Visualizzazione post con etichetta Azzurra D'Agostino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Azzurra D'Agostino. Mostra tutti i post

domenica 6 dicembre 2015

"Quando piove ho visto le rane" di Azzurra D'Agostino

Il premio Ciampi Valigie Rosse è stato assegnato quest'anno ad Azzurra D'Agostino. Tale premio, nel suo enunciarsi, mi pare onesto o quantomeno schietto, nel senso che in un panorama di premi letterari che affermano di non essere "premi alla carriera" quando di fatto lo sono eccome, è benvenuto un premio che afferma invece di esserlo, uscendo dal risibile coro con una simile, stonata dichiarazione. Molti altri premi non perdono occasione per palesare l'esatto contrario delle loro affermazioni, statuti e bandi, premiando sempre più spesso un nome (ovvero un cognome), più o meno affermato, e sempre meno l'opera. L'opera, cara opera, sia benedetta l'opera! Non sarebbe male in certi premi di poesia sottoporre alle giurie i testi in forma di "blind test", cioè "blind reading", nascondendo il nome dell'autore. Questo premio livornese, intitolato al grande cantautore, si pone quasi in modo simpaticamente sfacciato, come una sorta di premio alla carriera, mentre va a premiare chi di fatto una carriera vera e propria non la può vantare, anche per ragioni anagrafiche, ma soprattutto ontologiche, e trasformandosi quindi in una sorta di investimento e scommessa, in un attestato di stima anche o in un certo riconoscimento di carisma. (Sia detto per inciso che nulla fa più a cazzotti con la poesia che qualsiasi concetto di "carriera", e tutto ciò era ben chiaro prima dei poeti laureati che si muovono soltanto tra le piante dai nomi poco usati, mentre il "carisma" c'entra eccome con la poesia, o per meglio dire coi poeti, e allora bisognerebbe indagare il rapporto carisma-opera, se c'è.) Per questo dico che mi pare onesto, nel modo in cui si prende beffa di certi detestabili tic della Res Publica Litterarum. E se è un premio che nasce da un "pre-giudizio" non sarà questo gran problema. L'editoria interessante a me pare la terra fertile di un certo pre-giudizio e come tale si è consolidata nel Novecento. In poesia poi il pregiudizio funziona ancor più alla grande e non scrivo questo con piglio polemico. Oddio, un po' sì mi scoccia, se il pre-giudizio guarda al nome, ma anche no, se il pre-giudizio guarda finalmente all'opera. Ma non ha senso divagare troppo, altrimenti sarebbe bene anche fare qualche nome di poeta, autore in passato di libri importanti e oggi di libri assai meno interessanti, e finito ora a godere di poco salutari rendite di posizione (nei premi, nelle partecipazioni, nelle azioni di indirizzo editoriale). Non sto scrivendo di questo, ma di un peculiare libro di Azzurra D'Agostino e di ciò che questo libro, paratesti e apparati compresi, ha mosso in meBen venga la limpidezza di affermazioni come quella del premio Ciampi, almeno le premesse sono chiare a tutti e poi, per chi lo desidera, ci sono sempre l'argomentazione e il confronto, che sono sempre due belle cose, sebbene poco gettonate nell'epoca del "mi piace" compulsivo e del commento onnipotente.

Azzurra D'Agostino non è più un'emergente per chi si interessa di poesia o di eventi che riguardano la poesia, la musica e il paesaggio (ma poi, da cosa si emerge?). Il fatto è che nel caso del premio Ciampi non si tratta di premiare chi ha convinto soltanto con la propria poesia. Tale riconoscimento, comprendente oltre alla sezione di poesia italiana diretta da Paolo Maccari una sezione dedicata alla poesia straniera (altro elemento di distacco dalla pletora di altri premi), infatti "non individua, cioè, delle voci esordienti, ma certifica un timbro convincente ed una personalità rilevante, sia nell'ambito della propria produzione, sia nell'organizzazione e promozione culturale. L'intento della collana, nel tempo, è quello di tracciare una possibile mappatura della poesia italiana contemporanea, attraversando ambienti e modalità differenti, riunite nel segno di una stabile qualità." Insomma, il premio come "ente certificatore", un'affermazione quasi supponente eppure necessaria oggi, o quantomeno preferibile (anche questa) a certe affermazioni ispirate a un ecumenismo da quattro soldi oppure a un autoriconoscimento in un solco mainstream che di fatto non esiste, né dal punto di vista concettuale-estetico né da quello economico. Il poeta che premia Valigie Rosse non è allora una pop star e nemmeno un pop corn. Azzurra D'Agostino dedica al poeta la poesia di undici versi intitolata "Il poeta non è una panchina", tutta al negativo, con sole due frasi affermative, racchiuse negli ultimi due versi: "Il poeta si vede poco, sempre da distante. / Scantona dalla strada e non è rassicurante."

Queste, circa, le premesse. Ma veniamo al libro verde-rana che dal premio di quest'anno nasce. Quando piove ho visto le rane (pp. 48, euro 13, illustrazioni di Giga, tiratura in 400 copie numerate) si propone come piccolo volume dedicato anche ai bambini. E qui vi voglio. Intendo dire o, meglio, intendo chiedere: chi decide quando una poesia è per bambini e quando no? Per sua stessa costituzione e storia la poesia è forse il genere letterario più attiguo all'infanzia, serbatoio immaginifico dal quale continuamente attinge. La cosiddetta "letteratura per l'infanzia" potrebbe sganciare come un sacchetto di una mongolfiera la precisazione "per l'infanzia" e librarsi a "letteratura" e basta. Che cosa trasforma un libro in un libro anche o "solo" per i bambini di tutte le età? Forse il parlare di "perimetro delle nuvole" e di "area del cuore", come nella poesia proemiale? Non credo, tanto più che certi bambini non padroneggiano i concetti di perimetro o area di una superficie fino agli ultimi anni delle elementari. E allora che cosa fa la differenza? E che cosa rende un'opera dell'ingegno in generale un'opera per tutte le età? Non sono questioni da poco, anzi, e investono tutto il nostro modo di porci e relazionarci con certe sovrastrutture che ci portiamo dietro, per comodità, per pigrizia, per corazza. Allo stesso tempo come evitare di incappare negli errori e nei travisamenti che il dirsi "ora scrivo anche per i bambini" può portare con sé? (Mi torna in mente, ad esempio, l'insegnante delle superiori che ci invitava a leggere Il fu Mattia Pascal entro la maggiore età, altrimenti l'avremmo depotenziato leggendolo da "adulti".)

Insomma, questi ragionamenti non sono facili, sono pieni di trappole e tagliole e davvero il passo è breve per iniziare a parlare, volenti o nolenti, di sociologia della letteratura o sociologia dei consumi culturali. Bisogna vedere se ora come ora ci interessa (il libro di Azzurra D'Agostino è comunque un dito puntato anche in questa direzione e per questo sta bene accennarne e sta bene leggerlo). E prendete ad esempio lo stesso titolo del libro: "Quando piove ho visto le rane" potrebbe essere la classica frase segnata con due energici tratti rossi di penna da qualsiasi insegnante, così irrispettosa di qualsiasi costruzione temporale. Eppure la poesia è nel presente di quel "piove", non altrove:

Quando piove ho visto le rane
uscire a bere da sotto le foglie
gli alberi cambiare colore
e la terra riempirsi di cielo.
Quando piove il tempo sguazza
tra i gorghi cantando i minuti
con il plic-plic della grondaia.
Quando piove
i vetri sanno disegnare
e nessuno è solo tra le gocce.  

La poesia sopra riportata è un caso singolare, in un libro che fa ampio ricorso alla rima. Sicuramente il lessico è semplificato, essenziale: di qui passa allora quell'affermare che è una poesia per bambini di tutte le età? Forse, è già qualcosa, ma non solo. C'entra il ricorso all'onomatopea? Sicuramente quello ci ricorderà Gianni Rodari o altre filastrocche. La gran presenza di animali? Certo, anche questo è un fattore che ci spinge a pensare ai bambini e allora accogliamo gatti, rane, topini, lucciola, ape, cicale, ragni, pesci o un merlo (un bell'omaggio a Piero Ciampi, fra l'altro). Ma non basta. A me di questo libro, oltre alle poesie, interessava capire meglio il rapporto tra il suo sguardo e l'affermare/pensare di essere un libro per bambini. In questo è stato in grado di mettermi non poche difficoltà. Se un libro mi mette in difficoltà diventa quasi automaticamente interessante.

C’erano le foglie e ancora ci sono
e il vento a portarle e gli occhi a guardarle
c’era la pioggia la neve e la brina
c’era la notte e la mattina
c’era il mondo quasi tutto intero
mancava solo un pezzetto
io, che ancora non c’ero.

