lunedì 4 gennaio 2016

"Kalendae, -arum" di Silvia Zoico. Il poemetto e un commento a cura di Luca Rizzatello

L'estate mi aveva portato alla poesia di Silvia Zoico per varie vie e a due libri che consiglio, dovessero capitare a tiro ma anche qualora vi piaccia andare a caccia di libri non sempre facili da recuperare: uno è Testa e croce (Valentina, 2006) e l'altro Famelica farfalla (Puntoacapo, 2010). Pare che entrambi si possano ancora acquistare in un sito come ibs.it. Acquistabile a un prezzo davvero basso, pur con la dicitura "difficile reperibilità", risulta inoltre il libro contenente il poemetto Kalendae, -arum (Sinopia Onlus, 2010) che riporto di seguito per intero, grazie alla gentile concessione dell'autrice. Di Luca Rizzatello è invece il commento che segue il poemetto, un testo critico che ha cinque anni e che non era mai stato pubblicato e che gaiamente pubblico qui per la prima volta. Il post riporta solo la prima parte del commento che è scaricabile per intero come PDF al link che trovate alla fine.


Silvia Zoico
KALENDAE, -ARUM


I.
Il Pontefice si accinge a una lectio
magistralis predisposta è la Bibbia
bene aperta in questi tempi di screzio
con l’Islam che nel carcere a Rebibbia
si diffonde nonostante quegli ex
voto e i bestseller di tutti quegli ex
terroristi che hanno l’anima elastica
al punto da correggere la svastica
per amore di una croce più pura
di una vergine intatta di un imene
incorrotto proprio come una sura
del Corano e tante altre cose amene

II.
che si leggono tramite la cabbala
anche nei libri di Victor Hugo
resta il problema di chi era San Sabba
e ancora la scritta con yankee go
home perdurante il derby Roma-Lazio
con permesso accordato per fellatio
dal secondino che sembra un monarca
assoluto alla figlia dal menarca
precoce come pare sia tendenza
registrata dagli esperti in statistica
che non sfuggono certo all’eminenza
grigia dell’amministrazione mistica

III.
perché c’è un tempo per nascere e un tempo
per morire un tempo per abbracciare
e un tempo per astenersene un tempo
per uccidere e un tempo per guarire
vanità di vanità quanto amaste
e amerete dice l’Ecclesiaste
e il Signore disse ancora ad Aronne
e a Mosè di riferire alle donne
in stato d’immondezza per le regole
di non denudare quella sorgente
che contaminasse giaciglio e tegole
pena l’eliminazione da gente

IV.
scrupolosa del tempo della legge
del Levitico e del Deuteronomio
con il sorteggio di un capro dal gregge
per il deserto o per il manicomio
per la prassi dell’isterectomia
o per la santità d’anoressia
nervosa che si ciba di pandette
di codici di encicliche e di lettere
innamorata a morte come Alcesti
o salmeggiante dall’aleph al tau
canonizzata da tutti gli incesti
e ritornata polvere a Dachau

V.
terra alla terra e cenere alla cenere
magro carnevale e pingue quaresima
carnem levare dal monte di Venere
prima che sanguini il giorno di cresima
e in confermazione di pubertà
volga lo Spirito di santità
donando non carismi ma il ridicolo
scoppio di un tanto ignobile follicolo
che chi sapendo di mentire mente
se lo paragona al germe di grano
nella parabola della semente
e dal Pentagono tuona sovrano

VI.
il Pentateuco e dalla Casa Bianca
con la bandiera di strisce e di stelle
della moda e del cinema che sfianca
quanto braccare un afgano ribelle
dove non bastano squadre antimine
e scorrono pronte le anfetamine
nel portapastiglie di gusto trendy
che piace a chi compie crimini orrendi
a Guantánamo o ad Abu Ghraib
pregando per gli esuli figli di Eva
gementi e piangenti all’indice Mib
che tanta valle di lacrime alleva

VII.
predisponendo allo scopo elemosine
e un Memory Day per i Rom e i Sinti
ma nei campi nomadi di Mnemòsine
conoscono un senso solo i distinti
protettori che detengono il lusso
di ingravidare dopo il primo flusso
tutti quegli uteri che erano ladri
non perseguibili e che ora da madri
per l’accattonaggio in luoghi di culto
in particolare di Sant’Antonio
sopportano meglio qualunque insulto
per monete di nuovo e vecchio conio


