64 pagine stampate in corpo molto grande (un aspetto tipografico che mi ha fatto venire in mente i tasti di quei cellulari destinati agli anziani o comunque alle persone ipovedenti) al prezzo un po' alto di 7 euro: così si presenta Segreti e no, il nuovo libro brevissimo di Claudio Magris. Scavalcato questo ostacolo del prezzo un po' antipatico, va detto che Segreti e no è un testo assolutamente da leggere, e sta bene dirlo subito prima di iniziare a parlarne. Non solo perché capita spesso che ogni cosa della produzione dello scrittore triestino s'addentelli su fondamentali muri della Storia, ma anche perché questo intervento - che non ho ben capito se nasce in inglese, visto che nel colophon è menzionato un "The secret" del quale questo breve testo dovrebbe essere la traduzione - prende di petto una sola parola quasi scomparsa dal nostro mondo, forse a causa di un pudore sbagliato o di un pudore andato a male. Chissà perché. Al di là dei bambini e dell'infanzia, dove la parola "segreto" ha ancora qualche guizzo di vitalità, legato magari a una frequente, stereotipata gestualità di mani e orecchie, sembra che il segreto sia scomparso dalla faccia dalla terra, anche se sentiamo ancora parlare di "segreto di stato", "agenti segreti", "segreto bancario" o di altri segreti legati alle faccende della politica e del potere. Se non è scomparso del tutto, il segreto è sicuramente protagonista di un processo lungo di banalizzazione. Eppure mai come ora, in tempi di massima vetrinizzazione sociale, è opportuno tornare a scrivere e a parlare del segreto.
Il merito di questo intervento di Magris è anche quello di riportare il segreto alla sua centralità nella vita di ognuno. L'autore, un romanziere, che più aiuta Magris in questo è senz'altro Javier Marías di Un cuore così bianco e Domani nella battaglia pensa a me. Non dimentichiamo che per i suoi romanzi Marías andò a studiarsi un libro introvabile di Comisso intitolato Agenti segreti di Venezia 1705 - 1797. L'indimenticato Torquato Accetto della "dissimulazione onesta", largamente amato anche da Giorgio Manganelli, offre a Magris lo spunto per il finale dello scritto. Non può essere che il segreto sia scivolato nell'oblio e nel buio, a maggior ragione in questa epoca contraddistinta da un nuovo ambiguo "potere internettiano", chiuso tra trasparenza e segreto, ed è in fondo normale che si debba tornare a parlare di segreto oltre certe pedestri e incerte discussioni sulla privacy (chi leggerà queste pagine di Magris noterà che Internet è solo uno dei tanti rimandi o echi possibili sullo sfondo di questo ragionamento, anche se probabilmente è l'eco che a un editore d'oggi fa più gola isolare e illuminare).
Il dramma del segreto è la sua traslazione sull'asse del discorso, essersi spostato nella nostra epoca in posizione aggettivale, laddove ne facciamo ancora largo impiego; è come ci fossimo stancati di vederlo e sentirlo come un sostantivo. Mi pare dica anche questa cosa qui il ragionamento di Magris. E quando nel secolo scorso è prevalso il suo utilizzo sostantivale, spesso eravamo in tempi bui, sdrucciolevoli, nell'imbuto e nel tormento dei totalitarismi o di certo esoterismo poco raccomandabile. Di sicuro "segreto" è un sostantivo ingombrante e pesante, com'è giusto che sia. L'etimo di segreto rimanda al verbo "secernere", di cui il participio passato è "secreto". Un verbo strano che rinvia al nostro sistema endocrino e a ciò che emette, anche se nella lingua latina diceva di ciò che è separato e vagliato e, in fondo, di una sorta di libertà che nasce nella separazione. Agli albori della nostra letteratura un poeta fondamentale per la lirica europea, Petrarca, scrisse una prosa in latino che si intitola Secretum. Ma perché a uno dei più intelligenti scrittori dell'Italia attuale interessa così tanto il segreto? La risposta più chiara a questa semplice domanda sta nelle pagine dove Magris riprende il diritto all'opacità rivendicato da Édouard Glissant, il diritto di non essere passato da parte a parte "dai raggi X di alcuna conoscenza globale", in "umanissima difesa della propria libertà". Svelare un segreto significa deformarlo, come in una sorta di principio di Heisenberg per cui l'osservazione di un fenomeno significa già la sua alterazione. Detto con le parole di Javier Marías "[...] La verità non riluce, come si dice, perché l'unica verità è quella che non si conosce e non si trasmette, quella che non si traduce con parole né con immagini, quella celata e non controllata. Forse per questo si racconta tanto o si racconta tutto, perché niente sia mai accaduto, una volta raccontato."
C'è una poesia di Montale la cui seconda parte mi è sempre rimasta impressa, in particolare per l'utilizzo che Montale fa di due parole: "schermo" e "segreto". Avrete già capito a quale poesia intendo rimandare. Mi è tornata subito in mente leggendo queste importanti pagine di Magris, consegnate al suo ennesimo imperdibile libro.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
(Oggi trovo inquietante quella quasi rima tra "vetro" e "segreto", tra la trasparenza del vetro-schermo e l'opacità del segreto.)
