Al di là del titolo e dell'illustrazione, una gabbia capovolta e un uccello distante, la copertina di faria (volume curato da Maria Luisa Vezzali per Dot.com Press, pp. 76, euro 10, con una nota/depistaggio di Sergio Rotino) è curiosa per un altro motivo. Capiamo subito da questa di avere davanti un libro scritto "a quattro mani" - come si diceva anche quando si scriveva con una mano sola a penna, oggi l'espressione è forse più corretta - da Giusi Montali e Luca Rizzatello. Qua viene aggredito con un colpo il cardine dell'autorialità unica, univoca della poesia, una picconata (indiretta, o forse neanche tanto) al narcisismo che devasta qualsiasi discussione sulla poesia. La cosa strana è che il mito di Narciso sembra però giocato nella grafica, dal momento che i nomi dei due autori sembrano rispecchiarsi in una superficie d'acqua rispetto a un asse che corre sotto di loro, solamente che il risultato sotto quest'asse non è il nome riflesso bensì il nome dell'altro autore. Sono molte e notevoli le implicazioni che questa inusuale scelta autoriale porge a noi lettori di un libro di poesia siffatto. Ma che cosa accade in faria? Ce lo dice, meglio di qualsiasi altro discorso, la nota iniziale: "ci sono 56 testi, divisi in due sezioni di 28 testi ciascuna, a loro volta costituite da 14 testi fonte e 14 riscritture; la struttura rimanda al dispositivo della Vita Nova, in cui si alternano poesie e commenti; ma dove là i commenti presentano le ragionate cagioni, qui producono le ipotetiche conseguenze. Nella sezione L’agiografia umana i testi fonte sono di Luca Rizzatello, nella sezione Il signor kleck i testi fonte sono di Giusi Montali. La prima regola di faria è: c’è più di un autore, ma meno di due. La seconda regola di faria è: fare letteratura di evasione, ma in senso escapologico." La nota dice anche altre cose molto interessanti, ma per ora mi fermo qui, perché nel suo tono descrittivo in realtà pone più di qualche picchetto per le capanne sudatorie dei nostri ragionamenti. Scrivere note sensate in un libro di poesia non è un'attività facile - non credo sia nemmeno particolarmente gratificante - ma a volte all'autore/agli autori questo gesto riesce bene.
"Più di un autore, ma meno di due", appunto. Questo potrebbe essere destabilizzante per chi ha una certa abitudine a leggere poesia filtrandola sempre e comunque a partire dal nome dell'autore e dalla tirannia che questo esercita sul percepito, sulle aspettative, sulle delusioni ecc. Nel caso di faria sapere e non sapere così bene chi ha scritto cosa potrebbe insomma essere un'azione di disturbo alle nostre certezze in merito a teorie delle percezione e ricezione del testo letterario. Argomenti non più tanto di moda, si sa, ma pur sempre centrali se quello che ci interessa è la scrittura e non il côté-cotechino che attorno alla sedicente letteratura e paraletteratura s'affetta. Voglio dire che se qualcosa accade allora accade dentro la scrittura, in un libro pensato e progettato e non altrove, come troppo spesso verifichiamo. Da questo punto di vista, cioè quello di una virtù anonima della scrittura, faria è un congegno di critica dei meccanismi più incancreniti mediante i quali il tapis roulant delle patrie lettere pensa di muoversi. In realtà, e lo verifichiamo sempre più spesso, c'è ben poco movimento e avviene tutto per una malsana e per tanti versi inspiegabile cooptazione intragenerazionale che continua a tenere banco. Cui prodest? è la domanda da fare, soprattutto a chi è più giovane e si avvale di questa cooptazione.