Questa era Prima. Mi fermo, in fondo è un libro di sole 48 pagine. Un plauso va alla nota di Paolo Maccari: non era facile scrivere una nota utile a un libro che contiene appena 14 poesie. Ci è riuscito, segno che le idee erano e sono chiare.

martedì 28 luglio 2015

"L'importanza di essere piccoli - rassegna di poesia e musica nei borghi dell'Appennino". V edizione dal 3 al 6 agosto


di seguito il comunicato stampa

 L'importanza di essere piccoli
rassegna di poesia e musica nei borghi dell'appennino
V edizione dal 3 al 6 agosto
un progetto associazione arci “SassiScritti”
LA POESIA CARICA DI MONDO
riabitare il luoghi marginali con la poesia e la musica

con
CRISTINA DONA', ELISA BIAGINI, DIODATO, EMILIO RENTOCCHINI, FRANCESCO DI BELLA, GUIDO CATALANO, DELLERA, ANDREA LONGEGA, ANNALISA TEODORANI

L'importanza di essere piccoli è un festival di poesia e musica nato nel 2011 da un'idea di Azzurra D'Agostino e Daria Balducelli che hanno creduto di poter riabitare “poeticamente” il paesaggio allacciando una relazione autentica con chi lo cura e vi dimora. La complicità che nasce tra i musicisti, i poeti e i cittadini, l'affluenza di un pubblico eterogeneo e vivace che proviene da tutt'Italia, sono tra i punti di forza di una rassegna “minuta” che dal 3 al 6 agosto ritorna nelle valli, nelle pievi, nei castelli, nei borghi dell'Appennino tosco-emiliano con un passo volutamente più lento di quello preteso dal mondo odierno. Questo legame con le storie e i luoghi ‘minori’ è rafforzato dal gemellaggio che quest'anno lega L'importanza di essere piccoli a due storici festival che arrivano da lontano sia spazialmente che temporalmente: inizia infatti un colloquio per consonanza di intenti, poetiche e modi con l’XI edizione del CABUDANNE DE SOS POETAS, festival di poesia che si svolge a Seneghe, provincia di Oristano in Sardegna, e con la XXII edizione del festival STAZIONE DI TOPOLÒ/POSTAJA TOPOLOVE, in provincia di Udine, al confine con la Slovenia. Questi tre festival, sparsi per l’Italia e diversi per linguaggi e paesaggi, hanno sentito un’aria comune che li ha portati a dialogare sia per quanto riguarda le scelte artistiche che sostenendosi nella promozione, partendo dal presupposto che la marginalità è la ricchezza che più li caratterizza.
 

Ecco allora che le parole di Paul Celan, scelte quest'anno come effige del festival, diventano ancor più palpitanti e mormorano l'immagine di una chiocciola, carica della sua misteriosa casa/mondo: uno sbucare timido e tenace, come quello che il festival continua a fare da cinque anni.

Cristina Donà, Elisa Biagini, Diodato, Emilio Rentocchini, Francesco Di Bella, Guido Catalano, Dellera, Andrea Longega, Annalisa Teodorani si incontreranno per la prima volta durante il festival e saranno ospitati nel castello neogotico Manservisi di Castelluccio di Porretta Terme, sugli assolati campi del circolo culturale ippico Scaialbengo a Castel di Casio, presso l'antica Pieve della Rocca di Roffeno (Vergato) raccolta in un silenzioso paesaggio montano e nell'intimità del borgo di Castagno di Piteccio (Pistoia) che incontra la linea transappenninca della Porrettana.

Tutti gli eventi sono a ingresso libero e in caso di pioggia si svolgeranno ugualmente nei luoghi indicati.

INFO 

 
www.sassiscritti.wordpress.com sassiscritti@gmail.com
fb: SassiScritt L'importanzaDiEsserePiccoli
mob: 349 5311807 | 349 3690407

ufficio stampa SassiScritti: Daria Balducelli mob. 349 3690407; d.balducelli@gmail.com

PROGRAMMA

3 agosto
Castello Manservisi, Castelluccio di Porretta Terme (BO)
h.21
ELISA BIAGINI (lettura/incontro)
CRISTINA DONA' (live acustico)

4 agosto
“Scaialbengo” centro culturale ippico, Castel di Casio (BO)
h.21
GUIDO CATALANO (lettura/incontro)
FRANCESCO DI BELLA (live acustico)

5 agosto
Castagno di Piteccio (PT)
h.21
A. LONGEGA e A. TEODORANI (lettura incontro)
DELLERA (live acustico)

6 agosto
Pieve della Rocca di Roffeno, Vergato (BO)
h.21
EMILIO RENTOCCHINI (lettura/incontro)
DIODATO (live acustico)

L’IMPORTANZA DI ESSERE PICCOLI – V edizione
poesia e musica nei borghi dell’Appennino tosco-emiliano


con il sostegno di
Regione Emilia Romagna, Distretti Culturali. Bologna città metropolitana, Comune di Castel di Casio, Comune di Pistoia, Comune di Porretta Terme, Comune di Vergato, Arci Bologna.

con il contributo di
Fondazione del Monte, Banca di Credito Cooperativo Alto Reno, Helvetia Thermal SPA Hotel

con la collaborazione di
ASSOCIAZIONE “AMICI DELL’ ANTICA PIEVE” , Associazione CASTELLO MANSERVISI, PRO LOCO DI CASTAGNO, SCAIALBENGO CENTRO CULTURALE IPPICO di Castel di Casio, LIBRERIA L’ARCOBALENO di Porretta Terme GELATERIA LA BARACCHINA di Porretta Terme CENTRO TURISTICO LA PROSSIMA di Castel di Casio, F.LLI TOVOLI Chiostro sul Lago di Suviana LIBRERIA LO SPAZIO DI VIA DELL'OSPIZIO di Pistoia

 

venerdì 6 marzo 2015

"Stanze di confine" di Emilio Rentocchini

Nel 2014 la casa editrice modenese Il Fiorino ha proposto il nuovo libro di poesia di Emilio Rentocchini (e ringrazio anche da qui Azzurra D'Agostino per la segnalazione, poiché non mi ero proprio accorto di quest'uscita). Il titolo è Stanze di confine (pp. 96, con una nota di Paolo Donini, prezzo invitante di euro 7) e nel caso di un poeta che ha consacrato all'ottava il proprio versificare verrebbe quasi da pensare a un'accezione metapoetica della parola "stanza", ovvero come a una porzione di un poema più grande, oppure a strofa, parte, gruppo di versi. A ben vedere le ottave di Rentocchini sono anche questo, parte di un lungo poema (ontologicamente un sabiano canzoniere?) che gemma sicuramente da una vita, nonostante un esordio che per le abitudini attuali potremmo definire "tardivo" (ma siano benedetti anche gli esordi tardivi in un tempo dove le generazioni dei "nati negli anni X o Y" sono trattate come pezzi di macelleria per poter vendere meglio il quarto pregiato e anche lo scarto). Per raccogliere un'impressione unitaria e forte della sua produzione ci auguriamo di veder raccolte prima o poi in un corpo unico tutte le ottave. L'ottava è uno schema metrico, visivo e finanche gnoseologico a cui Rentocchini ha prestato una lunghissima fedeltà, tanto che il libro verdolino di Garzanti del 2001 si intitolava semplicemente Ottave (e prima ancora c'era stato Otèvi), uno schema"tradito" nel caso del libro Del perfetto amore uscito per Donzelli nel 2008 (ma lì erano sonetti ed erano in italiano) e prima ancora c'erano stati i calibrati intervalli di ottave e prose di Giorni in prova (sempre Donzelli, 2005).

Che Rentocchini sia un grande poeta, uno dei più affascinanti da percorrere, è qualcosa che persone preparate hanno sostenuto con vigore in modo convincente. Che poi il suo libro esca con una casa editrice non molto nota nello stivale nazionale non deve impensierire nessuno, anzi forse dovrebbe rallegrarci viste le condizioni di trascuratezza in cui gravano le collane di poesia rimaste, quelle che hanno la cosiddetta heritage dalla loro parte (non gliel'ha ordinato il dottore di "tirare avanti", come l'impostazione di base che denunciano spesso lascia pensare). Affronto tangenzialmente simili discorsi perché a volte il problema della circolazione/distribuzione è un falso problema: Stanze di confine ad esempio si trova, si può comprare e ordinare in più modi ed è un oggetto-libro molto più bello di altri suoi simili che escono per certe collane che sopravvivono del riflesso del loro blasone, adoperano carte pessime e tengono altro il prezzo ("tanto il prezzo non conta in poesia", dicono i direttori, dimostrandosi così dei pessimi venditori poiché che il prezzo conta assieme ad altre variabili). 

La sorpresa di ogni ottava non è naturalmente solo un fattore di lingua. Di certo molto si alimenta a partire da quel dialetto sassolese che da decenni lo accompagna e pure nello schema rimico ABABABCC, un'incastonatura che a volte scocca come quel tremore procurato da un orologio a cucù non avvistato e che fruttuosamente tiene in scacco il lettore. La sua poesia regge e sorregge benissimo il lettore tanto in dialetto (per chi riesce ad avvicinarlo) quanto nelle varianti in italiano, tanto che procedendo nella partitura di quest'opera non di rado mi sono tornati in mente certi dibattiti, forse soltanto sopiti per ora, su poesia dialettale e autotraduzione, le punte di una discussione che partendo da Pasolini ha stimolato Gian Mario Villalta, Gianni D'Elia, Fabio Zinelli e un altro grande e affascinante neodialettale dell'area emiliano-romagnola, Giovanni Nadiani (Rentocchini fra l'altro aveva esordito all'inizio dei Novanta sulla rivista "Lengua" dei vari D'Elia, Migliori, Lolini, Roversi ecc.). Prendiamo ad esempio questa ottava, operando un piccolo carotaggio dal libro in questione:

51

In l’ànma di narcìs a gh’è al bèl gèst,
na mort come rinuncia e la spervèrsa
nostalgia ‘d sè riflèsa in al sô incèst:
l’ešélli a se sta sòuvra, al s’atravèrsa
e s’as trascura sèinsa dèrs al rèst,
patria dla nostra stèssa chèrna arvèrsa.
Méi i can chi péssn ai tròunch ed l’indistìnt
e i’s tósen da cunfìn. M’al sél l’è incìnt.

Nell’animo dei narcisi c’è il bel gesto,
una morte come rinuncia e la perversa
nostalgia di sé riflessa nell’incesto:
l’esilio ci sovrasta, ci attraversa
e ci trascura senza darci il resto,
patria della nostra carne rovesciata.
Meglio i cani che pisciano ai tronchi dell’indistinto
ponendosi a confine. Ma il cielo è incinto.


