Visualizzazione post con etichetta Piero Calamandrei. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Piero Calamandrei. Mostra tutti i post

giovedì 18 settembre 2014

Piero Calamandrei per la scuola

Riletture di classici o quasi classici (dentro o fuori catalogo) #22
Quote #5

"To repeat or copy the words of another, usually with acknowledgment of the source." Questo il verbo "to quote". Ma in italiano "quote" è il plurale di quota, parola che mi interessa soprattutto nel senso della misura di un'altezza o di un lato. Citando e contestualizzando minimamente passi importanti, cerco un modo assai svelto di dar notizia di libri significativi, possibilmente brevi. Stando breve, pure io.

Ora che il pachiderma della scuola ha ripreso a muoversi dopo il letargo estivo, potremmo tornare a leggere quanto sosteneva Piero Calamandrei nei discorsi che Sellerio ha raccolto in un volume del 2008 intitolato Per la scuola (pp. 144, introduzione di Tullio De Mauro, nota storico-bibliografica di Silvia Calamandrei, euro 10, libro ancora in commercio). Sono discorsi che oggi, se correttamente interpretati e applicati, potrebbero portare alla metamorfosi del suddetto pachiderma in una gazzella più pronta e agile. Non sto criticando chi fa al meglio ogni giorno il proprio lavoro negli ambienti scolastici e non sto nemmeno sostenendo che questa metamorfosi sia facile. A giudicare dall'assassinio collettivo premeditato che si è accanito sul corpo della scuola pubblica, a più riprese e da più parti politiche e sociali (famiglie in testa), oggi forse si starebbe prima a parlare di accanimento sul cadavere della scuola. Tuttavia serve un atto di fede generoso e disperato e credere fermamente che il cadavere sia invece un corpo intorpidito per il lungo freddo. E se poi è impossibile credere genericamente nella scuola come entità astratta, come a volte sembrano fare certi politici che si ricordano della scuola solo in situazioni protocollari, si può e si dovrebbe provare a credere in chi la scuola la fa, ovvero nelle persone che chiedono giustamente di essere messe nella condizione di lavorare. La prosa di Calamandrei, in più situazioni, e non solo quando affronta il tema della scuola, ha un effetto simile a quello che le chiacchierate con Piero Sraffa producevano su Wittgenstein: ci si sente come un albero al quale sono stati potati i vecchi rami. Quelle di Piero Calamandrei sono riflessioni dense di conseguenze, a maggior ragione alla luce dell'odierna corsa alla "scuola paritaria" alternativa alla scuola pubblica. Questa corsa rischia di trasformare in tante "scuole personali" tutti i neopartiti, le lobbies e le sette che senza sosta si affacciano all'orizzonte, persino quelle che poggiano la propria giustificazione e ragion d'essere su questioni passeggere e prosaiche come uno stile di vita e di consumo, spesso dimenticando che sono solo l'altra faccia della fuffa marchettara. Estremizzando volutamente per giungere al dunque, ma in fondo neanche troppo, mi auguro che non arriveremo un giorno a contare scuole per carnivori, per vegetariani, per vegani, per consumatori del biologico (pardon, biodinamico).

"Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? È un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica. Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini, hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l'arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l'arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! [...]. Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito [...]."

Dal discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma il giorno 11 febbraio 1950. Il discorso completo si può leggere anche qui.

domenica 15 settembre 2013

"Gli unici libri che amo sono quelli che cadendomi sui piedi non mi fanno male". Le edizioni Henry Beyle in un'intervista a Vincenzo Campo