La prima parte del volume, L'agiografia umana, riporta tutti titoli in inglese e si palesa come "affresco contemporaneo che oltrepassa ogni senso nazionale e nel quale la realtà studiata si apre all’immaginazione che permette, più di qualsiasi altro strumento, di indagarne gli aspetti anche meno evidenti e rivelarne le storture". Dispone via via sonetti di versificazione più breve a sinistra e di versificazione lunga a destra. Si registra un forte squarcio d'apertura, nelle immagini e nell'attingere a cespiti inediti (la Nigeria e Osaka possono fare capolino in un passo breve). Se usignoli stanno con tralicci di cementifici, vetri strisciati di littorine, sfrigolanti neon d'Autogrill, le radici dei limoni biancheggianti vivono con "fantasmi anoressici sulle stampe/ delle case da tè di osaka" negli "specchi di pagina" che messi insieme formano questo libro. A destra, il testo s'allunga e prende altre forme, direzioni, riparte da capovolte motivazioni, talvolta ricorrendo a determinati lessemi che si ripresentano, talvolta apportando una riscrittura pressoché totale. Ma è corretto dire che a destra troviamo una riscrittura dei testi fonte disposti a sinistra? Non penso che "riscrittura" sia la definizione più aderente a quel che accade. Vediamo un esempio di questo "specchio di pagina" nel testo intitlato "Dark roomances":
In nigeria i farmaci si fanno mescolando
l’acqua con i fiori e con la polvere di gesso
dentro i catini incrostati negli scantinati
le smorfie delle maschere rituali restano
l’unica cura contro il ceppo virale più
ostinato mentre fuori gli arbusti non si
possono nascondere tra i morsi della polvere
gli animali sono sbiancati per il sudore
nel dopopranzo non si muovono ma non stanno
mai fermi tremolano in preda ai vapori della
digestione nel silenzio infranto solo dai
kalashnikov nell’acqua dei catini si specchiano
il morso e le cinghie di cuoio dell’esorcista
il cigno ha il piumaggio bianco ma la carne nera.
-
in india ogni tre anni si è liberi dal ciclo terrestre:
né vita, né morte, l’elisir cade da un catino conteso
ai quattro angoli del paese le gocce svelano il regno
del sole, alla confluenza dei fiumi la purificazione
si trasmette per generazioni, mentre il sadhu si salva
individualmente e fa ritorno al cosmo, shiva fuma
con lui hashish e si ritrova sull’eminenza tanar delle
discrezioni: hegel ha torto, così preferisce la coincidenza
di pensiero e modus vivendi, si scopre gimnosofista
eremita del corpo nell’ascesi del silenzio, nell’imbuto
del bacino le voci percorrono il corpo mesmerizzato:
anche i topi sono sacri, nell’inconscio si ingravida
il ramo d’oro, i bambini e i cantastorie si sottraggono
alla morte e proseguono lesti un altro giro di vita
Mi sembra che questo testo sia in grado di reggere la complessità terribile dell'esemplificazione e di rendere l'idea di come funziona questo marchingegno di faria. Ma funziona? Non nel senso del verbo "funzionare" con cui si parla orribilmente della poesia in giro, ovvero riferendosi a quel "test sul testo" all'applausometro del pubblico nelle pubbliche letture. Non in quel senso funziona faria, per fortuna. Funziona semmai con diversa accezione del verbo, meno da playlist radiofonica insomma. Funziona nei moventi e negli esiti, funziona proprio lì dove accade, cioè nella scrittura, e persino in una ritrovata mimesi del mondo. Ritornando alla preziosa nota e alla parte in cui introduce la seconda sezione intitolata Il signor kleck, leggiamo che questa sezione sarà "la narrazione di un tentativo di analisi della realtà da parte di un soggetto e al contempo uno studio che un altro soggetto fa sul primo; è un monologo, ma anche un dialogo; è il tentativo di descrivere una serie di immagini talmente «informali» da modificarsi continuamente. Entrambe le sezioni intendono evadere da ogni preconcetto poetico e da ogni conformismo e in ciò siamo debitori all’abate Faria che ci ha ben istruito."
