venerdì 29 gennaio 2016

The hardest part is staying in one place: "Della mutabilità" di Jo Shapcott, prima traduzione italiana a cura di Paola Splendore per Del Vecchio Editore

Quando si scrive o parla, spesso a vanvera e noiosamente, di editoria di poesia non sento quasi mai fare il nome di Del Vecchio Editore. Eppure già da tempo quest'editore ha dimostrato di proporre annualmente in media tre titoli poetici interessanti che vanno ad alimentare il versante delle "forme brevi" di un catalogo che sta prendendo una forma sempre più nitida, "seria" nel senso più bello del termine. Si tratta sinora di sole traduzioni. Hilde Domin, di cui si è già scritto qui, funzionò da apripista. Anche dal punto di vista del progetto grafico complessivo, i libri di quest'editore, usciti dall'occhio di Ifix e Maurizio Ceccato, creano uno squarcio nuovo, sin dalla copertina ma anche per come avvolgono il testo nelle pagine che stanno tra copertina e quarta di copertina. Insomma, si vede che sono copertine e apparati ragionati e lavorati a lungo che non hanno molti uguali nel panorama. E i titoli della collana di poesia sono ancor più dentro quest'avventura grafica ardita. Prendete in mano se vi capita questo recente Della mutabilità della poetessa londinese Jo Shapcott (pp. 200, euro 15, traduzione di Paola Splendore) e una sfogliata varrà più delle mie parole introduttive. (Ho scritto "poetessa". Devo usare "poeta"? Volete aprire l'ennesimo achmatoviano sondaggio su "poeta" vs. "poetessa" per una "donna che scrive poesie"? Davvero è una questione così interessante e cruciale?)

Anche Jo Shapcott rappresenta una prima traduzione italiana di un'autrice che si augura giustamente che la poesia sappia ancora essere pericolosa e scomoda ("Se non turba, non funziona" vuole una sua citazione riportata negli apparati grafici suddetti). E sin dal titolo e dalla bella poesia introduttiva Shapcott "se la prende" con questo concetto fondamentale per la vita di qualsiasi artista e quindi nella vita di qualsiasi forma. Ma anche altrove questo pungolo è presente, come ad esempio nello scritto dedicato a Elizabeth Bishop e più in generale alla poesia. Il contributo intitolato "Confondere la geografia" riportato in apertura del volume conclude infatti così: "Le guerre di questo secolo, la fine dell’impero, l’aeroplano, il tunnel della Manica, il web, il ruolo delle donne, il potere delle multinazionali, la prevalenza di buona letteratura in inglese scritta altrove, le nostre mutate prospettive all’alba del nuovo secolo, tutte queste cose messe insieme ci dicono che la storia insulare dell’Inghilterra, la piccola Inghilterra, è finita. Confini, margini di territori e di lingua, casa e corpo, terra e acqua hanno da sempre offerto rifugi attraenti alle donne scrittrici che hanno capito da tempo che si potrebbe semplicemente lasciare entrare l’altro o setacciare ogni detrito sospinto a riva."

Mutabilità, dunque. Eppure, ha notato correttamente Frances Leviston su "The Guardian", recensendo Of Mutability alla sua uscita, che "molte delle poesie sembrano più interessate all'equilibrio che alla mutabilità: quei momenti in cui forze di cambiamento in opposizione si accoppiano o si negano a vicenda. Bolle e goccioline, le quali dipendono da un perfetto equilibrio e pressione dell'aria interna e esterna che mantenga la loro tensione superficiale, portano molto del peso emblematico, comparendo letteralmente in una fontana o un getto di piscio, o quali metafore dell'esperienza fisica [...] Sono le stesse poesie che possono sentirsi come bolle - formali, delicate e tremanti di schiettezza - e sembra che Shapcott desideri fortemente raggiungere la trasparenza e la semplicità che tali metafore consentono".

‘The hardest part is staying in one place.’ leggiamo nel mezzo della poesia "The Bet": il senso del luogo, nessun senso del luogo e oltre il senso del luogo. "Place to be", per Nick Drake. A metà anni Novanta uscì un libro di Joshua Meyrowitz intitolato proprio Oltre il senso del luogo. In realtà il titolo inglese era No Sense of Place. Parlava di media elettronici e del loro impatto (anche se sarebbe più corretto parlare oggi della sindrome da "evitamento" da loro introdotta) nelle vite delle persone. Oggi tutto questo va rivisto, aggiornato, rianalizzato. Spesso il risarcimento della poesia può essere, come nel caso di Shapcott, il senso di uno o più luoghi, di riappropriazione e abbandono definitivo del senso del luogo/posto. A ben pensare, una poesia interessante accade quando ci informa pienamente di un posto, delle combinazioni tra posto sociale e posto reale e mentale. Quel che Shapcott è brava a fare, in molti di questi testi, è proprio questo.

Chiudo con la title-track e un video con una sua lettura.

DELLA MUTABILITÀ


Troppe delle cellule migliori del mio corpo
prudono, frastagliate, inacerbite
in questa gelida primavera. È il duemilaquattro
e non conosco un’anima che non si senta piccola
nella folla. Rasa a zero.
Abbassa gli occhi questi giorni e vedrai che i piedi
non si fidano del marciapiedi e le tue analisi del sangue
incupiscono il volto del dottore.

Alza lo sguardo e con la coda dell’occhio coglierai
eclissi, foglia d’oro, comete, angeli, lampadari,
raggiungili se vuoi, impara l’astrofisica, o
il canto folk, il sacrificio umano, la mortalità,
a volare, pescare, il sesso senza toccarsi troppo.
Ma non ti preoccupare, però, di andare altro che in cielo.



OF MUTABILITY


Too many of the best cells in my body
are itching, feeling jagged, turning raw
in this spring chill. It’s two thousand and four
and I don’t know a soul who doesn’t feel small
among the numbers. Razor small.
Look down these days to see your feet
mistrust the pavement and your blood tests
turn the doctor’s expression grave.

Look up to catch eclipses, gold leaf, comets,
angels, chandeliers, out of the corner of your eye,
join them if you like, learn astrophysics, or
learn folksong, human sacrifice, mortality,
flying, fishing, sex without touching much.
Don’t trouble, though, to head anywhere but the sky.

 

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