venerdì 14 febbraio 2014

Le poesie di Hans Sahl. "Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l'uomo" pubblicato da Del Vecchio Editore

Qualche giorno fa mi sono trovato a battibeccare con l'account Twitter di Einaudi, che a mio avviso commetteva la mossa infelice di scrivere "dei cinque lettori di poesia in Italia". Si trattava ovviamente di un'iperbole di manzoniana memoria (ulteriormente decurtata), ma pur sempre un errore, un'affermazione che non aiutava niente e nessuno. Non l'ho reputata una mossa felice, insomma, e l'ho fatto presente al twittatore/alla twittatrice in modo educato, beccandomi inizialmente risposte del tipo "Meglio prenderci in giro?" oppure "Contento tu". (Non ho fatto presente al twittatore/alla twittatrice che il tono antipatico di quelle risposte quasi sicuramente dimezzerà il budget annuo dei miei acquisti dedicati a libri Einaudi, alla faccia del social media marketing e del mito della comunicazione one-to-one! Poi chi twittava dall'altra parte è rientrato nei toni, e mi ha persino ringraziato "perché è bello che qualcuno ci tenga". Non vi racconto qual punto di domanda si è allora dipinto in automatico sul mio volto). Insomma, l'aborto di dialogo twitteresco da pausa-pranzo è finito nello scolo di lavello dei social network, com'è in fondo normale che sia. Possiamo ripeterci fino alla nausea che la poesia non vende (ci credo, ma di questo passo venderanno poco anche tanti libri di prosa), possono anche sbattermi in faccia i dati di vendita imbarazzanti di certe collane di poesia un tempo blasonate, ma non penso che cambierei idea e cioè che, come scrivevo, sono convinto che i lettori di poesia in Italia esistano, forse "comprano pochi libri", e probabilmente (lo scrivo qui, non su Twitter) non si fanno troppo sentire, o magari vivono da "nuovi emarginati" la marginalità e la frammentazione della poesia stessa. C'è poi un processo di lettura e ascolto pubblico della poesia che va recuperato e si iniziano a vedere alcune buone operazioni in tal senso. Forse i lettori di poesia sono stati anche delusi, non trattati poi così bene dai loro editori di riferimento. Altro discorso - e qui provo a uscire dalla secca in cui sto saltando pericolosamente a piè pari - è vedere cosa ha fatto chi aveva gli strumenti, i canali e il "blasone" (il brand editoriale, insomma) per fare sensate operazioni editoriali di poesia: buio pesto. Quanto ci manca uno Scheiwiller del ventunesimo secolo! Insomma, anche i nostri editori storici di poesia dovrebbero fare un'opportuna analisi e chiedersi se la situazione che lamentano riconduce anche a certe loro scelte e, visto che proprio si lamentano dei lettori mancanti all'appello, potrebbero smettere di pubblicare poesia, visto che non vende. Chissà che dal vuoto creatosi non si generi qualcosa di veramente nuovo. In fondo sono imprese anche le case editrici, pur tra mille particolarità e nessuno le obbliga a lavorare in perdita. Ma mi fermo, sono tempi difficili per tutti, davvero, e questi sono discorsi che forse lasciano il tempo che trovano. Anche perché poi, ogni tanto, si accende una luce, ovvero libri come questo di cui vorrei dar notizia ora. D'accordo, è un progetto di traduzione finanziato con il sostegno della Commissione Europea EACEA, insomma è uno di quei libri che diventano economicamente realizzabili soltanto grazie a dei contributi per la traduzione di istituzioni culturali internazionali; tuttavia quello che conta, agli occhi di un lettore, è che appare come foglia di un albero (fuor di metafora: il catalogo dell'editore Del Vecchio) che sta crescendo con un portamento di fusto e una disposizione fogliare sempre più rare nel panorama. Chissà che non colga il vuoto che altri stanno osservando, creando (coltivando?) con colossali dormite e lamenti inerti. Le uscite di poesia di Del Vecchio sono poche, ma l'inizio è buono. E allora, se avete voglia di leggere (o regalare) un bel libro di un poeta in Italia semisconosciuto, puntate diritti e con serenità a questo Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l'uomo di Hans Sahl, un librone di più di 500 pagine pubblicato nella cura e traduzione di Nadia Centorbi all'onesto prezzo di € 17,50. Un libro corposo, che se però come me leggerete prevalentemente nelle pagine di destra, gettando solo qualche occhiata al tedesco di sinistra, diventa tutto sommato un libro breve. L'occasione della pubblicazione è la "Giornata della Memoria", che in editoria sta diventando un momento topico di riferimento nella pianificazione delle uscite, il che sta bene, ma ha anche dei tratti che indispettiscono. Non trovate? Ma tranquilli, è un libro senza data di scadenza, che si potrà leggere anche quest'estate o la prossima. L'autore (Dresda 1902 - Tubinga 1993) è noto al pubblico italiano per un titolo pubblicato da Sellerio, Memorie di un moralista. L'esilio nell'esilio, dedicato a quello sterminato fenomeno che fu l'emigrazione e l'esilio dalla Germania di Hitler. Quella biografia incentrata sulla forza centrifuga dell'esilio è un passaggio importante per giungere alla poesia di Sahl, che è poesia scritta dall'esilio e con una componente autobiografica limpida.