Quest'altro frammento riportato introduce allora altri due aspetti essenziali: la seconda sezione del libro, sulla quale presto arriveremo, e il personaggio da Il conte di Montecristo che presta il proprio nome al titolo del libro, quell'abate Faria impegnato nella fuga dalla sua cella nel castello d'If (ma nel dialetto, almeno in quello di Rizzatello, o nella lingua di Cecco Angiolieri, "faria" è anche il condizionale "farei-farebbe"). Di qui il richiamo alla volontà di fare letteratura d'evasione, ma in senso "escapologico" come chiude la già citata nota, in un'accezione magico-illusionista quindi. L'annosa questione della "letteratura d'evasione" è così risolta, in senso letterale, all'interno dello stesso circuito che ha creato, ricorrendo a un famoso personaggio che cercò la propria evasione (ecco allora che potremmo ritornare per un attimo alla copertina). Nella seconda sezione, laddove i testi fonte sono di Giusi Montali, è la centralità del verbo "vedere" a colpire, spesso nell'accezione "vedi" ma anche "vedilo", "vedila". Troveremo anche qui parole da linguaggi specialistici e settoriali, come quello medico o scientifico, ma anche di un rinnovato repertorio crepuscolare (una piccola campionatura potrebbe annoverare "diencefalo", "poltergeist", "linea di Kármán", "fibromi", "eritema", "aritmia", "narghilè", "entalpia", "verminazioni", "epistassi", "iperacusia"). Ecco quanto accade, sempre a esempio, nel componimento e nello "specchio di pagina" intitolato "prima tavola":
il sonno è una costellazione di dimenticanza
che nel vuoto ripete il codice in dotazione
attraverso lo spazio conosciuto e oscuro e
il tempo dilatato: si ampliano le arterie per
contenere l’aria attraversata, i piedi nella terra
la testa spinta in questo buco: nell’orizzonte
degli eventi la strada è un ago che perfora
dentro un nero che ingoia, verme di buio
-
sul visore c’è scritto manichino
perché non si confonda con gagarin
vedi la foto sul mar nero vedi
il francobollo eppure l’equipaggio
è quello di riserva oltre la linea
di kármán ecco la stazione in fiamme
il rientro il difetto nella valvola
dell’aria poi l’esposizione al vuoto
Le immagini "talmente informali" di cui è fatta questa seconda sezione, i moltissimi elementi inconsueti (anche geografici) che fanno questa sezione e l'intero libro spostano con una scossa il terreno su cui cammina la lettura e travolgono quell'immaginario poetico che ormai potremmo definire "medio" a favore di un progetto di scrittura che si apre, soprattutto in senso spaziale, a un flusso di percezioni divaricanti. Ed è forte la componente progettuale del libro - lo avete letto anche dalla nota - che fissa il perimetro della cella del possibile e i tunnel della fuga del nostro abate. La parte più interessante della bella nota di Sergio Rotino è dove precisa che "nello scrivere le poesie doppie, duali, bine, che compongono il progetto di questo libro, così come nel leggerle, ci troviamo sì per le scale di Escher, ma restando sempre in un sistema cartesiano di inizio-fine. Chi scrive (forse più di un autore, forse meno di due autori) vuole cioè cancellare preconcetti poetici e varie forme di conformismo poetico, affidando al lettore la propria fuga. Ma così facendo usa la carta, l’inchiostro, il libro e il verso. Quindi chi legge diviene momentaneo testimone dell’atto. Ne diviene anche complice spostando in avanti il limite con il proprio cercare nuovi paradigmi. [...]". Insomma, finalmente un "libro di poesia" e non solo un "quaderno di scritture", per provare a riassumere.
