenza della rivista!). Walcott è un autore su cui mi piace tornare, dopo il tentativo di traduzione che provai qui. Sarà per quelle ragioni che incrociano anche con la pittura, che tra l'altro qui sotto, proprio nella nota che parla di questo libro, emergono ancora con maggior forza. E anziché riportare un brano dal libro vi rimando al video sotto preso da Youtube, dove Walcott è alle prese proprio con la lettura di questa sua opera. Ricordo che l'anno scorso Adelphi ha pubblicato la traduzione di What the Twilight Says con il titolo La voce del crepuscolo, superba raccolta dei suoi saggi.  

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Walcott come Proust, Tiepolo come Vermeer: “a slash of pink on the inner thigh / of a white hound” (“una vampa di rosa sulla coscia del levriero”), particolare di un dipinto del pittore veneziano, ammirato dal poeta caraibico in una mostra a New York, come il “petit pan de mur jaune” del dipinto di Vermeer, menzionato da Proust nell’episodio della morte di Bergotte. Ma se, come ha già spiegato Lorenzo Renzi, nel caso de La prigioniera il “piccolo lembo di muro giallo” esiste solo sulla pagina, inventato da un’originale rielaborazione proustiana del dipinto Veduta di Delft – di qui l’elogio dell’imprecisione che ne fece Renzi –, Il levriero di Tiepolo, scrive il traduttore e curatore Andrea Molesini, “[...] è una teoria sulla lirica precisione della luce, sulle forme e i colori che abitano i luoghi e il tempo del quotidiano, sul dipingere con la scrittura. [...] È anche la storia della ricerca di un’emozione perduta nel labirinto dei ricordi: l’agnizione di un dettaglio che si fa specchio ed emblema del mistero del tutto”.

Il legame tra arti figurative e creazione poetica è uno dei temi portanti di questo libro. Walcott – l’aveva già fatto capire al mondo con Omeros, il poema che gli spianò la strada verso il Nobel del 1992 – non lascia mai nulla di intentato. In lui, così come accade nel poeta australiano Les Murray, sembra albergare tutto quel coraggio che – dalla forma alle trame, dai personaggi ai contenuti – manca a tanta poesia contemporanea. Walcott riesce a costruire un poema narrativo, lungo e coraggioso, intrecciando due sole vite: quella di Camille Pissarro, pittore-poeta, ebreo sefardita di St. Thomas che lascia la propria isola caraibica per la Parigi dell’Ottocento e la propria vita di poeta-pittore. Il levriero di Tiepolo è il libro dove la forza immaginativa e tutte le ossessioni di Walcott si dispiegano in una poesia che affronta a viso aperto il grande tema, proteiforme ed eterno, dell’esilio artistico.


1 commento:

  1. Che libro questo qua! Il mio preferito tra i suoi... Ciao ciao Giorgia

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