Librobreve intervista #24

Vincenzo Campo stampa su carta "Zerkall Bütten" i suoi libri, quasi sempre brevi. Se vi appassiona la storia della carta e delle cartiere, se magari vi ha incuriosito il racconto della Valle delle cartiere di Toscolano Maderno, potete trovare qui, nel sito dell'azienda Zerkall, qualche informazione e qualche bella foto. Le tirature sono basse e le copie numerate. C'è la sua presenza, discretissima, dietro le creazioni di Henry Beyle. Ha scelto un nome stendhaliano per la sua casa editrice, la quale però pubblica prevalentemente testi del Novecento, spaziando tra le varie nazioni e lingue. Accanto ad esempio ho inserito il titolo, bellissimo, di Alberto Savinio: Gli uomini di pensiero tornano alla bicicletta. Ma è un catalogo davvero notevole quello che potrete scoprire (qui la versione pdf). I cataloghi editoriali sono a loro volta libri sui generis. Parleremo di questo anche nell'intervista che segue, all'insegna di Vanni Scheiwiller e di un suo sogno purtroppo non realizzatosi. Un tempo avevo iniziato a collezionarne qualcuno, poi per motivi di spazio non ho più potuto. Inoltre, sfogliare i vecchi cataloghi delle case editrici che hanno fatto la storia dell'editoria in quanto mestiere, può considerarsi un'esperienza singolare (così come è singolare l'esperienza di sfogliare un elenco telefonico del 1964 per approdare ad altro genere di pensieri o fantasie). E anche l'atto dello sfogliare il catalogo di Henry Beyle ci offre oggi suggestioni appuntite: Le polpette al pomodoro o Storia di una libreria di Saba, Can de toso, mi fai morire. Ritratto della madre di Rigoni Stern, un Chirurgia estetica di Apollinaire, L'ascensore senza specchio di Gillo Dorfles (vi è mai capitato di entrare in un ascensore senza specchio?), oppure i Sedili di Bruno Munari: cosa si nasconderà dentro questi titoli ghiotti come polpette?


LB: Le creazioni di Henry Beyle sono prevalentemente dei "libri brevi". Crede che tali rimarranno o pensa anche ad un "lievitare" del volume dei libri?
RISPOSTA: Negli ultimi mesi del 2011, volendo accompagnare il testo di Valentino Bompiani, Vari tipi di editore, con una nota, entrai in contatto con Paolo De Benedetti; a lui debbo una definizione che ben si addice alla Henry Beyle: gli unici libri che amo sono quelli che cadendomi sui piedi non mi fanno male.


LB: Mi soffermo sul catalogo della casa editrice (il lettore potrà rapidamente consultarlo sul sito o anche a partire da una libreria online come Ibs.it, dove è notevole il colpo d'occhio su titoli e autori). Come avvengono le pubblicazioni? Esiste una pianificazione serrata o i titoli si aggiungono per una sorta di gemmazione o costellazione più estemporanea? Può dare qualche anticipazione sulle prossime uscite?
RISPOSTA: Non esiste alcun calcolo, strategia editoriale, programma a lungo termine. Vagabondo tra vecchie pubblicazioni, antologie, riviste, almanacchi e mi piace pensare che di tanto in tanto, tra le diverse cose che scorro, un titolo bussi alla porta.
Nella mia casa siciliana avevo portato anni fa intere annate della rivista "Il Ponte"; questa estate sfogliandone alcune vi ho trovato un notevole testo di Calamandrei in cui egli ricostruisce la sua prima esperienza di avvocato nel corso della Prima guerra mondiale. Un testo che pubblicheremo nei primi mesi del 2014.


LB: Tra la bibliofilia e la fondazione di una casa editrice come Henry Beyle cosa accade? Cosa avviene nel passaggio o, più precisamente, cosa è accaduto nel suo caso? E, in fondo, lei si ritiene un bibliofilo?
RISPOSTA: Non sono un bibliofilo; per molti versi sono qualcosa di più subdolo: un tizio che è approdato alla forma più ingannevole di bibliofilia. Pubblico i libri che avrei voluto riunire in una mia collezione.


LB: Quando penso a cataloghi come a quelli di Henry Beyle mi interrogo sulla "ripubblicazione", che è una trave portante dell'edificio editoriale. Quali testi sogna di ripubblicare, se si può dire? E un editore come lei sogna anche i libri, di notte?
Vanni Scheiwiller racconta che avrebbe voluto allestire un catalogo che radunasse tutti i libri che non era riuscito a realizzare, un catalogo "delle occasioni mancate, delle speranze tradite: sarà – scrive – un catalogo bellissimo, tutto di libri bellissimi, senza paragone con quanto ho saputo realizzare". Pensava di pubblicarlo per i 50 anni delle sue edizioni. Non credo che la Henry Beyle arrivi a 50 anni dunque a 25 faremo anche noi un simile catalogo. Fin d’ora c’è un discreto elenco.
Non ricordo sogni con libri; la sera guardo sovente cult movie di serie b, mi capita che la prosecuzione di uno di questi si infili nella notte; nessun evento intellettuale dunque.