Oppurtuno dare qualche coordinata. Nel 1933, "non solo come ebreo, ma anche come oppositore di Hitler" Sahl lascia la Germania. Passa per Praga, Zurigo (è in Svizzera che incrocia Ignazio Silone) e poi staziona a Parigi per un bel po'. Vive lì e spancia di brutto in quella che finì per chiamarsi drôle de guerre, ovvero quei mesi surreali-tragici che precedettero il pieno dispiego delle operazioni militari. Il primo libro di poesia che pubblica esce in America nel 1942 e si intitola Le chiare notti, sottotitolato Poesie dalla Francia e qua si concentrano davvero tutti gli anni francesi, l'esperienza dei campi di internamento dove finisce anche Walter Benjamin. Bellissimo, in questo primo libro, è il gruppo di poesie intitolate a Marsiglia, dove Sahl nel 1941 attende la nave che lo porta in salvo, dall'altra parte dell'Atlantico, e dove collabora attivamente anche con Varian Fry e la sua organizzazione che aiutò duemila intellettuali e artisti a fuggire da Hitler (tanto da meritarsi un film e il soprannome di "Shindler" degli artisti, oltre a altri riconoscimenti post mortem). A New York Sahl rimase per quasi tutta la vita, fino al 1989, con una parentesi di rientro non ancora "maturo" in Germania a fine anni Cinquanta. Per la cronaca, negli Stati Uniti Sahl visse di giornalismo (importanti collaborazioni come corrispondente di testate tedesche) e traduzioni (Arthur Miller, Eugene O'Neill, Thornton Wilder e Tennessee Williams).

Andando più dentro questo libro, senza invaderlo troppo, c'è da notare una forte componente pseudodiaristica nei diversi nuclei che compongono le raccolte, radunate sotto il bellissimo e apertissimo titolo del volume italiano ("Mi rifiuto di scrivere un necrologio per l’uomo come se fosse / un incidente biologico / tra due epoche glaciali"). Ed è sicuramente altrettanto forte il senso dell'essere testimone. Il volume Le chiare notti. Poesie dalla Francia lascia poi posto nel libro di Del Vecchio a una nutrita antologia dei libri che seguirono, distanziati di molti anni uno dall'altro: Noi siamo gli ultimi. Poesie del 1976 e Noi siamo gli ultimi. La talpa del 1991. E in tutto questo percorso di poesia però è come se ricadessimo, anche con l'immaginazione, in quei fondamentali anni trascorsi in Francia, anni di fame, sospetto, "esilio nell'esilio", solitudine radicale e radicalizzata. La migrazione e l'esilio furono forzate, necessarie, e tuttavia divennero poi scelta, conferma quotidiana. Visto che la curatrice conosce bene la materia di cui scrive, lascio la parola a Nadia Centorbi e rimando alla fine del post per un link contenente un gruppo di testi della raccolta. Nel suo saggio introduttivo intitolato Il cristallo nella lavina, Centorbi marca bene lo scivolamento lirico dalla prima raccolta alle successive:

"la centralità dell'io sembra dissolversi nella coralità di un soggetto lirico polimorfo, in quel noi che scandisce ossessivamente la sequenza lirica. Attraverso il noi il destino individuale del poeta si identifica con il destino di molti altri esuli incontrati, incrociati o semplicemente presenti nella schiera di quanti furono segnati dall’esperienza della fuga dalla patria. Con ciò, il poeta suggerisce che nell’esperienza dell’esilio, che egli ha condiviso con migliaia di altri profughi, non esiste un destino d’eccezione che possa valere su tutti gli altri come modello emblematico: tutti gli esuli, al di là delle diverse peculiarità che ne scandirono le rotte, costituiscono un unico coro, condividendo omogeneamente le stesse difficoltà, lo stesso martirio della persecuzione, della fuga nonché del disorientamento derivato da un’esistenza irreparabilmente stravolta. A differenza delle poesie del primo ciclo poetico, nei componimenti più tardi Sahl non cede alla malia di centralizzare la sua personale esperienza di esule e perseguitato. All’estemporaneità dei versi della fuga subentra la responsabilità morale di preservare una “memoria dell’esilio” che attecchisce, appunto, nella coralità del noi [...]."

Vorrei chiudere con due plausi. Il primo per il lavoro di cura e traduzione della giovane Nadia Centorbi, che non posso giudicare appieno ma che trovo centrato e coerente nella lingua d'arrivo. (Nadia Centorbi è autrice anche di due saggi che appaiono davvero unici nel panorama, uno del 2011 sull'androginia nella letteratura tedesca e l'altro del 2009 sulla poesia di Gottfried Benn e l'estraneità della patria, un tema che ora evidentemente s'incastra e s'arricchisce di questo lavoro su Sahl.) Il secondo plauso, già accennato, per l'editore Del Vecchio, una casa editrice nata a Roma soltanto nel 2007 e che a mio avviso rappresenta la più bella sorpresa del panorama italiano dell'ultimo lustro. Per approfondire vi consiglio davvero un giretto qui: propagazione del catalogo appassionante e volumi contraddistinti da una cura e soprattutto da una progettazione grafica che non si vedevano da tempo, affidate all'enfant terrible della comunicazione visiva Maurizio Ceccato e IFIX.

(Rinvio al blog di poesia di Ottavio Rossani su Corriere.it per la lettura di qualche testo di Hans Sahl nella traduzione di Nadia Centorbi. Sempre per Del Vecchio Editore segnalo che è appena uscito il libro - stavolta davvero breve - I passanti di Laurent Mauvigner, un "campione del libro breve" e autore del discusso Storia di un oblio.)

2 commenti:

  1. Il tuo ragionamento su case editrici e poesia non è dimostrabile ma forse fila e mi pare alla fine anche abbia un fondamento. Di sicuro manca scelta. A volte le collane di poesia e certe pubblicazioni sembra come moneta di scambio... Tuttavia non sono cose dimostrabili, anche se ha senso ogni tanto parlarne, senza che diventi un'ossessione. Maria D. ps. Del vecchio è una bella casa editrice, concordo

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  2. Certo Maria. Grazie. Nessuna ossessione, solo discussione. Un saluto. Alberto

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