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giovedì 23 giugno 2016
"faria" di Giusi Montali e Luca Rizzatello: più di un autore, ma meno di due
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Luca Rizzatello,
Maria Luisa Vezzali,
Sergio Rotino
lunedì 24 agosto 2015
Poesie di Audre Lorde nella traduzione di Maria Luisa Vezzali/WIT (Women In Translation)
Accanto
ai ratti di "al cor gentil ratto s'apprende" con le loro poesie
inedite, compare un altro animale per nominare uno spazio dove si
ospitano traduzioni di poesia: lo stregatto o Gatto del Cheshire di
Lewis Carroll. Ratti e stregatti, insomma. Adotterò pregiudiziali e
faziosi criteri per vagliare proposte di traduzioni, anche nei casi di
lingue totalmente sconosciute come russo, coreano o giapponese (insomma,
mi baserò su un traballante concetto di fiducia). Il gatto qui
sopra è un particolare del dipinto "San Girolamo nello studio" di
Antonello da Messina. Al di là delle molteplici simbologie e
caratterizzazioni dei gatti, da Antonello a Carroll (Dante non è tornato
utile stavolta perché un po' li snobba), qui proviamo a stregarvi con
nuove traduzioni facendo le fusa. L'augurio è incoraggiare la traduzione
poetica che un po' latita, anche nelle generazioni più giovani, e che
qualche stregatto un giorno possa precipitare altrove, anche in un libro
se capita.
Parto di sangue
Ciò che dentro di me urla
sbatte per uscire o entrare
nomina il vento, dei venti vuole la voce
dei venti vuole il potere
non è il mio cuore
e sto cercando di dirtelo
senza artifici o abbellimenti
con schegge di me che volano in ogni direzione
urli ricordi vecchi pezzi di carne
eliminati come corteccia secca
da un albero abbattuto, sopportando
o confermando
trattenendo o dando alla luce
bambino o demone
è questa nascita o esorcismo o
progettazione iniziale di me stessa
che abbozza richiama
gli affari di mio padre – ciò che dovrei
trattare – facendo
gli affari miei?
Dovrò spaccarmi
o essere abbattuta
dal colore di una parola o dalla sua mancanza?
E da quale direzione
sarà aperta la breccia
per mostrare il vero volto di me
inerme nudo e insieme
i miei figli i vostri figli i loro figli
intenti ai nostri affari comuni?
In una notte di luna piena
I
Dalla mia carne affamata
dalla mia bocca esperta
esce la forma che sto cercando
a ragione.
La curva del tuo corpo
si modella nella mia mano in attesa
la tua carne calda come luce del sole
le tue labbra rapide come uccellini
tra le tue cosce il dolce
acuto gusto dei lime
Così ti tengo
proprio nel centro del cuore
nell’esperienza della pelle
mentre le mie dita creano la tua carne
sento il tuo ventre
curvarsi sul mio.
Prima che la luna tramonti ancora
noi verremo insieme.
II
E io ero la luna
detta sulla tua carne invitante
rompevo le riserve
il pensiero arenato
le mie mani pronte alla tua alta marea
sopra e sotto dentro di te
e il passaggio della fame
presente, dimenticata.
Sorta oscura
la luna parla
i miei occhi
soppesano la tue rotondità
deliziose.
Riti di iniziazione
per MLK jr
Ora culla la barca all’addio.
Un tempo abbiamo sopportato di sognare
in un luogo dove i bambini giocano
i loro giochi da bambino
dove bambini sperano
che la conoscenza sopravviva
se ignari seguono il gioco
senza vincere.
I loro padri muoiono
tornati alla libertà di bambini saggi che giocano
al sapere
i loro padri muoiono
né la morte li libererà
dal crescere attraverso la conoscenza
dal sapere
quando il gioco diventa stupido
una supplica pericolosa
per un tempo senza più potere.
Rapidi
bambini ci baciano
noi cresciamo nel sogno.
Bloodbirth
That which is inside of me screaming
beating about for exit or entry
names the wind, wanting winds’ voice
wanting winds’ power
it is not my heart
and I am trying to tell this
without art or embellishment
with bits of me flying out in all directions
screams memories old pieces of flesh
struck off like dry bark
from a felled tree, bearing
up or out
holding or bring forth
child or demon
is this birth or exorcism or
the beginning machinery of myself
outlining recalling
my father's business - what I must be
about - my own business
minding.
