Giovedì 2 maggio 2013
Osteria da Filo, Venezia, h. 18:00
Presentazione e reading di Erika Crosara (crocetta)
al basso e all'ukulele: Diego Crosara
alle percussioni: Gabriele Grotto
alle percussioni: Gabriele Grotto
info: portalepoesie@gmail.com
Erika Crosara è nata a Vicenza nel 1977. È laureata in
Conservazione dei beni culturali. Attualmente vive a Galleriano di Lestizza
(Udine). Le sue poesie sono presenti in alcune antologie (Dall’Adige all’Isonzo. Poeti
a Nord-Est, Fara Editore,
Rimini, 2008; Notturni di_versi. Crisi,
nuovadimensione, Portogruaro, 2010; Salvezza
e impegno, Fara Editore, Rimini, 2010; Ombre
come cosa salda. Il Purgatorio letto
dai poeti Canti X-XXVII, Il Ponte del Sale, Rovigo, 2011), su
riviste e blog letterari. Ius è il suo primo libro di poesia (Anterem Edizioni, Verona, 2010,
vincitore del Premio Lorenzo Montano nello stesso anno).
Ed ecco qui sotto alcune poesie da Ius, compresa una poesia di quattro versi, senza titolo, forse adatta a questa giornata diventata di scampagnate, grigliate e pic-nic, che restituisce il bel lavoro che Erika Crosara compie su sintassi e suono. Includo inoltre la poesia (l'inverno è rotto) che è stata pubblicata nel volume Ombre come cosa salda. Il Purgatorio letto dai poeti Canti X-XXVII (Il Ponte del Sale, Rovigo, 2011).
(kitchen)
I.
(faceva così) le braccia sott’acqua nei piatti del bisogno,
andava mettendosi in testa l’intera serie dei nascondini
felicissimi. non era l’opposto bislacco, ma
un’assurda terapia: un fiore, di tanto in tanto un frutto,
lasso (il suo cuore) quando vengono coi ritorni cantando.
II.
non dipendeva da lui se pure offriva, continue, le sue
sgraziature, se stare significava il lato corto. pare che si tratti
di un dettaglio altrimenti tecnico, che il meccanismo stesso
impedisca ogni ricorso al cui prodest: vaghe, vaghe notizie
circa il posto degli avanzi.
III.
pensava in ogni occasione al marchio dell’inizio, al
marchio della fine. pensava anche alla forma del piatto,
se la capacità della sua custodia fosse sufficiente, al
gioco della ruota: immondo, lindo… sbalordivano le
distanze, oltre i palmi, il modo di volgersi in processioni.
IV.
quel che si capiva era che di lì a poco avrebbero stornato
il corso, che l’immobilità giocava la sua regola di assoluto;
non così il dato reale. avrebbero toccato il massimo
dell’equilibrio solo quando uno avesse parlato e l’altro nel
contempo con le mani e l’acqua. avrebbero dunque toccato il cielo.
-
come casoni attraversati dalla campagna
visti con quattro occhi frontali che noi facciamo
la gita siamo i gitanti accaduti al pianeta potendo.
c'erano mattoni, pietre quadrate, gli arbusti.
-
(l’inverno è rotto)
1.
«sono tutti bravi quando aspettano nenie, mirini,
dolci forni delle feste. accorrono col fiore infilzato,
con occhi grandi come pavoni».
2.
«ah dice se il melo almeno cantasse invece di questa
soldataglia glabra che vedo passata sopra e acuta sui
ponti, e che viene nel mondo, nel porco, nel bisogno
del giorno. una mano energumena entra nel piatto,
la malaparata avanza e taglia dopo la corda persino
i confini, coi petali intorno».
3.
«le lodi rimbalzano fra cannule e strisce ventose,
netto e mondato cammina. c’è fresco sotto le instabili
mura, muore ogni discorso davanti al serraglio. oggi
che il campo è nudo e un falco si annuncia nelle cose
minori, nei laghetti, per strada».
cauda.
«perché la polvere arretra, a stento ti dice: non importa
l’inverno è rotto e tu stipi e ti rimetti».
Buonissimo consiglio. La trovo? Agnese
RispondiEliminaGrazie. Temo siano libri di difficile reperibilità quelli citati, Agnese. Forse si trovano quelli di Fara e Il Ponte del Sale.
RispondiEliminaUna bella scoperta
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