Stanze di confine raccoglie 80 ottave. (Sia detto per inciso della curiosa vicinanza del titolo a quello scelto da un'altra grande autrice dialettale del nostro tempo, Ida Vallerugo, che ha pubblicato Stanza di confine per Crocetti.) Rentocchini lavora a multipli non solo nei versi, ma persino nell'osservare e nel suo aderire alle superfici sguardate. Talvolta appare lontano da tutti i punti del vivente e allo stesso tempo come divorato da questi: che sia la sola e vera solitudine questa? Non lo so. So che leggendo queste ottave ci si libera catarticamente del futuro, e non perché la proiezione sia verso un passato (niente di più sbagliato sarebbe credere in questo), ma perché il futuro è assente in quanto falso, falsificato da qualsiasi nostra proiezione. Siamo un po' tutti ammalati di futuro, no? E se la vita è molto di più "al passato", come voleva Marguerite Yourcenar quando parlava dell'amore del passato e di come pensiamo a questo nel presente ("Quand on parle de l'amour du passé, il faut faire attention, c'est de l'amour de la vie qu'il s'agit ; la vie est beaucoup plus au passé qu'au présent. Le présent est un moment toujours court et cela même lorsque sa plénitude le fait paraître éternel"), le ottave di Rentocchini sbocciano da accumuli di sguardo che si colorano di inusitati e a volte persino gaiamente inconsulti riflessi. Sono strati multipli di pensiero, o di immagini ginniche rivisitate come questo camminare sulle mani che chiude l'ottava n. 42:

A dmandi ed fènd as pol rispènder sòul
con frèsi ed sfrus. Eh, piò as sfurdìga piò
l’elàstigh dla memoria al ciàpa al vòul
e as mètt in testa d’èser -guèrda un po’-
casadòur ed futùr. Ma nòt col sòul
l’è quèll ch’i stròlghen i òc in al falò
ch’as ród. L’òrba, padròuna dl’aria, l’an
gh’ha prèsia. E nuètr andèmm sul nostri man.

A domande di fondo si può rispondere solo
con frasi di frodo. Eh, più si fruga più
l’elastico della memoria prende il volo
e ci mette in testa di essere -guarda un po’-
cacciatori di futuro. Ma notte col sole
è ciò che intuiscono gli occhi dentro al falò
che ci rode. La tenebra, padrona dell’aria, non
ha fretta. E noi camminiamo sulle nostre mani.


Il sassolese sembra calcare soprattutto su un triangolo vocalico intermedio, dove - a me che non lo so e non lo parlo, ma che leggendolo un po' mi pare di sentirlo - si insiste su segmenti di "e" e "o", poi di "i" certamente, mentre la massima apertura e la massima chiusura di "a" e "u" non sono centrali nella fonazione. Il sassolese sembra anche calcare, nel senso di residuo bianco di un'acqua che scorreva dolce, nonostante una certa durezza fonetica, da Rentocchini addomesticata nelle rime, negli incisi, nel passo dei periodi e in ultima analisi nell'ottava stessa. Con questa lingua, che immagino assai diversa dal dialetto che ancora si parla in quell'area, Rentocchini compie degli affondi di pensiero piantando i piedi nella forma dell'ottava, bruciando di meditazioni sorprendenti che prendono l'ossigeno dalla superficie della materia che tratta, sia essa visiva, uditiva, tattile o persino invisibile e soltanto immaginata. Da più parti, riferite a lui, leggiamo formule come "uno dei più interessanti/importanti poeti dialettali" o "uno dei più interessanti/importanti poeti italiani tout court". Queste formule, spesso applicate anche ai giovani, mi stancano tantissimo. Le ottave di Rentocchini si possono solo leggere e meditare, ritoccare nel nostro pensiero, lasciarle precipitare nel vuoto provvisorio che creano talvolta sotto i piedi. La sua lingua-idioletto è una creatura che esplora, ed è come se la traduzione italiana delle sue poesie arrivasse da qualche parte solo perché prima c'è stata la lavorazione manuale del dialetto. E mi congedo con la terzultima ottava di Stanze di confine e con un video dove Rentocchini legge l'ottava n. 5 di questo libro: è bene ascoltare un'ottava e una traduzione.

Un: ogni presèint l’è spietê compiànt
dal tèimp; dû: al tèimp na scusa, un tragatèin
per šrasèr via al presèint; trî: incô n’impiànt
méss sò un po’ acsè; quàter: du figadèin,
tèimp e presèint, ch’i dvèinten man e guant
sòul l’ùltem dè; sinch: òurden e casèin
i’s scùsn un con ch’l’èter; sê: an è mai tèrd
o abàsta prèst in stê bicér ch’al pèrd.

Uno: ogni presente è spietata commemorazione
del tempo; due: il tempo una scusa, un trucchetto
per scacciare il presente; tre: l’oggi un impianto
montato malamente; quattro: due aggeggi,
tempo e presente, che divengono mano e guanto
solo l’ultimo giorno; cinque: precisione e confusione
si giustificano a vicenda; sei: non è mai tardi
o abbastanza presto in questo bicchiere che perde.


martedì 15 luglio 2014

"L'importanza di essere piccoli". Poesia e musica nei borghi dell'Appennino bolognese dal 5 al 9 agosto 2014



Per il quarto anno, dal 5 al 9 agosto, torna “l'importanza di essere piccoli” un festival in cui musicisti e poeti si incontrano riabitando i borghi, i cortili, i sentieri e le radure dei boschi.
La bellezza ruvida dei paesaggi che fanno da sfondo agli incontri e ai concerti è la materia viva del festival che da alcuni anni rende possibile, insieme agli artisti e agli abitanti dei paesi, la parabola della poesia, il suo fremito. I versi oracolari tratti dal poemetto di Amelia Rosselli ‘Libellula, panegirico della libertà’, hanno suggerito l’immagine, emblema di grazia e gravità, un lapsus poetico che nel suo librarsi bilancia le ali e si dona allo sguardo.


io amo più forse,
le colline e le fresche brezze e le verdescuro
pinete, che i giganti passi dell'uomo
a. rosselli


IL PROGRAMMA

5 agosto – “Scaialbengo” centro culturale ippico, Castel di Casio ore 21
DINA BASSO, YARI BERNASCONI, ALBERTO CELLOTTO (letture)
ROBERTO ANGELINI (live acustico)

6 agosto – Molino del Pallone, Granaglione ore 21
LUIGI SOCCI (lettura/incontro)
DAVIDE TOFFOLO (concerto/spettacolo Graphic Novel is Dead)

7 agosto – Pieve della Rocca di Rofeno, Vergato ore 21
MARIO BENEDETTI (lettura/incontro)
RICCARDO SINIGALLIA (concerto)

8 agosto – Capugnano, Porretta Terme ore 21
FABIO PUSTERLA (lettura/incontro)
PEPPE VOLTARELLI (live acustico)

9 agosto – Castagno, Pistoia ore 21
LIVIA CHANDRA CANDIANI (lettura incontro)
MARA REDEGHIERI (concerto progetto Dio Valzer)

Tutti gli eventi sono a ingresso libero e in caso di pioggia si svolgeranno ugualmente nei luoghi indicati.

INFO
www.sassiscritti.wordpress.com
sassiscritti@gmail.com
fb: L'importanzaDiEsserePiccoli
mob: 349 5311807 | 349 3690407
Come raggiungere i borghi:
http://sassiscritti.wordpress.com/come-arrivare/

“L'importanza di essere piccoli” è organizzato dall'associazione culturale SassiScritti Circolo Arci di Porretta Terme (Bo) con la direzione artistica di Azzurra D’Agostino e Daria Balducelli

con il sostegno di
Regione Emilia Romagna, Provincia di Bologna, Comune di Castel di Casio, Comune di Granaglione, Comune di Pistoia, Comune di Porretta Terme, Comune di Vergato, Arci Bologna, Pro Helvetia Fondazione svizzera per la cultura.

con il contributo di
Fondazione del Monte, Banca di Credito Cooperativo Alto Reno, Banca di Imola filiale di Porretta Terme, Gelati Sammontana, Helvetia Thermal SPA Hotel

con la collaborazione di
Associazione “Amici dell’ antica pieve”, Associazione parrocchiale “Beata Vergine della neve” Pro loco di Capugnano, Circolo ricreativo Arci di Piteccio , Pro loco di Castagno, “Scaialbengo centro culturale ippico” di Castel di Casio, Pro loco Molino del Pallone, Libreria l’Arcobaleno di Porretta Terme, Centro turistico La Prossima di Castel di Casio, Arci Pistoia e circolo Arci Sperone, Libreria Lo Spazio di via dell'Ospizio di Pistoia, Anonima impressori di Bologna, The Califfo Pub di Porretta Terme, La Baracchina f.lli Tovoli lago di Suviana, Gelateria La Baracchina di Porretta Terme.

martedì 6 maggio 2014

A Cesenatico il 14 giugno staffetta 4x4 voci e una serata di poesia in omaggio a Nino Pedretti


Sabato 14 giugno ore 21.00
Giardino di Casa Moretti, Cesenatico (FC)


Librobreve: staffetta a più voci.
Serata in omaggio a Nino Pedretti
Letture di Nicoletta Bidoia, Alberto Cellotto, 

Una staffetta è una corsa, una sciata o una nuotata che si porta a termine con altri, spesso proprio in quattro, quattro come le voci che ho radunato per questa serata, su invito di Manuela Ricci di Casa Moretti.
L’ho pensata quindi come una staffetta circolare: ogni poeta è invitato a presentare il poeta che verrà poi, fino a quando il penultimo poeta-frazionista presenterà a sua volta il primo presentatore, il quale correrà come ultimo poeta-frazionista. Correrà o nuoterà per arrivare a chiudere una sorta di cerchio, per tagliare un traguardo che in realtà non sta in nessun luogo preciso. Come la poesia, forse.
Ho scelto la formula della staffetta nel momento in cui mi è stato chiesto di leggere cose mie e di essere pure il presentatore: non mi piaceva l’idea di presentare tutti i poeti e di leggere infine dei miei testi. Per questo motivo ho pensato a una staffetta, a uno sforzo condiviso, dove ognuno è lettore ma anche presentatore. Come compagni di corsa e nuotata ho chiamato poeti che sento vicini e che stanno scrivendo cose nuove. Mi auguro che le corse e le bracciate delle poesie lette assieme creino un bel movimento d’aria o moti ondosi.
Vorrei dedicare la serata a Nino Pedretti. Galeotto fu un suo libro, Al vòuşi, ospitato su “Librobreve”, questo spazio nella rete dove è nato il contatto con Manuela Ricci e Casa Moretti, che ora si concretizza in una serata vera tra versi e amici. 


