martedì 19 gennaio 2016

Cosa pensavo mentre leggevo in treno "Il posto" di Annie Ernaux (pensavo ai metalmezzadri, fra l'altro)

Ho comperato una copia de Il posto di Annie Ernaux (pp. 120, euro 10, traduzione di Lorenzo Flabbi) in Centrale a Milano. Credo fosse primavera del 2014, ricordo che il libro stava tra le novità e mi incuriosiva il miscuglio tra il nome di un'autrice che non avevo ancora affrontato e la proposta di una casa editrice come L'Orma, la quale ha indubbiamente, secondo me, un bel progetto o piano editoriale che dir si voglia. Mi piaceva poi il titolo, visto che avevo appena controllato nel biglietto quale fosse il mio posto e la mia carrozza. Questo post non è una recensione o un'analisi del libro. Si tratta più che altro di un rapido resoconto tardivo di un'esperienza di lettura ferroviaria. All'epoca avevo pensato se scriverne qui, poi le circostanze mi hanno portato a pubblicare altri post e solitamente tendo a scrivere dei libri che mi interessano, foss'anche solo parzialmente, e tralascio segnalazioni di libri che mi hanno lasciato tra le perplessità. Andando oltre, si potrebbe dire che quella della stroncatura è un'arte (questo si sa) che penso che non mi appartenga. In Italia più di qualcuno prova talvolta a praticarla senza talenti. Ma non era certo una stroncatura quel che mi suggeriva la lettura de Il posto dal mio posto vicino al finestrino. Ad ogni modo, le molte pagine di critica entusiaste che ho letto in seguito su questa e altre opere di Annie Ernaux mi spingono però a provare a mettere ordine in quel che pensavo sollevando la testa dal libro, all'interno della Freccia Milano-Venezia. Premetto che si tratta dell'unico romanzo di Ernaux che ho letto sinora, ma questo non è un problema, anzi, è positivo, perché significa che parlerò per forza di cose di questo libro e non genericamente di un'autrice. Da ciò deriva che non ho ancora letto Gli anni, altro romanzo di cui si è scritto abbastanza in giro per giornali e blog. Magari lo farò e scriverò un post tardivo come questo. La vita va così, per fortuna, e trovo certa intempestività degli altri graziosa, irresistibilmente.

1. Ricordo che dopo aver letto dei successi in patria di quest'autrice e di questo titolo mi chiedevo con più forza: ma davvero qualche qualche editor/talent scout e qualche editore crederebbe in un libro del genere in Italia, senza considerarlo un déjà-vu tutto sommato abbastanza fiacco, brutta copia di quello che certo cinema (o cinema per la televisione) fa già maluccio, senza arte né parte?
2. Ricordo appunto questa sensazione di déjà-vu potente e a tratti fastidioso. L'alternarsi delle generazioni, il racconto e il tentativo di costruire un ponte generazionale, la comunicabilità tra esistenze appartenenti a epoche diverse, il riverbero di certi fatti della storia e del mutamento economico nelle nostre esistenze e quindi nella prosa: davvero era interessante tutto ciò? Irrinunciabile? Davvero l'essiccazione della vena politica alla quale abbiamo assistito - fino a renderci degli impolitici apolitici - era resa bene nelle pagine di Ernaux?
3. Ricordo inoltre di aver pensato che in Francia la narrativa è probabilmente una cosa più seria che da noi, e intendo seria in termini di giro d'affari. Non che da noi un premio Strega o Viareggio siano irrilevanti per le casse degli editori, ma forse lì un Goncourt lo è molto di più. Bisognerebbe confrontare banalmente dei numeri per capire se questa mia credenza ha fondamento, ma credo di sì.
4. Ricordo di aver pensato in treno (ma anche dopo aver letto qualche recensione su Il posto): davvero qualcuno può trovare rigoroso, secco, asciutto questo libro che sorregge e sostiene una pressoché unica manifestazione del sé attraverso le trasformazioni della vicenda biografica, cullando forse troppo, in una secchezza-asciuttezza-pulizia che sa farsi "maniera", tale unica manifestazione del sé nell'andirivieni temporale del racconto? (A proposito, il racconto è la storia di un padre nella Francia del secolo scorso, ripreso nella scrittura della figlia mentre attraversa, con i cambi di lavoro, i cosiddetti settori primario, secondario e terziario, con una disinvoltura quasi apatica. Da noi c'erano i metalmezzadri e non mi pare in molti ne abbiano scritto: forse potrebbe essere un tema interessante per un libro?) Non sto dicendo questo perché sento la fascinazione o la necessità di sé-multipli calati nella prosa e nemmeno per lanciare la solita discussione sul romanzo, sul memoir, sulle possibilità della scrittura. Già, la scrittura: è forse antiquata? Ecco, ricordo di aver pensato a questo problema della scrittura antiquata, in termini darwiniani. Era un pensiero che avevo già fatto e la prosa di Annie Ernaux lo ha acuito. Ma è stato un pensiero passeggero, passeggero come io/me nel treno.
5. Ricordo di essermi chiesto alla fine del libro (ero all'altezza di Vicenza ormai) che cosa mi lasciava la lettura de Il posto. La risposta è: poco o addirittura nulla, solamente questi ricordi, forse troppo corrotti da discorsi e raffronti editoriali, da pre-giudizi che si sono creati leggendo la bandella e altri paratesti. Ma tant'è, per me Il posto di Annie Ernaux non è stato un libro importante o particolarmente significativo, perché ci ho ritrovato tante cose che avevo già visto e sentito. Non mi ha spostato o portato un centimetro oltre quello che già sapevo e so. Se leggendo un libro questo spostamento non accade, giudico inutile la lettura. Che sia colpa del treno?

(Se avete letto questo libro mi farebbe piacere conoscere i vostri pensieri.) 

3 commenti:

  1. io ho letto "gli anni" e mi è piaciuto. a questo punto dopo aver letto il tuo post leggo anche "il posto"!

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  2. Io ho letto sia questo che Gli anni e entrambi mi sono piaciuti. Sono pure frequentratrice di questo blog e mi sorprende trovare questo post anche se penso sia ultrapositivo il confronto tra chi legge uno stesso libro... che poi ci sia un accodamento di entusiasmo su certi libri o autori è normale, bisogna diventare bravi a fiutarlo. Comunque prova a leggere Gli anni. Ciao Andreina

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    1. Leggerò, forse. I fenomeni di "accodamento" sono ben visibili, in rete ma non solo è presente un bel campionario

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