mercoledì 28 novembre 2012

"Basta così" di Wislawa Szymborska, le ultime 13 poesie

A tempo di record esce il libro al quale stava lavorando Wislawa Szymborska prima della morte, avvenuta lo scorso febbraio. Basta così (Adelphi, pp. 92, euro 10) contiene tredici delle diciotto poesie con le quali la poetessa polacca intendeva congedarsi dal proprio editore e dal mondo dei lettori che avevano imparato ad amarla (e mai titolo fu più diretto a segnare un addio che in fondo addio non è). La pubblicazione in volume è stata possibile grazie all'operato di Michał Rusinek e di Ryszard Krynicki, mentre la traduzione in italiano, dopo la morte del grande Piero Marchesani, storico traduttore della Szymborska per Scheiwiller e Adelphi, è stata affidata a Silvano De Fanti, docente dell’Università di Udine (Ryzsard Kapuscinski, Jaroslaw Mikolajewski e Tadeusz Rózewicz tra gli altri autori con cui si è cimentato). La Szymborska rappresenta oggi un caso di poesia largamente apprezzata e le sue opere sembrano esser lì a smentire chi sostiene che la poesia è poco letta. Chi ama questa autrice poi, la ama fino in fondo, di un amore quasi assoluto e incondizionato. Il volume è corredato da una serie di diciassette riproduzioni e descrizioni dei manoscritti che lo renderanno un piccolo evento editoriale. Per l'occasione la collana Piccola Biblioteca fa uno strappo alla regola e inserisce delle illustrazioni in copertina.

Non resta che addentrarci brevemente dentro questo libro, senza correre il rischio di dilungarci troppo, tanto è breve e incompiuto. Come spesso ci ha abituato, l'autrice descrive situazioni, persone e luoghi ricavandone momenti di radianza straordinari. Così accade già nella prima poesia, "Un tale che osservo da un po' di tempo", dove un addetto alla raccolta dei rifiuti  tra "ossi spolpati, / rosari fischietti e preservativi" trova anche una gabbietta per colombi che terrà appositamente perché resti vuota. Nella seconda composizione intitolata "Le confessioni della macchina che sa leggere" leggiamo "[...] «anima», espressione bizzarra. /  Per ora ho stabilito che è una specie di nebbia, / più duratura, pare, degli esseri mortali.". Altrove l'autrice aveva scritto che l'anima la si ha ogni tanto e che nessuno ce l'ha di continuo e per sempre. Credo che pochi poeti si siano soffermati su questa parola con tale potenza e delicatezza ad un tempo. Nella quarta poesia, "Catene", il quadro è costituito da un cane ritratto alla catena in un giorno d'afa, vicino alla sua ciotola, motivo visivo per richiamare ciò che non vediamo, per spostare lo sguardo del lettore sulle nostre catene, soltanto più lunghe e meno visibili, e che ci consentono di passare accanto all'animale disinvolti. La poesia "All'aeroporto", dedicata a due amanti che si abbracciano correndosi incontro a braccia spalancate, ci riporta dritti alla grazia di certi momenti della sua scrittura dedicata proprio ai luoghi di transito, come sono ad esempio le stazioni dei treni e come accadeva perfettamente, in effetti, in una poesia come "La Stazione" , quella lirica indimenticabile che si apre con il puntuale "arrivo nella città di N.". "Coercizione" è una bellissima poesia da dedicare a certa sicumera vegetariana. In "La mano", una descrizione anatomica lascia spazio a una riflessione tra l'amaro e l'ironico che ricorda come questa configurazione di ossa e muscoli sia stata sufficiente a scrivere il "Mein Kampf o Winnie the Pooh". La poesia "Lo specchio" si apre con l'immagine forse più memorabile dell'intera raccolta:"Sì, mi ricordo quella parete / nella nostra città rasa al suolo. / Si ergeva fin quasi al sesto piano. / Al quarto c'era uno specchio, / uno specchio assurdo / perché intatto, saldamente fissato.". Da qui, da questo titolo, si può partire per leggere il dittico solo apparentemente autoreferenziale delle poesie "Reciprocità" e "A una mia poesia". Il gran finale è per Mapa ("La mappa"), forse la più bella poesia del libro, nella quale Wislawa Szymborska, dopo aver in lungo e in largo perlustrato una mappa sul tavolo, conclude che ama le mappe perché dicono bugie, "Perché sbarrano il passo a verità aggressive. / Perché con indulgenza e buonumore / sul tavolo mi dispiegano un mondo / che non è di questo mondo." 

Da poesie come "La mappa" si capisce perché Wislawa Szymborska è diventata una scrittrice molto amata, si capisce anche perché grazie a lei la poesia scende rapidamente da quell'inutile piedistallo e da quell'aura che in realtà non ha mai posseduto, a differenza di altre arti, e che invece anche oggi, troppo spesso, le viene proiettata addosso. I suoi versi camminano tra noi, in quelle situazioni comunissime che la sua poesia ha saputo raccogliere nel momento di cambiamento di un colore, di contrasto, di fading, di epifania e, alla fine, di filosofia, in una sorta di rivisitazione attualissima di quel wit che in poesia davvero pochissimi autori sanno mettere in atto.



C'È CHI


C'è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.

È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.

Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.

Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più, 
perché dietro quell'attimo sta in agguato il dubbio.

E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.

A volte un po' lo invidio
- per fortuna mi passa.

6 commenti:

  1. Libro bellissimo, come tutti gli altri!

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  2. Ho scoperto quest'autrice con questo libro, prima non la conoscevo, me ne parlò un amico. Andrò a cercarmi tutto il pregresso che mi è scappato finora...

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  3. Grazie Alberto di questi post

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  4. Bellissima poesia. Sai per caso il titolo originale?

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  5. Il titolo originale non lo so magari lo ricerco, ma con calma.

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