martedì 23 febbraio 2016

Un poilu per Lou: le lettere lenitive di Apollinaire a Louise de Coligny-Châtillon

Lettere a Lou. Ti amerò di un amore nuovo (L'Orma editore, pp. 128, euro 10, traduzione e cura di Lorenzo Flabbi) raccoglie alcune delle 220 missive che il poeta Guillaume Apollinaire scrisse a Louise de Coligny-Châtillon, tra le prime donne aviatrici e ispiratrice dei Poèmes à Lou. Qualche punto di riferimento: tardo settembre 1914, i due si incontrano una domenica a pranzo nella vecchia Nizza ed è subito amore. Terminano quel giorno in una fumeria d'oppio. Lei è una donna disinibita, divorziata, nuovamente impegnata e generosa con una pluralità di spasimanti beati. Per questi ha spesso la raccomandazione che non si facciano troppe illusioni e sotto certi aspetti anche il nostro, che è già poeta e critico affermato, non fa eccezione, anche se forse faticherà a comprenderlo per bene. Quando si incontrano la guerra tra la Francia e la Germania è iniziata da poco meno di due mesi e la contessa è infermiera volontaria in un ospedale da campo. Ha un anno di meno del suo nuovo amante. Il poeta invece, allo scoppio del conflitto, decide di affermare il proprio patriottismo e partire volontario a 34 anni. Assaggia così le diverse pastoie burocratiche dell'arruolamento che per lui, di origini polacche, non risulta nemmeno troppo agevole. Quando incontra Lou, il poeta dei calligrammi si trova in una fase sentimentalmente "scarica" ed è travolto da un sentimento tanto prepotente quanto irruento che tuttavia dalle trincee non gli impedirà di scrivere, nel momento in cui lei inizierà a mostrarsi scostante pur rimanendo nell'alveo dell'amicizia erotica, "Non voglio forzarti a far nulla, lo sai, nemmeno a farti amare". Il libro, proposto nell'originale e curiosa collana di libri imbustati e affrancabili chiamata "Pacchetti", si apre con una missiva inviata da Nizza lunedì 28 settembre 1914, giorno successivo al loro primo incontro, e si chiude con una lettera datata 18 gennaio 1916, nella quale Gui si congeda così:

[...]
Sono contento che tu sia contenta.
Abbraccia Toutou da parte mia.
Il tempo è abbastanza bello.
Scrivimi tue notizie.
Ti auguro begli amori e molta felicità.
Ecco, ci si abitua alla guerra, io ho partecipato alle botte da orbi della 194 vicino alla collina di Tahure.
Insomma, per ora me la cavo senza danni, e dopotutto non è mica male.
 
Il celebre calligramma per Lou
Questo frammento conclusivo dice già molto. Lei è contenta e pure il poeta non disdegna la vita in armi dopo diversi mesi di guerra. Toutou è l'uomo con cui Lou ha una relazione tra le più importanti della sua vita, fino alla morte di lui nel 1926. La storia tra Gui e Lou invece, all'altezza di questa lettera, è già finita da qualche mese. Apollinaire si mostra naturalmente geloso nelle lettere, per Toutou e per i molti amanti a cui Lou generosamente si concede, tuttavia non scorda mai Toutou, ha parole d'affetto anche per lui, si informa e lo fa partecipare a improbabili scene erotiche. Tutto l'epistolario è acceso dal ricordo dell'amore carnale sfrenato che Gui e Lou riescono a giocare negli isolati momenti che precedono l'arruolamento o durante le licenze, si sofferma sull'inevitabile autoerotismo (lo "smanacciarsi") che sono costretti a praticare quando si separano e il ricordo dei momenti dell'amore morde. Soprattutto la prima parte della corrispondenza è ricca di accenti fieri di sadismo. Apollinaire è inoltre un vero anatomista immaginifico sul corpo di Lou e forse non è un caso che sia stato tra i primi ad avvalersi di un'espressione come "chirurgia estetica". Nella lettera del 2 gennaio del 1915 compare anche Madeleine Pagès, l'insegnante che Apollinaire incontra nel treno che lo porta da Nizza a Marsiglia, dopo aver trascorso il capodanno con Lou. A Madeleine chiederà la mano nell'agosto del 1915, senza farne cenno a Louise, alla quale continuerà a scrivere lettere appassionate ma sempre più arrendevoli, fino all'ultima del gennaio 1916 ricordata sopra. Nella lettera a Lou definisce Madeleine "assez intelligente d'ailleurs et je crois honnête" (di Lou invece non mancherà di calcare il tratto della bugiardaggine). E se Nizza è la città del principio e assieme a Nîmes scenario di incontri felici, Marsiglia diventa lo sfondo del loro ultimo incontro di amanti, allorquando Lou ribadisce i principi della propria libertà ed esorta il poeta a sostituirla (e lui obbedisce scrivendole di averla sostituita con la foresta dell'Argonne). Da questo momento scriverle diventa lenire. In Apollinaire c'è la costante preoccupazione per la contentezza dell'amata, in un colloquio a distanza che si fa via via adombrato da incomprensioni, delusioni, slanci e ricadute, soprattutto dopo la Pasqua del 1915, che sancisce in un certo qual modo il loro allontanamento, la poca cenere di un amore che è già tutto bruciato. Da qui in avanti Lou diventa scostante, Apollinaire lascia spazio a descrizioni importanti della vita in guerra, delle budella delle trincee, delle uscite a cavallo, si lamenta della secchezza, della brevità o della rarità delle sue lettere. E così Marsiglia sta per la fine di questa storia d'amore tra le più note del Novecento, quasi una beffa per Apollinaire che odiava la città tanto da scrivere di essere disposto ad accettare tutto fuorché una relazione tra Lou e un marsigliese.