VIII.
spendibili in base al memento mens
sana in corpore sano di valuta
esibendosi in locali di lap dance
la donna mia quand’ella altrui saluta
e converte a me in quel ch’è senza odore
beltà di donna e di saccente core
esperto di dolce Stilnovo e di acide
massime scelte dal dotto Siracide
non dare l’anima tua alla donna
sì che essa s’imponga sulla tua forza
moglie o sorella nipote o bisnonna
tu mangia la polpa e getta la scorza

IX.
la prima volta sarà menoschèsi
che preceduta da dismenorrea
partiti i cugini e andati i marchesi
rivelerà in menostasi la rea
di infecondità e di ogni altro flagello
d’ in su i veroni del paterno ostello
perché tre cose non sono mai sazie
anzi quattro e non dicono mai grazie
gli inferi il grembo sterile la terra
assetata dal Libro dei Proverbi
e il fuoco divampante che le afferra
i genitali atrofizzati e acerbi

X.
nel complesso contesto di una sindrome
neurovegetativa e de L’inganno
cerebrale celebrato nei sintomi
dal tardo racconto di Thomas Mann
cercherà il sesso potrà darsi all’alcol
compirà errori fatali di calcolo
e di logica invertendo la causa
e l’effetto l’oggetto menopausa
rivendicando soggetto di nuova
giovinezza nel dubbio che bastatale
quella che fugge tuttavia si muova
al grido Sabatàta Sabatàta

XI.
per volontà della Domina Ludi
come Signora del Gioco lei stessa
vinto ogni mal di matrice dai rudi
demoni con cui copula confessa
malefica strix struggente nell’urlo
doverosamente indotto dal curlo
per Institoris o frate Rategno
domini canis da guardia sul regno
dei cieli che purtroppo non la alletta
a pronunciare il fatidico sì
neppure sferzandola a cavalletta
sabato domenica e lunedì

XII.
mattina trasformandosi Erodiade
dalla cintola in giù in frigido e callido
serpe nella sopra citata triade
con Salomè pronta a imprimere al pallido
labbro del Santo Giovanni Battista
un bacio di passione che contrista
chi prefigura con metodo assiduo
nel decollato gli eventi del triduo
pasquale al soldo di astronomi e maghi
di matematici e calendaristi
al computo d’anni tropici o vaghi
mobilitandosi i milites Christi

XIII.
dal Concilio Vaticano II
dichiaratisi disposti a fissare
una volta per tutte in tutto il mondo
il giorno per risorgere all’altare
rinnegando il Concilio di Nicea
con quell’inutile e futile idea
di vincolare la Verità Vera
al primo plenilunio in primavera
solo le donne hanno tredici lune
la sposa ha le spese la moglie doglie
Sua Santità sa com’esserne immune
venite fideles che tutti v’accoglie

Una nota a kalendae, kalendarum di Silvia Zoico
di Luca Rizzatello



“L’espressione più comune per fare ammenda, mondare, è un’ulteriore indicazione di quanto si è detto, se, sulla base di concordanze babilonesi e assire, si può spiegare il significato originario del termine come ‘spazzar via’. Qui il concetto fondamentale di peccato è quello di un’impurità materiale, e il sangue, sostanza sacra dotata di poteri miracolosi, si crede possa nettare la macchia del peccato, quasi automaticamente.”



“Vivano le scienze economiche, morali e politiche, le enciclopedie portatili, i manuali, e le tante belle creazioni del nostro secolo!”



Se si volesse cominciare sbirciando la fine, si potrebbe leggere, con un discreto margine di probabilità, che: tirando le somme, possiamo quindi sbilanciarci nell’affermare che i due concetti strutturanti - s’intende ad un livello profondo -, di kalendae, arum sono quelli di calendario e di libertà. 

Conviene tuttavia cominciare dal principio. La prima ragione per cui viene istituito un calendario è quella di ripartire in modo sistematico il tempo in anni mesi e giorni, per usi civili e religiosi. Tale ripartizione è da riferirsi a fenomeni astronomici, tanto che i calendari possono essere detti lunari (vedi quello musulmano), luni-solari (vedi quello ebraico), solari (vedi quello giuliano, ma anche quello gregoriano).

Ma c’è dell’altro: il calendario si rivela lo schedario ufficiale dei santi, ognuno di essi beneficiario di un giorno all’anno nonché di venerazione onomastica. Un caleidoscopio di conoscenze storiche, non storiche, filosofiche, antropologiche, sociologiche4.

Questa sembra essere la prospettiva migliore per analizzare Kalenda, arum, di Silvia Zoico.

