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lunedì 7 luglio 2014

da "La foglia è due metà" di Giampaolo De Pietro

Una poesia da #40

Chiudendo con i bellissimi disegni di María Mantella vi porto al libro di poesie di Giampaolo De Pietro La foglia è due metà (Buonesiepi libri, pp. 208, euro 12). Col tempo mi impigrisco e così, dopo le numerose interviste che propongo, in cui lavorano più gli intervistati del sottoscritto, inauguro con questo post un ulteriore possibile sviluppo "pigro" di Librobreve, vale a dire quello del "post ospitato", una situazione in cui chiedo a persone conoscenti o amici di pubblicare un loro testo, continuando a parlare di libri e a orchestrare assieme un post. Mi auguro ci sia un seguito e alcuni amici sono già avvisati. Lo scritto qui sotto è di Giampaolo De Pietro, così come il successivo ricordo del Premio Baghetta, dove emerge il retroscena simpatico di un premio che sembra una mosca bianca nel panorama nazionale dei premi di poesia e del quale abbiamo già avuto modo di parlare nell'intervista a Dario Borso. Buona lettura.

La foglia è due metà è un libro nato probabilmente, me ne rendo conto adesso, per cercare casa. I testi appartengono a periodi-diari differenti, il più estremo di questi era "senza casa" - un periodo senza protezioni insomma, se un tetto, un amore, una famiglia, un me stesso possa considerarsi un tetto, o anche uno scoperto per ritornare a un tetto la sera, la notte. L'altra sua casa, quella del libro, e di un altro periodo in cui è stato scritto, è quella di famiglia, è quella dell'amicizia, della scoperta della parola che vuole condividersi, parlare, camminare, farsi strada "attraverso". La terza e ultima casa, diciamo quella della "decisione" è una casa al mare in inverno, mentre lavoravo in un bar di paese di mare, Acireale, e sparecchiavo tavolini di colazioni, colazioni di granite buonissime. Il mare è quello della mia infanzia e adolescenza, forse sì, il mare dell'adolescenza che non ritorna mai, mentre l'infanzia ci coglie tantissime altre volte. Il mare di Santa Tecla, che ho imparato a verseggiare e a sorseggiare nuovamente, da grande, senza spazio più all'adolescenza, ma probabilmente col gusto salato di una specie di adulta infanzia che rientra, con l'amore che prende consapevolezza e beve alla naturalezza dei giorni, i giorni che sono fatti semplicemente di qui e ora, da allora in poi. La foglia ha due metà, che non sono né superficie né profondità, ma entrambe - e poi ha una parte d'aria infinita e misteriosa che segna anche il mio volere in scrittura, che forse è delle parole, di una parola sola e di nessuna possibilità di scrittura, forse e soltanto di una lettura aperta delle cose naturali che rendono "probabile" l'essere al mondo senza risposte uniche e consolidate - che nessuno, o la maggior parte non va a far visita - pensiamo al mare d'inverno, alle foglie non calpestate né colte, quelle "fuori stagione", quelle che respirano da qualche parte, sulla soglia di una casa d'albero che sempre le accoglie e manda, decidendolo il vento, la pioggia, le loro stesse vertigini.
Così, Lfèdm è un libro di difetti, quasi gli stessi dello stare, del decidere senza la possibilità di decidersi mai definitivamente, o per definizione.
Fin