La tradizionale rassegna estiva "La serenata delle zanzare" di Casa Moretti avrà inizio domenica 1 giugno. Ecco qui sotto gli altri appuntamenti (in caso di brutto tempo questi avranno luogo nel Teatro comunale adiacente a Casa Moretti).


 

Domenica 1 giugno ore 18.00 - Giardino di Casa Moretti
Parole matte nel giardino del poeta...
Spettacolo per bambini con 
CHIARA CARMINATI e GIOVANNA PEZZETTA

Domenica 29 giugno ore 18.30
Ma «io non ho niente da dire»: grado zero, afasie, silenzi della poesia del Novecento
letture di SILVIO CASTIGLIONI
in occasione dell’inaugurazione della mostra

Sabato 5 luglio ore 21.00 Giardino di Casa Moretti
Minute poetiche di Calligraphie
reading di ROBERTA BERTOZZI e FABIO ORRICO

domenica 6 aprile 2014

Azzurra D'Agostino a Treviso a Ca' dei Ricchi per "TRAversi 2"












Giovedì 10 aprile 2014 alle ore 21
Ca' dei Ricchi, via Barberia 25, Treviso
Rassegna di poesia "TRAversi 2" - a cura di Marco Scarpa
con Azzurra D'Agostino


Torna TRAversi 2 a cura di Marco Scarpa ed è festa, visto che arriva un'amica che ha qualcosa da dire e sa farsi ascoltare. Questo lo dico se dopo questi anni di Librobreve un po' vi fidate di me. Se non vi fidate di me, fidatevi di Marco Scarpa che non sbaglia quasi mai un colpo quando sceglie i poeti da invitare. Se non vi fidate né di me né di Marco Scarpa allora potete sempre cercare in rete, ritornare a questo post che dedicai ai suoi Canti di un luogo abbandonato oppure visitare il sito di questo progetto a questo indirizzo. Insomma, vedete voi. Credo valga la pena uscire e raggiungere questo appuntamento giovedì 10 aprile a Treviso.


Azzurra D’Agostino ha pubblicato le raccolte poetiche 'Versi dell'abitare' in XI Quaderno di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2012), 'D'aria sottile' (Transeuropa, 2011- Finalista Premio Viareggio), Con ordine (Lietocolle, 2005) e D’in nci’un là (I Quaderni del Battello Ebbro, 2003). Suoi racconti e interventi critici sono stati pubblicati su varie riviste e antologie (tra cui «Nuovi Argomenti» vol. 51, 2010 - Mondadori, Almanacco dello specchio 2009 - Mondadori, Bloggirls - Mondadori, Best off 2006 - minimum fax). Il suo ultimo libro, 'Canti di un luogo abbandonato', è un poemetto autoprodotto presso la stamperia d'arte Anonima Impressori di Bologna.

venerdì 20 settembre 2013

da "Canti di un luogo abbandonato" di Azzurra D'Agostino

Una poesia da #22

"Chi lascia solo chi? A cosa somiglia la vita sulla terra?" si chiede Azzurra D'Agostino ad un punto ben preciso di questi Canti di un luogo abbandonato, poesia-progetto, radicale richiamo avvertito da chi scrive nei confronti dei luoghi. Luoghi-dèi, lieux-dieux, come vuole Yves Bonnefoy? "Ma questi piccoli boschi ci sembrano sempre abitati, non fosse che da un'assenza" è una delle epigrafi del volume, presa in prestito da un altro poeta del genius loci o deus loci, Philippe Jaccottet. Una lettura importante, che consiglio senza troppo aggiungere o indugiare. Un percorso in poesia su uno dei verbi più problematici della vicenda umana, quell'abitare e saper abitare che richiama anche Azzurra nelle sue note. Ha proprio ragione quando scrive "Perché affinché un luogo sia disabitato, occorre prima averlo saputo abitare". Di riflesso mi chiedo: se non sappiamo più abitare i luoghi dove viviamo, se abbiamo disimparato a farlo negli ultimi decenni, potranno questi dirsi domani "abbandonati" o "disabitati"? In questi ragionamenti entrano molti fasci di luce e ampie zone d'ombra, non ultima la politica (a tutti i livelli in cui si pratica quest'"arte degenerata"). 

Azzurra D'Agostino non è più una sorpresa. Ricordo una presentazione della rivista "daemon" a Udine, tanti anni fa, al circolo Pabitele. Una serata fredda finita in un'osteria da frico con Pierluigi Cappello e Vincenzo Della Mea; dovevano esserci anche il direttore, Franco Baldasso, e Andrea Breda Minello. Azzurra aveva la febbre e allora fu Cappello a leggere le sue poesie, dopo averne illustrato con occhi fermi la bellezza. Forse non usò nemmeno l'aggettivo participio presente promettente, come si usa in questi casi coi poeti "giovani" (e proprio Azzurra, il 17 settembre, sul Corriere della Sera, ha scritto un intervento efficace attorno all'impiego della parola "giovane" in Italia, con un finale dai toni sabiani). Quella lettura di Cappello fu una fusione tra due delle voci più belle della recente poesia e la ricordo bene tuttora. Ma mi fermo - sono cose che potete scoprire da soli o che già sapete - e  lascio la parola a lei, che bene ha descritto il progetto nelle note che seguono qui sotto e accompagnano l'invio del volume; c'è spazio infine per un estratto generoso che ho scelto dai Canti e per il quale la ringrazio. Azzurra - mi raccontava tempo fa - non è stata una vorace lettrice di Andrea Zanzotto. Eppure, dopo aver letto a letto queste poesie, le ho scritto subito che pur battendo una strada tutta sua, a mio sentire queste coincidono con la sua prova più intimamente zanzottiana.

Ricordo che Azzurra D'Agostino sarà presente sabato 21 a Pordenonelegge in questo appuntamento e che i prossimi luoghi disabitati in cui sarà possibile incontrare il libro sono i seguenti:
Roma - 6 ottobre 
Imola (Bo) - 19 ottobre 
Appennino - 6 novembre
Pistoia - 8 novembre
Se vi interessa approfondire i dettagli, l'autrice legge eventuali vostri messaggi e richieste a questo indirizzo email; il progetto è anche su web a questo link.

Un viaggio nel tempo (proprio e passato) attraverso l'incontro con i resti. Resti di case, residui di pozzi, tetti, dettagli di un'umanità scomparsa. Il poemetto Canti di un luogo abbandonato nasce dall'ascolto delle voci di un popolo e di una cultura che non ci sono più, ma che è ciò da cui veniamo. Nasce dall'incontro con i ruderi, con quelle che una volta erano case e che ora sono con violenza riprese dalla natura, abitate talvolta di nuovo - ma da animali e piante. Nasce dall'abbandono, dall'irrequietezza di anime che sembrano non trovare pace nel vedere il proprio mondo spopolato. Nasce da una domanda che il presente pone: chi è che se n'è andato per davvero? Perché affinché un luogo sia disabitato, occorre prima averlo saputo abitare. E oggi, che l'abitare sembra così difficile, quasi impossibile, questa è una indicazione preziosa. Il poemetto è la seconda parte di una trilogia la cui prima parte, 'Versi dell'abitare', è stata pubblicata con una prefazione di Fabio Pusterla sull'XI Quaderno di poesia contemporanea, ed. Marcos y Marcos – e si occupa della questione dell'abitare la terra da parte dell'uomo, e dunque della domanda 'come vivere?'. I Canti di un luogo abbandonato sono un incontro col disabitato e con l'assenza – che è sempre prendere in considerazione una presenza. L'ideale luogo di lettura del poemetto è un luogo abbandonato, meglio se 'rimangiato' dalla natura. Riabitare questi luoghi con le parole, con letture ad alta voce che creino una piccola comunità, fa parte di un progetto che vorrebbe mappare questi luoghi per creare una piccola geografia alternativa a quella usuale delle rotte certe e frequentate. Una geografia di posti che nel loro essere incompleti e stranianti sono speciali, e ci fanno delle domande.

Nota sul volume: il libro è stato autoprodotto e realizzato graficamente con il lavoro di Anonima Impressori di Bologna, officina grafica e stampa d'arte. È stato composto e stampato con caratteri mobili e matrici in legno. Ne sono state realizzate 300 copie numerate e assemblate a mano. Ogni copia contiene una cartolina d'arte. Il libro non ha una distribuzione ufficiale e vuole tentare, per incamminarsi nel mondo, la via diretta dell'incontro con i lettori. 














[...]

C'era anche tempo per parlare coi cani per allungare
le mani farsi annusare star lì nello spiraglio dove l'aglio
in una treccia mescolava l'odore a quello di corteccia
ora siamo malinconici perché dimmelo te come ti sentiresti
è normale mescolare un po' di pianto con la scorza
delle cose che non si smorza rimane quella il faggio
è faggio, respira in quel suo modo di pianta, bella
la vita non si dice, ma a noi quella ci manca, ci piace.


Le donne certe volte si scioglievano i capelli e quelli
erano dei momenti come di luce, l'aria sapeva di mele
le parallele degli aironi erano perfette. Di vendette
non c'è bisogno nessun segno di conversione della pena
la cena verrà servita comunque e dunque diciamola la verità
la verità è che noi della miseria ci saremmo vergognati
siamo stati in quell'assoluta povertà come una verità vera
come una cosa che c'era. Si confonde il cielo se non ha
le sponde le teste dei monti a fargli da sponde, le gronde.