Con Madeleine Pagès, nel 1916
Agli epistolari dobbiamo molto, non banalmente perché ci introducono all'opera di un autore, al retroscena distinto dalla ribalta, al suo fantomatico "laboratorio" e ai periodi in cui accade una sorta di sprofondamento intimo, ma perché segnano lo scarto tra lo scrivere per tutti al quale uno scrittore, almeno in linea teorica, è vocato e lo scrivere a una persona soltanto. In questa fondamentale differenza c'è tutto il perimetro degli epistolari, finestre irregolari dove ci affacciamo per la nostra lettura voyeuristica. La fortuna delle raccolte di lettere, a livello editoriale, ha conosciuto momenti alterni che oscillano dai best-seller rilkiani alle lettere pubblicate dalle prestigiose e monumentali edizioni nazionali di letteratura, probabilmente ad uso e consumo degli addetti ai lavori soltanto. L'interesse di queste lettere, di cui esiste anche un'altra edizione proposta da Archinto nel 1999 col titolo Lou, mia regina, non è tanto nella parte sfrenata e carnale del ricordo ma più in là, quindi dopo la Pasqua del 1915, quando interviene il distacco e la fuoriuscita, forse il venir meno dell'amore (nella sua disarmante Cosa resta Piero Ciampi incomincia così: "Cosa resta di noi due? / Resta un'ombra che fugge nel mattino / e un bel viso nella testa. / È successo un fatto strano: / io ti amavo e non ti amo.")

Louise de Coligny-Châtillon
E l'epilogo? Louise visse a lungo, fino al 1963, mentre Apollinaire, che l'aveva scampata varie volte sotto il fuoco dei "crucchi", morì di influenza spagnola il 9 novembre 1918, a guerra ormai conclusa, dopo essersi comunque fatto trapanare nella testa. Questa la loro fine nel mondo in cui s'erano amati. Ma il loro ultimo incontro? Avvenne a Parigi, città dove Apollinaire disponeva di una dimora di cui anche Lou usufruì in sua assenza. Fu un incontro casuale e se lo immagina Lorenzo Flabbi nella sua nota intitolata Baci, lacrime, granate. Storia di un amore (la ricostruzione è possibile grazie a un comune amico dei nostri, André Rouveyre, e non grazie a delle lettere o ad altra documentazione intima)

"Si incontreranno un'ultima volta, per caso, nel 1917 o nel 1918, in place de l'Opéra a Parigi. Possiamo immaginarci la scena: i due appartati per pochi minuti sotto un grande portone giallo tra un gioielliere e un rivenditore di caffè, le diverse tensioni interne, i conseguenti silenzi imbarazzati di chi ha al contempo troppo da comunicare e nulla da dirsi, qualche rimprovero, un po' di delusione, forse della freddezza. Poi l'ultimo sguardo prima di tornare alle rispettive compagnie, quello di chi già sa che non si rivedrà più". 

6 commenti:

  1. Non sapevo dell'epistolario, pur avendo letto Apollinaire. Sembra davvero interessante. Sam.

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  2. Non lo so se è triste, mi pare un epilogo abbastanza normale e frequente. Se li ricorda i Sillabari di Parise? Dice che la poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Un poco come la vita e soprattutto come l'amore. In mezzo a questi discorsi Parise diceva anche che gli dispiaceva, ma è così.

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  3. E' così, dispiace, è così, e dispiace, ma è così. Discendenti si considerano certe poesie o certe lettere.

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  4. Se si sta su questa linea forse è riduttivo pensare solo a poesie e lettere.

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