Un ricordo del Premio Baghetta di Giampaolo De Pietro
È trascorso un anno, proprio uno, erano i primi giorni del giugno 2013, Premio Baghetta, nella città di Milano. A un certo punto (forse proprio a metà serata) qualcuno diceva: salamella e vino (non proprio come al mercato) - ed io sono vegetariano, e il vino mi piace, mi piace gustarlo con il pensiero dell'uva e dello stare bene. Alla libreria popolare Tadino, libreria ufficiale del premio si incontrano gli altri amici, i candidati poeti, dalle facce sparse qua e là, i nomi ricordati un po' di più, per il tanto informativo/informatico mezzo del social network, e per puro caso, si dirà. Maria Silvana Pavan, pianista e accogliente "ragazza dai capelli rossi", è stata il primo contatto tra me e il Baghetta (ci accoglie in casa sua e lì conosco il primo “baghettaro in premio”, Marco Scarpa e Sara Tisci, la sua fidanzata, molto simpatici) - poi Dario Borso - e ci metto in mezzo anche il caro Marco Coccioli e sua moglie Margherita Bignardi, e ci metterò dunque pure lo zio Carlo Coccioli, scrittore amato, che ha permesso di conoscerci (e adesso incontrarci). Mi trovo a mio agio: c'è Francesco, c'è Maria Giovanna, due delle persone che più amo, siamo in tre e in tanti altri, incontro e "materializzo" Viola Amarelli, Greta Rosso, Davide Nota, altri e altri ancora. Gente davvero simpatica: è una festa. Le letture sono divise in tre "postazioni" - a pochi metri di distanza, della stessa strada, la via Tadino (le avevano fatte scegliere agli autori, giorni prima, sempre via rete). La prima, il basso della libreria, davvero bassa e stretta, una piccola galleria dove si incontravano gli occhi belli di Alberto Casiraghy e la voce gentile e stupita di Franco Loi. C'è Valentino Ronchi, il vincitore della passata edizione. Una due tre letture, Nadia Agustoni tra queste, altro incontro già importante al primo istante. Biagio Cepollaro, asciuttissimo e sonoro. Si va fuori, ed ecco il cibo  il vino, il continuo dell'allegria. Altra lettura, poco più avanti, alle Officine - altre belle letture, ‘stavolta un tantino più ariose, s'intende per il tetto e lo spazio in cui avvenivano - Francesco Balsamo, Alessandra Carloni Carnaroli, Davide Nota. Mi parte l'ansia da "fra poco tocca a me", ma mi passa presto, me ne dimentico quasi. Perché si parla, ci si guarda in faccia, ci si legge in volto, pure - i versi sanno arrivare a chi è lì, e lo vuole, e li ascolta. Terza tappa delle letture, la piazza, rettangolare, una banda e un tango [padrino JovicaJovic (fisarmonica), madrine: Camilla Barbarito (voce), m.lleSainteBouteille (tappo)], introducono e avanzano, il turno di Viola (Amarelli), di Greta (Rosso), Vincenzo Ostuni, Marilena Renda, Dario Bertini (in piedi sul bordo della fontana), il mio, da qualche parte. I voti dei presenti, la giuria sul posto, la giuria popolare - Nico Polerti vince col suo libro, Fora de ora, Vegre Edizioni, prende il maggior numero di voti. Qui ci si ricorda che qualcuno dovrebbe vincere, perché, almeno io, lo avevo dimenticato. A un certo punto, Dario Borso, con quel suo piglio ironico, forzuto e consistentissimo, annuncia un po' le direzioni e le scelte, le volontà della giuria e quelle del premio in generale (tutto molto serio e considerevole, proprio nello spirito costruttivo del confronto e dell'apertura "verso, con e per"), quest'anno ospitato dal Festival della letteratura di Milano, e guardandomi in faccia fa il mio nome, uhm, dico, Borso perché qui davanti a tutti, perché mi prendi in giro così? Embè, pare io abbia vinto, il e la Baghetta, dal titolo “getbout”,  scultura lignea a forma di baguette in premio, realizzata per l'occasione dall'artista milanese Pietro Spica. Insomma, calore. Gente molto accogliente, molte donne a domandare una poesia d'amore un'altra politica, e io a sbrigarmi dicendo che tutto il libro è d'amore e politico. Ringrazio, ringrazio tutti, dico del libro, dal titolo La foglia è due metà, libro che è venuto per caso, non c'entrava quasi niente in un dato momento, libro molto voluto da chi lo ha curato con amore e attenzione, Francesco (Balsamo), Alessandra Roccasalva, Franco Noto (e la sua Officina delle immagini), con la bella prefazione della poeta amica Cristina Annino e un disegno dell'artista argentina, di casa in Spagna, María Mantella. Il libro è in ex-ex aequo vincitore con quello di Vincenzo Ostuni, Faldone zero-venti, Ponte Sisto 2012 - mi aveva colpito nella sua lettura: tutti i fogli sparsi fra le mani, mi era sembrato un libro componibile, e lo stesso Ostuni mi pare mi abbia detto quella verità, che i libri lo sono sempre, non finiti. C'è pure il premio alla corriera (acquaforte di carpagigante/carpagigante d’acquaforte by Luciano Ragozzino) che viene assegnato ad Alessandra Carloni Carnaroli per il suo Femminicidio, Polimata edizioni.
La foglia è due metà inaugura un progetto, non solo editoriale, dal nome Buonesiepi - rappresenta il numero zero della parte libresca, Buonesiepi Libri. È un progetto aperto alle arti, tutte, o tutte quelle che entreranno a far parte di questa Siepe. È appena uscito il numero due, Cotone di Martina Campi.
p.s. A proposito di nomi, quelli citati sono quelli che ricordo, che ho incontrato con lo sguardo e con l’udito, che mi si sono sottolineati alla memoria di adesso che ho provato a tracciare una storia, dunque un po’ distratta, della sera del Baghetta.