Siamo qui ci piacerebbe pensare d'essere anche noi
proprio noi l'acacia, il sambuco, il buco che nasconde
il ragno e il topo, essere il topo stesso e lo spesso strato
di buio che lo nasconde essere fronde, rami, schiocchi
biacchi, occhi nel verde, sorde vipere, pere mature,
pure pupille di volpe, pelo, pelle, tutte queste cose
tutte quelle cose belle e tremende vicende di sangue
senza lingue siamo rimasti senza lingue ci tocca parlare
stiamo in mezzo a questo vento e non possiamo respirare
non siamo da nessuna parte non siamo sulle stelle quelle
cose si dicono ai bambini perché non piangano più
si mente ai bambini e quando sono soli stanno a testa in su.


Essere qualcosa ecco cosa ci manca ora che diseredato
il prato non l'ha annaffiato nessuno ci ha pensato la pioggia
è normale sale in forma di vapore e poi scende giù goccia
a goccia e sboccia di nuovo tutto daccapo non è stato
dolore è stato solo morire certo dispiace se tace anche l'ultimo
erede se non ci crede a queste cose non si pronuncia non viene
in questo posto non ha un vero e proprio posto non ha un posto
come spiegare noi abbiamo una nostalgia che non si può capire
c'è qualcuno che la sente? Che ci sente a noi, così vicini al niente?


Tutto è semplice nell'aria e vi lasceremo in pace
ci piace l'idea di essere spina ma non è così affatto
non del tutto il fatto è che qui non ci sente nessuno
scambiati per merli tordi passerotti l'ombra del pruno
che si sposta per il vento che spavento che fa il cigolare
del cardine il cardo con su la farfalla la stalla svuotata
sventrata la carcassa di un animale sta nuda nel sole
in pieno sole. Mosche. Mosche. Brusche virate dei vivi.


Vivo fino a qui dice la pianta del noce senza una sola
voce un solo fiato di voce, si secca come avesse peccato
in qualcosa beccato hanno beccato interi stormi intorno
di notte di giorno sempre si muove una bava di vita la vite
si scava un varco fra tutte le piante e quante sono tutte le piante
l'ha piantata qualcuno questo è sicuro l'ha piantata attento
al sole che picchia alle folate di vento al passo che hanno le ore
l'ha piantata qualcuno con una vanga, una zappa e l'amore.


La casa viene al mondo e si spacca sotto
il peso di un tramonto mortale: rotto il cotto
il tetto, l'architrave. Quante Ave Maria avrà detto
la vecchia che non ha più nome. Il gendarme sarà
venuto? Avrà preso mai un disertore? Le ore quando
è ancora buio e già là nei campi si muove l'aratro
chiedere perdono per il peccato lo steccato aprirlo
tirar fuori le bestie restie nell'alba da venire a farsi aprire
cucinare per gli uomini dentro i camini la cenere sparsa
arsa come la bocca dopo l'amore il fiore sul greto del fiume
il sudiciume portato a lavare al pozzo il gozzo tagliato
del maiale il sangue a sgocciolare giù dal collo del coniglio
tutta una vita tutto un germoglio un gran scompiglio.



[...]

giovedì 18 luglio 2013

"L'importanza di essere piccoli", III edizione: dal 4 al 9 agosto nei borghi, nei boschi, nelle valli dell'Appennino bolognese

"Il mondo è delicato / il mondo è una pallina che s'increpa / teniamolo leggero / teniamolo sulla punta delle dita." Sono le parole di Nino Pedretti che l'associazione Sassi scritti ha scelto per proteggere questa terza edizione della rassegna intitolata "L'importanza di essere piccoli". Ricevo da Azzurra D'Agostino e pubblico con grande slancio: poesia e musica nei borghi dell'Appennino bolognese. Una rassegna di grande richiamo, sia per l'ideazione che per le voci invitate. Prove di libertà di Stefano Dal Bianco, Quando avrò tempo di Anna Maria Carpi, Il mio nome è Inna. Scene dal casolare rosso di Ida Travi, Salva con nome di Antonella Anedda e il trentennale dei Millimetri di Milo De Angelis (recentemente riproposti da Il Saggiatore nella collana "Le Silerchie") costituiscono cinque ottime ragioni, incartate in cinque importanti e recenti libri di poesia, per calarvi in questi luoghi ad ascoltare...


comunicato stampa

L’IMPORTANZA DI ESSERE PICCOLI – III edizione
poesia e musica nei borghi dell’Appennino bolognese
 dal 4 al 9 agosto 2013

Ritorna ad agosto la rassegna di musica d'autore e poesia  che mappa e custodisce poeticamente
l'appennino tosco- emiliano
con
MILO DE ANGELIS, ANTONELLA ANEDDA, UMBERTO MARIA GIARDINI, COLAPESCE, CESARE BASILE e molti altri

La rassegna “l'importanza di essere piccoli giunta alla sua terza edizione (4-9 agosto), organizzata dall'associazione SassiScritti di Porretta Terme (Bo) con la direzione artistica di Azzurra D’Agostino e Daria Balducelli, realizzata con il contributo di Arci Bologna, Regione Emilia Romagna, Fondazione del Monte e Provincia di Bologna Distretti Culturali, ha avuto nell'ultimo anno un sensibile incremento dei Comuni che aderiscono al progetto. Ad arricchire “la geografia poetica” dei luoghi che accoglieranno gli incontri e i concerti si sono aggiunti il comune di Vergato e il suo pittoresco Suzzano, Grizzana Morandi con La Scola, il Parco dei Laghi di Suviana e Brasimone con il Poranceto, un bosco di alberi secolari, e Granaglione con il parco fluviale di di Molino del Pallone.
Il fiorire di nuove adesioni è un dato positivo se si considera che alla base della rassegna c'è lo spirito di condivisione, valore che l'inverno scorso ha permesso all'associazione SassiScritti di essere selezionata al premio nazionale cheFare (ww.che-fare.com) con il progetto “Custodi”.
A emblema infatti di questi giorni sono stati scelti i versi di Nino Pedretti che esprimono e racchiudono l'idea di cura e custodia, parole che accompagnano l'immagine di una goccia, un filo di ragnatela e di una foglia:  esempi di fragilità e tenacia, di precarietà e di resistenza. Dettagli del mondo tanto piccoli quanto preziosi  come le parole e le note, come quegli spazi del mondo e della persona che sono da proteggere.
Manuela Dago, Franca Mancinelli, Francesca Matteoni, Marco Simonelli con Bart La Falaise e Federico Frascarelli (sei giovani artisti per un'anteprima che sia uno spazio per le voci nuove), Colapesce  e Stefano Dal Bianco, Anna Maria Carpi e Giangrande, Cesare Basile e Ida Travi, Pino Marino e Antonella Anedda, Umberto Maria Giardini e Milo De Angelis si incontreranno per la prima volta in questi giorni, il cantautore ascolterà il poeta e viceversa, incontri e scambi preziosi che trasfigureranno ed esalteranno  gli scorci più belli e sconosciuti dell'Appennino. Il borgo de La Scola arroccato attorno alle sue torri e ai suoi due oratori risalenti al 1300;  il Poranceto - un fiabesco bosco di castagni secolari; il parco fluviale del greto del Reno che solca la valle del Molino del Pallone; gli ampi panorami che abbracciano Suzzano; la bellezza domestica di Massovrana di Badi e  la dolcezza dei declivi di Capugnano.  I luoghi che “daranno asilo” alla rassegna sono i protagonisti, come gli artisti e i loro abitanti, di un evento che accade una volta all'anno ma che porta con sé il lavoro dei mesi precedenti, fatto di incontri, di laboratori, di pensieri condivisi davanti al fuoco, la lenta e paziente creazione di una comunità sensibile all'incontro con “lo straniero”, un appuntamento vissuto gioiosamente dagli abitanti stessi che accolgono i visitatori in un vero e proprio “ricevimento” culturale aperto a tutti. I buffet con prodotti locali saranno infatti preparati dalle pro loco, dalle associazioni culturali, o da semplici cittadini e cittadine che desiderano contribuire alla realizzazione della manifestazione. Infine, ma non meno importante, è la gratuità della rassegna che ribadisce il valore imprescindibile della cultura - da considerarsi come qualcosa che deve essere pubblico, diritto e possibilità a cui tutti sono invitati.

PROGRAMMA
Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito e si svolgono a partire dalle ore 21:00

L'anteprima della rassegna, che vuole essere un momento dedicato all'incontro con artisti emergenti o addirittura esordienti, si terrà Domenica 4 agosto nel bel clima domestico del borgo di Massovrana (Badi/Castel di Casio) un abbraccio di casette appena sopra il Lago di Suviana che faranno da palco al live acustico del cantautore olandese Bart la Falaise che, accompagnato da un altro musicista, interpreterà canzoni inedite e cover con una voce limpidissima e delicata. Federico Frascarelli, un altro giovane cantautore, presenterà alcuni brani chitarra e voce dal suo Mi manda 2 righe. Nel corso della serata si terranno letture corali, improvvisate, folli e iridescenti di 4 poeti underground molto diversi tra loro ma uniti da una vena poetica che lascerà sicuramente stupiti gli spettatori. La voce delicata ma salda di Franca Mancinelli; il tono agrodolce venato di un'amara ironia che canta la vita la morte il sesso nel nostro tempo di Marco Simonelli; le spirali di senso e suono che come linfa di pianta innervano i versi di Francesca Matteoni; la freschezza e i brevi lampi che raccontano per immagini di Manuela Dago una delle fondatrici di Sartoria Utopia, 'capanna editrice' di libri di poesia cuciti a mano.

