venerdì 5 dicembre 2014

Fabio Donalisio, "Nulla più e nulla meno"

Le note critiche del premio letterario "Anna Osti"











Quinto e ultimo appuntamento della miniserie di cinque post dedicati alle note critiche ai libri premiati o segnalati all'ultima edizione del premio letterario Anna Osti. Ringrazio i promotori del premio e i singoli autori di queste note. Ospito oggi il testo che Giusi Montali ha scritto per Nulla più e nulla meno di Fabio Donalisio (Isola, 2014).

Nulla più e nulla meno è un'esile raccolta di sei testi che, a detta del titolo, si danno in apparenza come una scrittura semplice, schiacciata sulla realtà, scevra da interpretazioni plurivoche. Quanto di più errato. Tema della raccolta è la difficoltà di ancorare l'esistenza e il primo testo mette in scena un soggetto alle prese con la difficoltà del riconoscere la propria identità burocratica sancita dalla foto di un documento [I, “rientro nella foto del documento; | guardarla, nel suo caucasico non rosa, | lo sguardo troppo dritto per essere (anche un briciolo) | vero, mantiene il minimo sindacale di grottesco”]. Così se il documento ci limita all'identità anagrafica e ci appiattisce alla dimensione unica della burocrazia, ci dona però la supposizione di una nostra esistenza (V, “un onorevole recapito giuridico | […] un luogo […] dove […] | concedersi l'illazione di esserci | stati”). E ancora, questa discrasia tra l'essere (il vivere organicamente, l'avere un corpo) e l'esistenza (più alta forma di vita che valica i confini della mera biologia) sembra irreparabile e si incunea anche nei momenti di rilassatezza e svago quando il pensiero produce “domande | prive di ogni ragione in quanto (tanto) | l'unico movente plausibile è mettere | lontano tra l'essere e il vivente” (III). Proseguendo nella lettura, il soggetto è presentato in situazione: cammina per il suo quartiere, considera l'assommarsi nel corso del tempo degli errori edilizi e umani, constata l'espandersi della città oltre i suoi confini, ed è sorpreso dai rovesci climatici romani che lo riconducono alla certezza dell'esistenza (II, “star qui dopo il doccione tropicale | quotidiano – un po' corto di fiato, ma vivo”). Ma ad attirare la nostra attenzione è il quarto testo che promette al lettore ostinato, e pronto ad accettare la sfida interpretativa, lo svelamento di una poetica. Si incomincia con la citazione di parte del ritornello di una canzone di Pink, Try, che banalmente profetizza un destino di consunzione a opera del desiderio. Questo il preludio a un testo 'incendiario' che contrappone alla banalità delle canzonette un altro destino: divenire cenere “bagnata che non vola, | danza”, impregnata d'acqua, resto di ciò che era il fuoco (o come direbbe Derrida: “Feu la cendre”, ovvero 'fuoco la cenere', oppure l'omofono 'fu la cenere', e quindi il fuoco che la cenere un tempo è stata). Forse peccherò di un eccesso interpretativo, ma lo scritto di Derrida succitato rivela la tensione che si crea tra scrittura e parola, tra lettura a voce alta (corporale) e lettura silenziosa (mentale), ponendo in luce le numerose interpretazioni di una data scrittura - apparentemente lineare - una volta che questa è stata sottoposta a un pubblico di lettori: e allora il monologo dell'autore diviene dialogo con il lettore e, infine, polilogo quando i lettori comunicano tra loro l'esperienza di lettura, generando la critica, l'esegesi e, in senso più ampio, il discorso intorno alla letteratura. Non ci troviamo forse nel medesimo frangente leggendo queste poesie di Donalisio? Sospendendo la domanda, ritorniamo al testo e notiamo che, attraverso l'abbandono al rito incendiario (IV, “ho scosceso il dito | dalla tanica al cerino, avvinto faccia a vampa | come vischio addosso al pino”), il soggetto riesce a denudare Euridice - la vera musa dei figli di Orfeo, i poeti – lei, che può voltarsi ma non fugge e si vota alla morte (all'incendio?), prende la parola per inaugurare un nuovo dire, una coniugazione altra (la quarta!) che assicura la sizigia, l'unione perfetta di pensiero (mente, riflessione, passività) e azione in un senso e in quello contrario (contro-azione), ma anche contrazione: e davvero la mente si unisce al corpo, la riflessione all'attivismo, la ragione alla corporeità.

Giusi Montali


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