Shall I split
or be cut down
by a word's complexion or the lack of it
and from what direction
will the opening be made
to show the true face of me
lying exposed and together
my children your children their children
bent on our conjugating business.
On A Night of The Full Moon
I
Out of my flesh that hungers
and my mouth that knows
comes the shape I am seeking
for reason.
The curve of your body
fits my waiting hand
your flesh warm as sunlight
your lips quick as young birds
between your thighs the sweet
sharp taste of limes
Thus I hold you
frank in my heart's eye
in my skin's knowing
as my fingers conceive your flesh
I feel your stomach
curving against mine
Before the moon wanes again
we shall come together.
II
And I would be the moon
spoken over your beckoning flesh
breaking against reservations
beaching thought
my hands at your high tide
over and under inside you
and the passing of hungers
attended, forgotten.
Darkly risen
the moon speaks
my eyes
judging your roundness
delightful.
Rites of passage
to MLK jr
Now rock the boat to a fare-thee-well.
Once we suffered dreaming
into a place where the children are playing
their child’s games
where children are hoping
knowledge survives
if unknowing they follow the game
without winning.
Their fathers are dying
back to the freedom of wise children playing
at knowing
their fathers are dying
whose deaths will not free them
of growing from knowledge
of knowing
when the game becomes foolish
a dangerous pleading
for time out of power.
Quick
children kiss us
we are growing through dream.
On parle de:
Audre Lorde,
lo stregatto,
Maria Luisa Vezzali,
WIT (Women In Translation)
mercoledì 5 agosto 2015
Poesie inedite di Maria Luisa Vezzali
"al
cor gentil ratto s'apprende" è il titolo dello spazio che Librobreve
dedica alle poesie inedite. Qui si ospitano testi che probabilmente
andranno a costruire nuovi libri di poesia. Si propone come rubrica di
solo testo, priva di foto glamour degli autori. L'unica immagine rimarrà
quella del ratto qui sopra, identificativa di ogni post, un
portafortuna che dedico agli ospiti. La pubblicazione avviene su invito e
pertanto non ha senso inviare i propri testi all'autore del blog se non
vi è stato prima un dialogo e accordo tra Alberto e chi ha scritto le
poesie. Non ho previsto commenti o preamboli ai testi. I lettori invece
possono commentare.
Due poesie inedite di Maria Luisa Vezzali
Due poesie inedite di Maria Luisa Vezzali
una voce
notte stimma
stame seme chi
il tempo ha pigiato nell’occhio
come uva nel tino
nell’orecchio un blu frusciante
che vorrebbe fiorire
e concresce
serie su serie di giorni contorti
stanze su stanze
infinite
è difficile dire
pronunciare il primo
pronome singolare
che posto è questo
che seme è
quando sale la falce di luna
quando la mente è satura
e il cuore è tutto sulle dita
e i bambini sono tutti
nei loro petali di carne
e tutte le vesti
sono sulle sedie
tutte le impronte fuori
e tutto intorno sa
di serratura
quando sapeva di mare
si poteva parlare
ma ora tutto sa di stagnola
tutto il mare
sta nella mia testa
e se parlo viene
risucchiato
nell’ospizio del cranio
nell’unica durata nell’unico
qui possibile dimoriamo
cantando
per niente nei viali convergenti
nella madre di respiro niente
ascolto
nell’agio delle mani d’amarsi
per niente e niente seggiole intorno
al tavolo
piuttosto nella sete piuttosto
nella fame sete nella fossa
di svaso
come di notte giorno si sente
da finestre variamente aperte
nel cranio
rotolare i cibi sui ripiani
urtare le pareti del frigo
ronzando
e le porte pulsare di carne
aprire chiudere via la luce
nel fango
e le voci maturare organiche
trasudare dilatare umori
lontano
questa fitta l’abbiamo sentita
di notte giorno sentita tutta
più dentro
il nome della materia è anima
l’abbiamo sfarinata per questo
per questo
On parle de:
al cor gentil ratto s'apprende,
Maria Luisa Vezzali
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