Lunedì 5 agosto inizia ufficialmente la rassegna che si sposta nel Comune di Granaglione a Molino del Pallone e più precisamente nel “parco fluviale” che si estende lungo la riva del fiume Reno, bonificata dagli abitanti del paese e gestita dalla Proloco del Molino.
Acqua che chiama acqua perché uno degli ospiti del parco sarà il cantautore siciliano Colapesce (Lorenzo Urciullo, nel 2010 lancia il progetto solista Colapesce in riferimento alla leggenda siciliana di Colapesce, il ragazzo “pesce” che amava stare nel mare a tal punto da non riemergerne più) che con l'album Un meraviglioso declino si è aggiudicato la “Targa Tenco 2012”  come "migliore opera prima" e il premio “Fuori dal Mucchio” (assegnato dal mensile Il Mucchio Selvaggio) per il "Miglior esordio". E se Colapesce suonerà dal vivo facendo riemergere quel “meraviglioso declino” che accompagna la vita comune corrosa dalla crisi ma che allo stesso tempo fa riscoprire quelle piccole cose che fanno “sognare ancora”, al poeta senese Stefano Dal Bianco è affidata la parola che “conferma l'inquietudine profonda del suo rapporto con l'esistere e la sua ansia di libertà in un mondo di anime costrette". Scandita in sette parti, come le sette note della scala musicale, la nuova opera di Dal Bianco Prove di Libertà (ed. Mondadori) esplora le contraddizioni del sentimento e del pensiero, l'antinomia tra spinta alla consapevolezza e levità di una più naturale adesione alla vita.

Dal fiume e dai “meravigliosi declini poetici” della prima serata la rassegna, Martedì 6 agosto, si sposta verso Vergato da cui si sale ad ottocento metri di altezza al panoramico Suzzano con le sue case in pietra arenaria. Qui gli abitanti addobberanno la piazzetta preparando anche un piccolo buffet di benvenuto, mossi  dall'entusiasmo e dalla stessa tenacia che ogni anno gli ha permesso di organizzare una famosa festa  popolare che radunava centinaia di persone provenienti dai paesi delle Valle del Reno. Forti di questa tradizione e volendo mantenere vivo un luogo che altrimenti rischierebbe di essere spopolato, la terza tappa della “mappa poetica” de l'importanza di essere piccoli ospita la poetessa e traduttrice Anna Maria Carpi una tra le più importanti ed interessanti autrici e intellettuali contemporanee. Formatasi all'Accademia di Brera, partecipando a esposizioni a Milano e a Colonia, ha vissuto per diversi periodi a Bonn; saggista e traduttrice di poeti tedeschi (da Gottfried Benn, Kleist, Nietzche, Grünbein a Enzensberger) si confronta con la vita quotidiana e con le grandi domande ontologiche, con quel mistero abissale che si cela nei gesti di tutti i giorni, nella vita che scorre come la prosa e che ha slanci di verticale poesia. Un linguaggio familiare che filtra nella pelle, arriva anche alle persone che non sono “abituate” ad ascoltare poesia. Una leggibilità che è tipica invece della musica proposta per quest'occasione dal musicista, produttore e songwriter Giangrande, capace di muoversi con grazia ed eleganza all’interno dei diversi linguaggi e stili musicali: dalla canzone d’autore all’elettronica fino alla colonna sonora. In questo momento in tour con Daniele Silvestri come chitarrista della band, Giangrande porta a Suzzano il suo ultimo album da solista, Directions, prodotto da Paolo Benvegnù. Un album dalle atmosfere delicatissime, cantato in tre lingue, un respiro internazionale che però bene si sposa -grazie alla delicatezza della voce di Giangrande- con l'intimità di un piccolo borgo. 

Mercoledì 7 agosto la geografia poetica della rassegna si addentra nel cuore di un bosco di castagni secolari nel Parco regionale dei laghi di Suviana e Brasimone in località Poranceto (nel comprensorio del comune di Camugnano). Nel raccoglimento del castagneto, in quel silenzio referenziale che si crea a contatto con la natura, gli ospiti potranno ascoltare la “mitologia contemporanea” di Ida Travi. Poetessa, ma anche studiosa di filosofia, Ida Travi con il saggio L'aspetto orale della poesia pubblicato dal 2000 al 2007 in tre edizioni, avvia una sua riflessione personale sul rapporto tra poesia e filosofia, in particolare tra lingua poetica e lingua materna, oralità che diventa cardine della sua scrittura e una traccia del dire. La parola detta da Ida Travi, che ripesca i toni e le voci dalla memoria in un "impasto" sensoriale, e la parola cantata, dolentemente dialettale dello straordinario cantautore siciliano Cesare Basile, permeeranno il sottobosco de Il Poranceto con toni alti e gravi. Cesare Basile suona e scrive dall'inizio degli anni ottanta e tra le sue collaborazioni vanta quella con John Bonnar (Dead Can Dance), Nada, Lorenzo Corti (Cristina Donà, Delta V, aka Musical Buzzino), Valentina Galvagna e Marta Collica (Sepiatone). Dopo aver soggiornato a Berlino e a Milano, nel 2011 Basile rientra a Catania dove sposa la causa del Teatro Coppola Occupato che lo impegnerà anche nei lavori di ristrutturazione. Dal lavoro nel cantiere del teatro sono nate le dieci tracce dell'ultimo album Cesare Basile (febbraio 2013 Urtovox) un disco blues “situato tra la tradizione popolare italiana ed il folk americano delle radici, cantato in siciliano con una voce che graffia l’anima".

Giovedì 8 agosto il paesaggio che comprenderà l'incontro con la poesia di Antonella Anedda e la musica di Pino Marino sarà quello della campagna intorno al comune di Grizzana così cara all'artista Morandi. Le curve delle colline, i profili brulli dei calanchi, sono i quadri malinconici e nostalgici che circondano l'antico borgo de La Scola. Di origine militare bizantina Scola, nel corso dei secoli, assume una fisionomia difensiva con torri che permettono la sicurezza del borgo ed è grazie a queste torri che il borgo è riconoscibile anche da lontano. Bellissima, con la sua meridiana settecentesca, l'edicola e gli affreschi, il forno quattrocentesco con mensole scolpite, finestre con formelle d'arenaria incise con simboli comacini, la Scola è una partitura di memoria, di storie e di leggende così ben custodite dall'Associazione Sculca composta da volontari che ancor oggi si prendono cura di un dono tramandando dal tempo. Non poteva esser scelto luogo migliore per raccogliersi intorno alle parole “salvifiche”di Antonella Anedda e alle sue meditazioni liriche. “Premio Rèpaci Viareggio” 2012 con la raccolta Salva con nome,  Anedda con i suoi ultimi versi aggiunge un ulteriore tassello a un percorso poetico animato da un pensiero sotterraneo. La sua poesia “naviga nel sangue fino al cuore” e lo fa con la precisione di un “agocucendo con pazienza i significati, i nomi che, come indica il titolo dell'ultima raccolta, esistono per affacciarsi al mondo. E se Antonella Anedda “cuce” i versi, il raffinato cantautore Pino Marino inanella parole come perle, componendo canzoni raffinate caratterizzate da sonorità scarne ed intimistiche. Compositore, autore, pianista e chitarrista, legato alla miglior tradizione del cantautorato italiano, Pino Marino per molti anni ha portato la sua musica nei locali capitolini. Dopo diversi progetti che lo hanno portato a ricevere prestigiosi riconoscimenti come il “Premio Recanati” premio Italiano “Musica Emergenti”  nel 2000 con la collaborazione di Mauro Pagani e David Petrosin,  pubblica il suo primo album, Dispari con il quale vince il “Premio Ciampi” nel 2001. Con il suo secondo lavoro Non bastano i fiori (2003) la critica si fa unanime e Federico Guglielmi della rivista musicale “il Mucchio selvaggio” scrive:  "...una voce evocativa che intona testi per i quali si può scomodare il termine poesia, poesia concreta e surreale, profonda e ironica, intrisa di malinconia così come illuminata di speranze (...)”

Venerdì 9 agosto termina il viaggio degli artisti e degli spettatori nelle terre dell'Appennino con il consolidato appuntamento a Capugnano (Porretta Terme), dove sul palco saliranno altri due grandi artisti: Milo De Angelis e Umberto Maria Giardini.
Milo De Angelis è una delle voci più importanti della poesia italiana contemporanea, poeta che frequenta gli abissi e i “cortili oscuri della vita” e lo fa sporgendosi nei precipizi, negli orridi della vita per ripescarne una parola scarna, non spettacolare, che batte come un corpo che duole, che indica un verso, una caduta. Dalla pietra miliare Millimetri del 1983 fortunatamente riedita dopo trent'anni dal Saggiatore, alla dolente e meravigliosa raccolta di dolori di Tema dell'addio, fino alle poesie di Quell'andarsene nel buio dei cortili dove i ricordi d'infanzia, gli amori, il calcio, gli amici,e i cortili milanesi sono sempre attraversati dal buio, un buio che è il risvolto segreto della luce, un buio che convoca a giudizio. Oltre ad essere un grande poeta De Angelis ha tradotto superbamente dal francese e dalle lingue classiche Racine, Baudelaire, Blanchot, Eschilo, Lucrezio.
Sarà, infine, l'atteso live acustico di Umberto Maria Giardini (conosciuto per molti anni con lo pseudonimo Moltheni) a chiudere la serata e la terza edizione della rassegna, e lo farà con il suo canto aperto e suggestivo che conduce in territori onirici. Un'esibizione insolita dove ai suoni più elettrici del bellissimo e ultimo disco La dieta dell'imperatrice, si darà spazio ad arrangiamenti più melodici, e in scena con la sua contraddistinta grazia, Umberto Giardini darà sicuramente il meglio di sé a ricordarci che “l’unico sollievo che l’uomo può succhiare direttamente dalla sua volgare esistenza è dato dalla natura e dal silenzio. Ovunque c’è natura, ovunque c’è silenzio, c’è speranza” considerazione che sembra essere in dialogo con uno dei versi più belli di Milo De Angelis contenuti nella storica raccolta Millimetri : “In noi giungerà l’universo, | quel silenzio frontale dove eravamo | già stati”.
Come ogni anno a dare il benvenuto agli artisti e al pubblico ci sarà la calorosa ospitalità dell'Associazione Beata Vergine della Neve e della Proloco che come tutti gli anni per l'occasione cucineranno crescentine, tigelle e polenta.