Scrive Cristina Annino: "Poesia delicatissima, sempre snodata, come intricato è il senso di qualunque angoscia, dove il viso di Palazzeschi si affaccia per un attimo, poi scompare davanti a un dolore che da gioco linguistico si fa seria malinconia cronica anche dell’invisibile." Eccone alcuni esempi.

Parlarti
Capovolgere questo
Precipizio del senso
E abbattere il leggero contrasto
Cioè farlo cadere lì dov'è, sul posto
Di me e te, al centro, trasparente tanto
Da lasciarci avvicinare le voci e ancora
I loro tuoni morbidi

-

Le case basse
più del
tramonto, se
batto la testa
spererò nel
mare, nelle esse
forti delle sue
onde beige e nel
suo fiato dal 
riverbero
essenziale e lo
spinoso as-
terisco del suo 
falsettone

-

Avrei voluto parlarti per
l'ultima volta, prima
di ogni fatalistica impossibilità
a parlarti ancora, e guardarti
negli occhi e sentirci parlare,
ancora una biglia
stavolta del vento, mi permette
di farlo, notte e giorno, nel sonno
del primo mattino, a ogni risveglio.

Non c'è più nessuno, 
soltanto l'ultimo odore dei fiori,
un'ipnosi del fiuto. E fuochi

-



 
(Tutti i disegni sono di María Mantella. Qui il profilo Flickr dell'artista.)

domenica 25 maggio 2014

La presentazione della collana Isola inaugura la seconda edizione di "Bologna in Lettere"

De "La collana Isola", libriccini di poesia e disegni, ho scritto a gennaio dando notizia dell'uscita dei primi quattro titoli. La ricerca continua, sono pronte altre perle di collana e ora la presentazione di questo progetto curato da Mariagiorgia Ulbar diventerà il momento inaugurale della seconda edizione del festival di letteratura contemporanea "Bologna in Lettere" che si terrà i prossimi 30 e 31 maggio nel capoluogo emiliano. L'arcipelago della collana s'arricchisce proprio in questi giorni con La spadina, uscita in parte anticipata nel precedente post, che ci porta al poeta e traduttore polacco Jarosław Mikołajewski. Il testo polacco è qui reso in italiano da Silvano De Fanti e illustrato da Francesco Balsamo (qui a fianco vedete la copertina). Ricordo che a Mikołajewski dobbiamo alcune tra le più recenti traduzioni in polacco dei nostri poeti: Pasolini, Penna, Pavese, Luzi, Ungaretti, Montale, Leopardi, Michelangelo, Petrarca e Dante. Per finire, e prima di lasciarvi al programma completo di "Bologna in lettere", un paio di anticipazioni da questa collana di libri davvero brevi: a giugno usciranno sia le poesie di Raimondo Iemma illustrate da Cristina Portolano sia quelle di Marco Simonelli illustrate da Luca Genovese. Questo il sito del progetto.


Bologna in Lettere
Festival di letteratura lontemporanea
II edizione
30/31 Maggio 2014
(potrebbe essere soggetto a variazioni e aggiornamenti)

