giovedì 12 luglio 2012

da "L'ora del tempo", di Giorgio Orelli, cinquant'anni più tardi

Una poesia da #8

Dopo i primi libri usciti in edizioni oggi difficilmente reperibili tra gli anni Quaranta e Cinquanta, Giorgio Orelli (ticinese di Airolo, nato nel 1921) pubblicò la plaquette Nel cerchio famigliare per Scheiwiller nel 1960 e nel 1962 L'ora del tempo per la collana "Lo Specchio - I poeti del nostro tempo" di Mondadori. Orelli è esponente luminoso di quella fila di poeti svizzeri di lingua italiana sempre più folta, che oggi ci regala anche interessantissimi esordi, come ad esempio Yari Bernasconi, recentemente ospitato su queste pagine. Nell'ultimo emistichio di secolo Orelli ha lasciato sulla propria scia libri importanti. Per la poesia basterà ricordare Spiracoli (1989) e l'indimenticabile - sin dal titolo - Il collo dell'anitra (Garzanti, 2001, forse si trova ancora qualche copia in circolazione). Per la critica, oltre a Il suono dei sospiri sul Petrarca volgare, credo sia normale nutrire una certa curiosità per La qualità del senso, fresco di stampa per l'editore Casagrande di Bellinzona, su Dante, Ariosto e Leopardi. Saggio, almeno il primo, di "lavoro sporco", continiano, sulla materia fonica anche grezza (quasi a cogliere un parallelismo tra quei bagliori minimi del suono e quelli visivi del piumaggio del collo di certi uccelli, come lo stesso Orelli ricordava in occasione de Il collo dell'anitra). Credo sia normale questa curiosità, dal momento che Orelli non è certo un autore prolifico. Già Zanzotto ricordava la scarsa frequenza del suo pubblicare ed è sufficiente dare una scorsa alla bibliografia di Orelli per accertare questo dato rilevato da un suo coetaneo. E proprio per questo motivo ha senso riprendere in mano, anche da questo spazio, la sua poesia, quella poesia che approdò ad una collana importante esattamente cinquant'anni or sono. Il vivere della poesia attraverso i decenni e i secoli è davvero problematico. Non è affatto scontato. Pensiamo a quel che è cambiato in questi cinquant'anni. Un mondo e una cultura che sostanziavano quella scrittura sono naufragati. Eppure, nella poesia di Orelli, sembra che i giorni si tengano per mano fino all'oggi e abbiano pure una mano protesa anche al domani. Non è tanto una questione di intramontabilità della grande poesia, non soltanto questo almeno. Appare più come una questione di resistenza, di apertura al dialogo con i presenti che seguono l'atto della scrittura, un rinnovamento. Insomma, quasi una palingenesi della poesia stessa, senza per forza dover scomodare l'estetica eliotiana de Il bosco sacro.


(Scelta del testo più difficile del solito, stavolta. Paese, Assenza, Colgo questo paese: tutte poesie che avrei riportato volentieri. Poi oggi mi è capitato di parlare con un appassionato di pesca a mosca di quei particolari insetti che si possono contemplare nei/sui torrenti, quei tricotteri, plecotteri, effimere che depongono le uova vicino alle rocce immerse in acqua per poi spiccare un volo incerto dopo la schiusa. Allora, anche per questo ritornare di insetti e acqua, la scelta è alla fine caduta sulla poesia seguente).












IL LAGO




La biglia azzurra, la biglia turchese.


Orsola ha fabbricato il suo paese
di ferro arrugginito sulla riva
dove gli alberi stirano le tenaci radici
e baccelli di morte primavere
non si sfanno.


Non delirio: una quiete
che mi concede di lanciare un ciottolo
con più forza di te, 
e sedermi, scrutare le tue scarpe
troppo presto levate,
se ancora non c'è verde che le accolga,
e come ammonitrici.
                                       Tonfano le campane
da un pianeta. L'insetto caduto
nel tuo grembo s'accende di barbagli
azzurri, l'ingombra
d'esilissime zampe.
Cresce in cielo l'azzurro che viene
dal Nord, dai miei paesi. Ed un battello
desta (sempre?) un subbuglio stralunato
di nascosti tacchini.
Corri, e la gonna rosa
stendi come a raccogliere
le prime onde. Io ti guardo da prua.

1 commento:

  1. Che bella poesia... certi suoni a volte ritornano nel giro di pochi versi e poi quasi scompaiono. Bella! Elisa

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