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venerdì 24 gennaio 2014
lunedì 24 ottobre 2011
"Interpreti di vite". Nel laboratorio di Javier Marías
Il tuo volto domani è il bellissimo titolo della recente trilogia di Javier Marías. Sottolineo bellissimo perché trovo uno più bello dell'altro i titoli che Marías ha riservato ai propri romanzi. Lo shakespeariano Domani nella battaglia pensa a me, Un cuore così bianco, Nera schiena del tempo o Quand'ero mortale possono bastare a suggerire una certa facilità-felicità dello scrittore spagnolo nel dare i titoli. Non vi pare? Magari è soltanto una mia debolezza, eppure sono convinto che, in epoca di sovrabbondante offerta, a partire da titolazioni felici si possa provare persino a scommettere sull'opportunità di investire tempo nella lettura di un libro. Un metodo come un altro, fortemente pregiudiziale ed estremo - ne sono consapevole - ma che può trovare un legame con l'idea di partenza di questo blog, cioè il "trovare il tempo per la lettura". Con l'edizione tascabile spagnola del terzo episodio, in italiano Veleno e ombra e addio (eccone un altro!), uscì anche un'appendice, la quale è ora proposta separatamente nel minuscolo volume Interpreti di vite (Einaudi, pp. 28, euro 8) nella traduzione del solito Glauco Felici.
Chi ha letto Il tuo volto domani sa che l'attività dei servizi segreti è in primo piano. (Detto per inciso non guasterebbe ricordare, in ottica di riproposizioni editoriali, quanto lo stesso Marías ha dichiarato in occasione del recente Premio Nonino, cioè l'importanza della lettura di Agenti segreti di Venezia 1705-1797 di Giovanni Comisso, un libro quasi irreperibile in Italia oggi.) I tre "ritratti da servizi segreti" che trovano spazio in queste trenta pagine scarse sono di estrazione "mista": Silvio Berlusconi, Michael Caine e Lady Diana. Potrete leggere il libricino sia come un'appendice alla trilogia ma anche come un invito alla stessa. I servizi segreti che abbiamo conosciuto ne Il tuo volto domani sanno leggere e interpretare le vite dei soggetti che scrutano. Qualcosa di analogo accade nelle pagine qui dedicate all'imprenditore-politico di casa nostra, all'attore hollywoodiano e all'erede al trono del Regno Unito.
"È possibile sapere come sono le persone e come cambieranno nel futuro? Fino a che punto possiamo fidarci dei nostri amici e dei nostri conoscenti e dei nostri soci in affari, dei nostri amati, dei nostri genitori e dei nostri figli? Quali sono le loro tentazioni e le loro debolezze, o il loro grado di lealtà e la loro fermezza?" queste le parole che Marías impiega per introdurci nel vivo di questi ritratti.
In copertina un interessante taglio dall'Allegoria della simulazione di Lorenzo Lippi che enigmaticamente sottrae il volto, elemento centrale della titolazione della trilogia nonché oggetto di studio dei servizi segreti, i cui compiti s'assommano in una missione che consiste nel sapere oggi come saranno domani i volti delle persone che scrutano (di qui il collegamento con le parole dell'introduzione di Marías). Il pensiero allora può correre al Seicento, il secolo di Lippi ma anche di Torquato Accetto e della sua "dissimulazione onesta". I paratesti di un libro, quando ben giocati, potrebbero servire proprio ad aprire nuove frontiere di lettura.
Lorenzo Lippi, Allegoria della simulazione, olio su tela, 1640. Angers, Musée des Beaux-Arts.
Chi ha letto Il tuo volto domani sa che l'attività dei servizi segreti è in primo piano. (Detto per inciso non guasterebbe ricordare, in ottica di riproposizioni editoriali, quanto lo stesso Marías ha dichiarato in occasione del recente Premio Nonino, cioè l'importanza della lettura di Agenti segreti di Venezia 1705-1797 di Giovanni Comisso, un libro quasi irreperibile in Italia oggi.) I tre "ritratti da servizi segreti" che trovano spazio in queste trenta pagine scarse sono di estrazione "mista": Silvio Berlusconi, Michael Caine e Lady Diana. Potrete leggere il libricino sia come un'appendice alla trilogia ma anche come un invito alla stessa. I servizi segreti che abbiamo conosciuto ne Il tuo volto domani sanno leggere e interpretare le vite dei soggetti che scrutano. Qualcosa di analogo accade nelle pagine qui dedicate all'imprenditore-politico di casa nostra, all'attore hollywoodiano e all'erede al trono del Regno Unito.
"È possibile sapere come sono le persone e come cambieranno nel futuro? Fino a che punto possiamo fidarci dei nostri amici e dei nostri conoscenti e dei nostri soci in affari, dei nostri amati, dei nostri genitori e dei nostri figli? Quali sono le loro tentazioni e le loro debolezze, o il loro grado di lealtà e la loro fermezza?" queste le parole che Marías impiega per introdurci nel vivo di questi ritratti.
In copertina un interessante taglio dall'Allegoria della simulazione di Lorenzo Lippi che enigmaticamente sottrae il volto, elemento centrale della titolazione della trilogia nonché oggetto di studio dei servizi segreti, i cui compiti s'assommano in una missione che consiste nel sapere oggi come saranno domani i volti delle persone che scrutano (di qui il collegamento con le parole dell'introduzione di Marías). Il pensiero allora può correre al Seicento, il secolo di Lippi ma anche di Torquato Accetto e della sua "dissimulazione onesta". I paratesti di un libro, quando ben giocati, potrebbero servire proprio ad aprire nuove frontiere di lettura.
Lorenzo Lippi, Allegoria della simulazione, olio su tela, 1640. Angers, Musée des Beaux-Arts.
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