giovedì 8 maggio 2014

da "Tre bei modi di sfruttare l'aria" di Francesco Balsamo

Una poesia da #37


Ho conosciuto dapprima il versante figurativo di Francesco Balsamo, artista e poeta catanese che sa scegliere titoli bellissimi. Lo potete scoprire anche voi in questo sito. Mi interessano molto i poeti che praticano o hanno praticato una ricerca figurativa o gli artisti che scrivevano e scrivono anche poesia o prosa. (Leggete le poesie di Paul Klee se vi capita, ve ne sono di molto belle, e per stare in Italia penso solo a Emilio Tadini, Toti Scialoja, Filippo De Pisis o Alberto Savinio e spostandosi ancora a Henri Michaux.) E non mi interessa necessariamente scoprire le differenze o trovare le somiglianze tra i due o più versanti del lavoro d'artista, in una caccia che troverei abbastanza insulsa e sterile all'"artista completo". Incontrare un artista significa piuttosto incontrare l'incompleto e le assenze, finanche pensieri che si sottraggono a sé stessi. Mi interessa che esistano persone in ossa e carne che abbiano avuto momenti distinti dedicati alla poesia e altri al disegno, alla pittura, alla grafica o all'illustrazione, alla musica, al cinema. Nei disegni e nelle opere di Francesco Balsamo ho trovato dispiegata, in sofferenza e grazia canicolari, quella sensazione di stare in un caldo sogno che forse porta il nome della sua isola. Quando ho letto, in sessione ravvicinata, Ortografia della neve (Incerti Editori, 2010) e Tre bei modi di sfruttare l'aria (Edizioni Forme Libere, 2013) ho capito come il suo lavoro d'artista figurativo fosse la conferma che non c'è nessuna fretta, ansia o necessità di ravvicinare i versanti del disegno a quelli del disegno con le parole e le lettere, visto che il disegno viene prima e la scrittura è anche disegno (non vale invece l'inverso, io credo).

Vi è nei suoi componimenti una dolcezza mai trattenuta eppure così sanguigna, corrente sottopelle, mai debordante e quasi feroce, come quella che si può impadronire del nostro sguardo in rari momenti di sospensione e interruzione (Tout commence par une interruption scriveva Paul Valéry), e vi è un "odore di diluvio" che non è necessariamente di sola pioggia, ma è di sole, neve, aria e luce, con la sola differenza che qui non siamo, rimbaudianamente, après le déluge ma ci siamo soffermati un attimo prima, frapposti tra l'insistenza di uno sguardo che preme e rovista e un accoglimento di quello che arriva alla mente diluviando, agli occhi e ai sensi tutti deviandoli. In una poesia che mi subito colpito scrive: "di inverni oggi / ne sono passati due, // interni ai muri / come cavi elettrici, // stazioni radio / se accosti l’orecchio - // (se accosti l’orecchio / un muro è un giorno di dio)". Il poeta Giampaolo De Pietro, chiudendo questo volume con la sua nota e riprendendo tra l'altro un filo che riporta al già citato Klee, scrive che "La lacrima (disegno del 1933), ad esempio, potrebbe sembrare un foglio di questo libro, un modo “scelto” di sfruttare l’aria, tra la carta e la parola, il respiro del tracciare e dello sfregolare il tempo, tra una figura e un discorso, che poi fa sempre silenzio, stagione, vegetazione; corpo che scricchiola e preghiera divisa tra due sedie e le spalle. Un ronzio, trottola del fiato che chi scrive ha imparato ad ascoltare, nel sentirsi solo come una mosca in una stanza abitata dall’ora, tra le lancette di una pagina scritta e i piccoli mai delle sillabe. Capita spesso che le figure di Klee si differenzino di poco da ciò che le circonda, ecco, chi scrive sta per confondersi col resto, proprio e circostante. Zone diverse di colore, qui e là. Una rotondità che torna, quasi irride. [...]" (il corsivo è mio). Qui sotto le tre poesie che ho scelto.


i fazzoletti dei calendari,
quelli di chi parte -

in strada il sole su un fianco,
per chi resta -

la brace fredda delle chiavi -
la sonnolenza dei vetri nei vapori -

per chi resta mai si pronuncia
in sottili spiegazioni,

o nell'intesa del viso
con la mano -

-

la casa bene piegata,
le cose ancor prima delle cose,
la vita fino alle ossa

tra la misericordia ghiacciata dei muri
e la comprensione del pavimento,
che regge tutto senza che nulla lo sfiori -

solo chi morde le pietre
sente il batticuore dell'aria

-

ognuno ha una sua mappa nell'abbraccio
una strada premuta come un sasso
la scintilla di una luce spenta
la speranza di un lampione
la tenerezza dei tetti
accanto ai tetti


(Sopra un'opera di Francesco Balsamo: Insonni (part.), 2010/2011, tecnica mista e campanelli su tavola, 103 x 73 cm)