Si tratta di un poemetto composto da tredici strofe composte da dodici endecasillabi strutturati secondo lo schema metrico ABABCCDDEFEF. Andata e ritorno. 

Il libro, i libri, la religione, le religioni:


Nelle strofe I e II si leggono, nell’ordine: Bibbia (I,2), Corano (I,12), cabbala (II,1): un abbraccio nei confronti delle tre grandi religioni monoteiste, che va via via restringendosi nella considerazione del testo di riferimento di ebrei e cristiani, ovvero l’Antico Testamento.

Bibbia sta per biblia, che sta per libri, suddivisi in categorie secondo il criterio della materia trattata. Ci troviamo ancora una volta di fronte a una ripartizione sistematica, per usi religiosi e civili. Elenco i riferimenti ai testi veterotestamentari così come si presentano nel corso dell’opera, prima di passare ad una riflessione sul loro aspetto funzionale:  Ecclesiaste (III,6), Levitico (IV,2), Deuteronomio (IV,2), Siracide (VIII, 8), Libro dei Proverbi (IX,10).

L’Ecclesiaste (o Qohèlet), incluso nei libri sapienziali, espone la tesi della vacuità della vita inserita uno sviluppo ciclico senza vie d’uscita, se non si intende prendere in considerazione il dono della grazia. Si legge “Chi è come il sapiente?/ Chi conosce l’interpretazione delle cose?/ La sapienza dell’uomo illumina il suo volto/ mentre l’ira lo sfigura.”: il savio è colui che conosce la legge dei momenti, gli aspetti contraddittori della realtà, il catalogo dei gesti antitetici che si compiono in vita. Sull’onda di questa consapevolezza SZ rilancia la posta in gioco introducendo una terza variabile: si tratta dell’osservazione dei fatti umani non determinata dall’esperienza - sia essa empirica o tramandata -, bensì dai giochi della scienza statistica. E come Qohèlet arriva alla conclusione che “Dove c’è molta sapienza c’è molta tristezza,/ se si aumenta la scienza, si aumenta il dolore.//”, così in KA si legge:



“                     […] dal menarca
precoce come pare sia tendenza
registrata dagli esperti in statistica
che non sfuggono certo all’eminenza
grigia dell’amministrazione mistica”




dove la precocità che fa tendenza si pone in diretta contrapposizione con
“perché c’è un tempo per nascere e un tempo
per morire un tempo per abbracciare
e un tempo per astenersene un tempo
per uccidere e un tempo per guarire”


Siamo in presenza di una sapienza che tenta di oltrepassare il realismo nero attraverso l’oscillazione tra i poli della scienza teorica e dell’esperienza pratica, come se la questione si risolvesse in un inesausto tendere verso, dal momento che la grazia sta nelle opere.

Levitico e Deuteronomio, presentati nello stesso verso, appartengono al Pentateuco. Pentateuco significa letteralmente “cinque astucci per i rotoli”, ed è il nome attribuito dalla tradizione greca e cristiana; invece il nome dato dagli ebrei è Torah, che significa “la legge di Dio”. Nella fattispecie, Lv e Dt sono i testi che dividono le cose da fare dalle cose da non fare, riguardanti sacrifici, riti di purificazione, feste, precetti alimentari, decime, punizioni corporali, condizioni matrimoniali, regole belliche ma anche umanitarie, benedizioni ma anche maledizioni. Questo sistema normativo, di per sé significativo da un punto di vista storico, assume una valenza etica diacronica nel momento in cui viene estrapolato dalla cornice originaria per essere applicato a casi di emarginazione sociale che varia nei modi ma non negli esiti (“pena l’eliminazione da gente// scrupolosa del tempo della legge/ del Levitico e del Deuteronomio/ con il sorteggio di un capro da gregge/ per il deserto o per il manicomio”, III,12; IV,1-4) o di scottante attualità (“e dal Pentagono tuona sovrano// il Pentateuco e dalla Casa Bianca/ con la bandiera di strisce e di stelle/ della moda e del cinema che sfianca/quanto braccare un afgano ribelle”, V,12; VI, 1-4). Le leggi porrebbero per definizione di fronte alla rigida dicotomia consistente nel rispettarle o meno. È opportuno precisare in via del tutto marginale che questa asserzione assume un valore determinante per chi è soggetto a esse, non per chi le vara:


“e scorrono pronte le anfetamine
nel portapastiglie di gusto trendy
che piace a chi compie crimini orrendi
a Guantanamo o ad Abu Ghraib
pregando per gli esuli figli di Eva
gementi e piangenti all’indice Mib
che tanta valle di lacrime alleva”

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