Ad arricchire la rassegna saranno presenti i due bookshop della libreria “L' Arcobaleno” di Porretta e de “LO SPAZIO di via dell'ospizio” di Pistoia, oltre che la presenza di una vetrina aperta all'innovativa e ricercata piccola casa editrice “Sartoria Utopia” con i suoi colorati ed eleganti libri cuciti a mano. Verranno inoltre messi in vendita a sostegno delle attività del festival alcuni esemplari di poster d'arte numerati, pezzi unici realizzati  appositamente per il festival secondo le antiche modalità di lavoro tipografico dalla tipografia d'arte bolognese Anonima Impressori. Inoltre nei giorni del festival e in quelli precedenti alcune realtà locali realizzeranno piccoli gadget a sostegno del festival, come per esempio i segnalibri con su riportato un verso di Umberto Saba sul pane e dati in omaggio dall'Antica Forneria Corsini di Porretta Terme, nella convinzione che la cultura sia altrettanto importante nutrimento.

L’IMPORTANZA DI ESSERE PICCOLI – III edizione
poesia e musica nei borghi dell’Appennino bolognese
dal 4 al 9 agosto 2013
con il contributo di
Arci Bologna, Regione Emilia Romagna Fondazione del Monte,Provincia di Bologna Distretti Culturali
e il sostegno dei comuni di
Castel di Casio, Gragnaglione, Grizzana Morandi, Porretta Terme, Vergato
e del Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone
e di Coop Reno, Banca di Credito Cooperativo Alto Reno, Banca di Imola Filiale di Porretta Terme, Proloco di Capugnano, Associazione Parrocchiale Beata Vergine delle Nevi, Proloco di Molino del Pallone, Proloco di Cereglio
con la collaborazione e il sostegno di
Associazione Parrocchiale “Beata Vergine della Neve”; Pro Loco di Capugnano; Pro Loco di Cereglio; Pro Loco di Molino del Pallone; “Antica Forneria Corsini” di Porretta Terme; “The Califfo” Pub di Porretta Terme; Libreria “L'Arcobaleno” di Porretta terme; Libreria “Lo Spazio di via dell' ospizio” di Pistoia; Gelateria “La Baracchina” di Porretta terme; Centro Turistico “La Prossima” di Castel di Casio; Associazione culturale  “Sculca”.

4 agosto- Massovrana (Castel di Casio) h 21 in caso di pioggia: sala interna del B&B Borgo Massovrana
MANUELA DAGO, FRANCA MANCINELLI, FRANCESCA MATTEONI, MARCO SIMONELLI
(letture poetiche) BART LA FALAISE & “SOCIO”(live acustico); FEDERICO FRASCARELLI (live acustico)

5 agosto- Molino del Pallone (Granaglione) h 21 in caso di pioggia: Molino del Pallone, sala proloco
STEFANO DAL BIANCO  (lettura/incontro) COLAPESCE (live acustico)

6 agosto – Suzzano (Vergato) h 21 in caso di pioggia: Suzzano, sala proloco
ANNA MARIA CARPI (lettura/incontro) GIANGRANDE (concerto)

7 agosto-Poranceto (Camugnano) h 21
in caso di pioggia: Sala  Parco dei Laghi, p.zza  Kennedy 10, Camugnano
IDA TRAVI (lettura/incontro) CESARE BASILE (live acustico)

8 agosto – La Scola (Grizzana Morandi) h 21 in caso di pioggia: La Scola, sala Associazione La Sculca
ANTONELLA ANEDDA (lettura/incontro) PINO MARINO (live acustico)

9 agosto – Capugnano, Porretta Terme h 21
in caso di pioggia:  Capugnano, Oratorio della chiesa di San Michele Arcangelo
MILO DE ANGELIS (lettura/incontro) UMBERTO MARIA GIARDINI (live acustico)

Tutti gli eventi sono a ingresso libero

INFO
fb: L'importanzaDiEsserePiccoli
mob: 349 5311807 | 349 3690407

UFFICIO STAMPA
ufficio stampa arci bologna: Rossella Vigneri (+39 349 8354451) ufficiostampa@arcibologna.it

ufficio stampa SassiScritti:
Azzurra D'Agostino: 349 5311807 | azzurradagostino@gmail.com
Daria Balducelli mob. 349 3690407; d.balducelli@gmail.com

Le foto degli artisti e dei luoghi in cui si svolgerà la rassegna sono disponibili all’indirizzo: www.arcibologna.it/area_stampa

Come raggiungere i borghi: http://sassiscritti.wordpress.com/come-arrivare/

giovedì 28 giugno 2012

Poesia Contemporanea. Undicesimo quaderno italiano di Marcos y Marcos

Recentemente è uscito Poesia contemporanea. Undicesimo quaderno italiano per la solita e benemerita Marcos y Marcos (pp. 285, euro 17; direte che 285 pagine non possono dar vita a un "libro breve" eppure, a suo modo, questo è un libro breve), una pubblicazione giustamente attesa, dal momento che di qua sono spesso transitate le voci più promettenti e sillogi importanti. La cura è di Franco Buffoni, mentre le prefazioni ai singoli poeti sono firmate da nomi di rilievo del panorama critico e poetico (Giancarlo Alfano, Rosaria Lo Russo, Paolo Morelli e Carla Vasio, Uberto Motta, Fabio Pusterla e Fabio Zinelli).
Ho chiesto a ciascuno degli autori un testo e, unitamente a questo, brevi risposte ad una microintervista composta di quattro domande. Li ringrazio tutti nuovamente, da qui, per la collaborazione e la simpatia. Mi auguro arriviate sino in fondo, anche se il post è lungo. Ma vale davvero la pena arrivare fino in fondo stavolta.

----

YARI BERNASCONI











Una conversazione con T. (frammento)

«Un giorno bombardarono le baracche dove stavamo.
Io ritornavo da un colloquio col mio vestito bello,
l’unico, e una giacchetta beige. Scarponcini puliti.
Cominciammo a scavare, a cercare nel fango
la nostra roba. Ma tutto era stato inghiottito.
Io sembravo un pulcino, tra le macerie:
un punto bianco. Alla fine, sporca e ricoperta di terra,
chiamai mio padre. Non avevamo ritrovato nulla.
In quel momento ci appartenevano soltanto
le nostre ossa».



1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Indipendentemente dall'avventura comune del Quaderno, dico senz'altro Osnabrück di Mariagiorgia Ulbar.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Senza pensarci troppo (che è anche, credo, l'unico modo per rispondere): Gli strumenti umani di Sereni, alcune cose di Fortini, Lavorare stanca di Pavese e Bocksten di Pusterla. Ma uno dei primissimi libri di poesia letti – o quantomeno sfogliati – è la traduzione dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master (scoperta a casa, su uno scaffale).

3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Forse in tedesco (anche se sarei tentato di rispondere: in qualsiasi lingua a me incomprensibile).
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
Come il silicio per la crosta terrestre.

----


AZZURRA D'AGOSTINO













Lago di Suviana

Una passeggiata poco prima di buio, fiori che non si sfanno
nella pineta scricchiolante e un bacino
d'acqua scura dove tremola il doppio del mondo.
Nei tuffi del cane, nei bastoni levati per gioco,
gente coi piedi a bagno, pescatori,
un ragazzino nel silenzio delle fronde. 
Così è questo, l'altro volto del male
un tempo breve, un sollievo elementare.


1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
 Non è l'ultimo ma mi ha lasciato il segno: La steppa e altre poesie di A. Tarkovskij.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Le primissime scoperte son stati tre grandi classici: Leopardi, Ungaretti, Montale e non in quest'ordine.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Mi è successo recentemente di vedere una poesia tradotta in giapponese. Vedere gli ideogrammi e non capirci niente credo sia la cosa più inaspettata.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
La goccia di un rubinetto che perde.

----

FABIO DONALISIO










there is a crack in everything, thatʼs how the light gets in
l.c.

ci sono cose spalancate
o socchiuse
magari spifferi, anche sibili
solo il saldo è concetto contabile
o, sia pur di conti, resa
il sigillo è roba di dio
(ovvero colui che vieta, non dice ma disse)
e la luce, ovunque
entra dalla crepa


1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Riletto in questi giorni Macello di Ivano Ferrari. Ripropone intatta la violenza nuda e la capacità di incarnare e scarnificare. Grande sfida quella che sto ingaggiando con Sanjut de stran di Luciano Cecchinel, di cui, da dialettofono nordico ma occidentale, sto cercando di estrarre il succo dal legno. Restando in zona, plaudo agli endecasillabi di Francesco Targhetta, con cui la dialettica ormai è longeva. Un “scusate il ritardo”: Giuliano Mesa. Un “simile-dissimile”: l'ultimo Giovenale. Un appello: leggere Sui campi di battaglia di Nicola Peretti.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
I primordi, i prodromi. Se proprio devo sceglierne uno, Giorgio Caproni. Tutt'attorno, asserragliati: il Montale tardo e secondario, il Sereni degli Strumenti, Antonio Porta tutto, Pagliarani in vena di brevitas. Poi Ivano Ferrari ancora, arrivato un pelo dopo ma rimasto forse ancora di più, e il Planaval di Stefano Dal Bianco. Due stranieri vivi: Simon Armitage e Durs Grünbein. Un grande vecchio: Leopardi. Un insospettabile: Foscolo sepolcrale. Un “cantante”: Leonard Cohen (ma anche Mick Jagger, Iggy, Cave, Waits, Joey Ramone, per altri motivi). Un poeta in prosa: Roberto Bolaño.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
L'inglese che so, e il tedesco che non so, forse. Vorrei vedere i miei accenti seguire schemi quantitativi e i miei sostantivi flessi. Credo suonerei bene in latino, quindi. In cinese per l'effetto che fa il cantato tonale. Per il piemontese mi sto attrezzando da solo. Vedremo con che esito.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
La metrica è come memoria olfattiva, per me. La riconosci, la annusi con l'emozione, non con il raziocinio. C'è un periodo per educarla, degustarla con l'orecchio. Poi la possiedi senza coscienza e se la cerchi non la trovi.

----

VINCENZO FRUNGILLO














Da La parte mancante

[...]
Ma tentare, bisogna tentare,
perché il vuoto valga per ciò che vale,
resti una variante, sia lo sguardo pulsante,
ci distragga per un solo istante, ci porti a fondo,
ci porti a trasformare il tempo in spazio,
in camere e strofe, ci ricordi le parole,
la nostra scommessa finale. "Una volta Celan
chiese al maestro l'ultima parola.

Heidegger rimase scosso da tanta innocenza".
Ripeto la formula, una semplice equazione:
                non si dice ciò che ci precede.
E allora si pone sulla bilancia la propria vita
(e la propria morte), chi tenga in equilibrio il tutto
non si conosce; la chiamo meccanica pesante
questo stare fermi a guardare il sistema di leve
in cui siamo entrati senza far rumore.


1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Biografia sommaria di Milo De Angelis.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Arthur Rimbaud, Osip  Mandel’štam, Vladimir Holan, Hölderlin, Tasso, Milo De Angelis, Elio Pagliarani.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Tedesco, anche se alcune mie strofe sono già state tradotte in questa lingua.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
L'agrimensore di Kafka.

----

ELEONORA PINZUTI













P’t [post]

Mi rialzo in quest’autunno
scalzo il senso delle tracce
(ardo? agghiaccio? serve?).
Io non fui l’erba,
o la foglia che s’assottiglia,
ma la soglia sempre sospesa,
forse la chiglia.
Ho picchiato in tutti gli angoli del labirinto,
rivisto nelle pozze
le trame, riletto il palinsesto.
Ho adesso muscoli dolenti,
ossa crocchianti,
la rabbia come patina sui denti.
So per certo che la trama è, non vista, nelle glosse.
Che il sentiero è rilkiano, fatto di sassi bianchi,
di sinossi sulla piega della carta.

Mi rialzo. E tolgo ad una ad una le schegge.
Non sono altro che tatuaggio, simbolo,
la polena sulla barca.

Quello che mi interessava di più, in questo testo, era esprimere il tratto biografico, le cadute, le impossibilità, i dolori: si tratta di una interrogazione al “destino”, evidenziato dal mitologema della barca e variato sul gender femminile (la polena). L’ho intarsiato di citazioni dalla tradizione lirica novecentesca per legarlo sia alla filologia, che ha formato la mia giovinezza (le glosse, la trama, la sinossi, il palinsesto), sia a quel meta-scrivere (Rilke e il suo Lettera a un giovane poeta; Le Labyrinthe du monde della Yourcenar) che è, per me, a qualche livello, la metafora stessa della vita e dell’intero libro di Èsodi.


1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Il più recente è Antonella Anedda, Salva con nome, comprato qualche giorno fa. Ma ogni libro lascia addosso dei segni, dei glifi.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Primissime letture, alle elementari: Leopardi, La quiete dopo la tempesta. Pascoli con Myricae e Petrarca alle scuole medie. Torno sempre alla versificazione italiana (da Dante a Caproni) e ai temi della poesia europea.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Forse in Giapponese, lingua che sembra unire una vocalità melodica alla pittura, ai “mondi in grafia” degli ideogrammi.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
Mi piace paragonare la metrica al suono delle onde. Per me la metrica perfetta dovrebbe avere quella ritmicità, quella cadenza. E anche quelle burrasche, quelle impennate. Sarà che sono nata sul mare….

----

MARCO SIMONELLI










Condominio Magnolia 

La casa nuova mi piace è più grande c’è un ampio salone
c’è anche la stanza per un fratellino 
nel condominio se l’ascensore si rompe ti tocca salire le scale
e un giorno ho portato alla mamma i sacchetti su fino in cima 
le ho dato una mano a portarli all’ottavo piano 
ma quando una volta mi sono affacciato
faceva paura vedere gli omìni piccini picciò 
però non ho pianto mi sono affacciato soltanto una volta
faceva paura pareva cadessi e forse è cascata persino
la mamma dell’altro bambino che vive più sotto

non è che è cascata si è proprio buttata 
è successo mentre dormivi ed era in ciabatte e vestaglia 
diceva da tanto che urlava che povera donna il marito
è quello che ha sempre la borsa di pelle e fa il ragioniere
credo lavori in piazza puccini ma mamma ma mamma
ma come faceva? ma non ci pensava ai bambini?

è malata! è come la pazza del terzo piano che butta
i sacchetti della nettezza dalla finestra! 
va sempre a comprare la birra ne porta su pacchi 
ma quando la vedi non glielo dire mi raccomando
ma quando una volta tornavo da scuola non ho fatto in tempo
a entrare nell’ascensore ho pensato è maleducato 
non aspettare una signora anche se pazza
però quella sembrava normale soltanto puzzava un po’ di sudore 
e io stavo zitto non lo sapevo che dire avevo paura e pensavo
non è che la pazza adesso m’ammazza?

io non lo so come mai se n’è andato il marito
la vedi la panda in fondo al parcheggio? tu guarda è un rottame

in effetti non ha i finestrini né i seggiolini neppure il volante
è tutta vernice scrostata è stato il marito a lasciarla così
tu pensa da quanto quella macchina è lì 

un giorno da qui me ne andrò per entrare in un coma
abbracceranno il mio corpo più morto che vivo e pesante
poi chiederanno una sedia perché non possiamo portarlo
dall’ottavo piano facendo le scale con la barella
è troppo rischioso perdiamo del tempo prezioso
spostalo tienilo eccolo legalo sgombra la stanza
ché fuori ci aspetta l’autoambulanza.  


1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Voluntary Servitude di Mark Wunderlich. Non è esattamente l'ultimo che ho letto ma senza ombra di dubbio l'ultimo che mi ha costretto a pormi un bel po' di domande.
2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Avevo sedici anni quando andai per la prima volta in libreria per comprare due libri di poeti italiani: erano Proclama sul fascino di Dario Bellezza e Vuoto d’amore di Alda Merini. Forse hanno lasciato un segno nel senso che il mio lavoro, ultimamente,  sembra costruirsi intorno ai temi dell'omosessualità e del trauma. Il poeta che non smette di lasciare il segno però è Dante, ad ogni lettura. Temo sia inevitabile, soprattutto per un fiorentino.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Ho avuto la fortuna di vedere miei testi tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. Mi piacerebbe veder tradotto un mio testo in russo, giapponese o arabo, una lingua insomma anche visivamente più distante dalla mia.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
Direi che la metrica è una trivella cesellata a mano che penetra un terreno all'apparenza abbastanza desertico.

----

MARIAGIORGIA ULBAR












Sono solo un uomo piccolo,
mi rimetterò in cammino
perché fermi stanno solo i morti
e mi vergogno a farmi accogliere da loro.
Andrò sul fondo, sulla sabbia
dove vivono le salme e i relitti
le stanze sotto, le silenziose parti;
voglio andare a vedere di che colore sono
a sentire quale idioma escogitano
lì dove sembra che parlare non si possa.



1. Ultimo libro di poesia letto che ha lasciato il segno?
Dico di quello che sto leggendo: Il grasso di lepre del poeta bosniaco Abdulah Sidran (Edizioni Casagrande), che raccoglie le poesie scritte tra il 1970 e il 2009. Un’immersione nella storia di Sarajevo, ma anche nel paesaggio e nell’immaginario dell’Europa dell’est, che è una parte di mondo che amo e mi attrae. E quella di Sidran è il tipo di poesia che ho voglia di leggere ora, una poesia che racconta, aderente alla realtà e con improvvisi vertiginosi stacchi di metafora. Come la poesia epica.
Poi ci sono le letture e riletture di Amelia Rosselli, Sandro Penna e Osip Mandel’štam, che mi accompagnano in maniera costante.

2. Quali le primissime letture, i poeti che lasciano continuamente il segno?
Appunto, come detto, Rosselli, Penna e Mandel’štam che lasciano continuamente il segno, insieme a certi versi di Pavese, Montale, Cardarelli, Cavalli e, tra gli stranieri, Bachmann e Eliot. Tra le primissime letture in versi: l’epica, l’Inferno di Dante, il Faust di Goethe (letto a 16 anni con pretese di leggerlo in originale, roba da pazzi!), La vita è sogno di Caldéron de la Barca, la prima Merini, anche.
3. In quale lingua ti piacerebbe veder tradotta una tua poesia?
Sicuramente in tedesco. Ma poi inglese, francese, spagnolo, urdu, afrikaans, rumeno, russo, hindi, armeno, turco… Tutte! Non è presunzione, è che le lingue e i passaggi e gli scambi tra esse che avvengono con la traduzione sono quanto di più interessante e stimolante ci sia per chi scrive e ha una formazione linguistica.
4. Se dovessi cercare una similitudine per descrivere il tuo rapporto con la metrica e il discorso metrico in generale, quale similitudine adotteresti?
Due similitudini: l’endecasillabo è come la mamma italiana: sempre legati e sempre a tentare di staccarci, di creare la frattura  e di non lasciare che controlli tutto ciò che facciamo. E poi: la metrica come modo di camminare, andatura: cadenza ritmica e progressione, insomma qualcosa che ti tira avanti, una “macchina” fatta di muscoli volontari e involontari.