Visualizzazione post con etichetta Vicente Aleixandre. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vicente Aleixandre. Mostra tutti i post

martedì 16 giugno 2015

da "La distruzione o amore" di Vicente Aleixandre

Una poesia da #50


Non di rado mi diverte dedicare questo spazio intitolato "Una poesia da" a vecchie uscite della fu "Bianca" Einaudi, ora reperibili solo tra gli antiquari o nelle fornite biblioteche di provincia, un tempo condotte da ligi e zelanti bibliotecari ante-OPAC o ante prestito interbibliotecario. Ancora lo è "bianca", anche se a me piace pensarla ingiallita (e non gialla), non per feticistiche passioni dei libri d'antan (in fondo stiamo parlando di un libro uscito in italiano soltanto 45 anni fa), ma perché sfogliando il catalogo e le vecchie pubblicazioni mi accorgo di come si provasse a tradurre con una certa costanza e tempra. Non ci rendiamo conto che tanti dei "problemi" pseudosociologici con cui è avvicinata la poesia - sia chiaro, sempre a distanze di sicurezza! - passano per il declino vertiginoso delle traduzioni, della voglia e dell'entusiasmo di tradurre e proporre, di frequentarsi in questo nobile modo? Neanche tanto paradossalmente questo accade proprio oggi, dove potrebbe venir più facile e spontaneo frequentare le rive della traduzione. Ecco, tutto questo è solo per risparmiare odiosi cappelli biografici che a poco servono e per arrivare a dire che oggi scelgo una poesia da La destrucción o el amor, un libro dei primi anni Trenta del poeta spagnolo Vicente Aleixandre (Siviglia 1898 - Madrid 1984), pubblicato giusto alla metà di quel decennio. In Italia uscì appunto per Einaudi nel 1970, nella traduzione dell'ispanista Francesco Tentori Montalto. 



VOGLIO SAPERE


Dimmi il segreto della tua esistenza;
voglio sapere perché la pietra non è piuma
e non è il cuore un delicato albero,
perché la bimba che muore là tra due vene-fiumi
non scorre verso il mare come tutti i vascelli.

Voglio sapere se il cuore è una pioggia o un confine,
quel che resta da parte quando due si sorridono,
o è solo la frontiera tra due mani recenti
che stringono una pelle calda che non divide.

Fiore, dirupo o dubbio, o sete o sole o sferza:

non è che uno il mondo, la palpebra e la riva,
come l'uccello giallo che dorme tra due labbra
quando penetra l'alba con fatica nel giorno.

Voglio sapere se un ponte è ferro o desiderio,
l'unione così ardua di due carni segrete,
quanto divide due petti toccati
da una freccia nuova scoccata di tra il verde.

Muschio o luna è lo stesso, quello che non sorprende,
l'indugiata carezza che notturna percorre
i corpi come piuma o labbra che ora piovono.
Voglio sapere se il fiume da se stesso va lungi
stringendo silenzioso alcune forme,
cateratta di corpi che come spuma s'amano,
finché giungono al mare del piacere concesso.

I gridi sono stecchi di fischio, conficcati, 
disperazione viva che vede brevi braccia
levate verso il cielo in supplica di lune,
teste dolenti che lassù dormono, vogano,
senza respiro, simili a lamine offuscate.

Voglio sapere se la notte vede
corpi bianchi di tela giacenti sulla terra,
false rocce, cartoni, fili, pelle, acqua quieta,
uccelli come stampe disposte contro il suolo,
o rumori di ferro, bosco vergine all'uomo.

Voglio sapere altezza, mare vago o infinito;
se è il mare l'occulto dubbio di cui m'inebrio
quando il vento trasporta tessuti trasparenti,
avorî, pesi, ombra, prolungate bufere,
il viola prigioniero che laggiù si dibatte
invisibile, o muta di dolcissime insidie.


QUIERO SABER


Dime pronto el secreto de tu existencia;
quiero saber por qué la piedra no es pluma,
ni el corazón un árbol delicado,
ni por qué esa niña que muere entre dos venas ríos
no se va hacia la mar como todos los buques.

Quiero saber si el corazón es una lluvia o margen,
lo que se queda a un lado cuando dos se sonríen,
o es sólo la frontera entre dos manos nuevas
que estrechan una piel caliente que no separa.

Flor, risco o duda , o sed o sol o látigo:
el mundo todo es uno, la ribera y el párpado,
ese amarillo pájaro que duerme entre dos labios
cuando el alba penetra con esfuerzo en el día.

Quiero saber si un puente es hierro o es anhelo,
esa dificultad de unir dos carnes íntimas,
esa separación de los pechos tocados
por una flecha nueva surtida entre lo verde.

Musgo o luna es lo mismo, lo que a nadie sorprende,
esa caricia lenta que de noche a los cuerpos
recorre como pluma o labios que ahora llueven.
Quiero saber si el río se aleja de sí mismo
estrechando unas formas en silencio,
catarata de cuerpos que se aman como espuma,
hasta dar en la mar como el placer cedido.

Los gritos son estacas de silbo, son lo hincado,
desesperación viva de ver los brazos cortos
alzados hacia el cielo en súplicas de lunas,
cabezas doloridas que arriba duermen, bogan,
sin respirar aún como láminas turbias.

Quiero saber si la noche ve abajo
cuerpos blancos de tela echados sobre tierra,
rocas falsas, cartones, hilos, piel, agua quieta,
pájaros como láminas aplicadas al suelo,
o rumores de hierro, bosque virgen al hombre.

Quiero saber altura, mar vago o infinito;
si el mar es esa oculta duda que me embriaga
cuando el viento traspone crespones transparentes,
sombra, pesos, marfiles, tormentas alargadas,
lo morado cautivo que más allá invisible
se debate, o jauría de dulces asechanzas.

martedì 7 ottobre 2014

da "Andremo a rubare in cielo" di Patrick Kavanagh

Una poesia da #44


Andremo a rubare in cielo. Titolo bellissimo per l'unico libro di poesia di Patrick Kavanagh oggigiorno disponibile in Italia, un'antologia dei suoi snodi poetici. Lo trovate in catalogo delle edizioni Ancora (pp. 128, euro 12, a cura di Saverio Simonelli). L'incontro con la poesia di quest'altro grande irlandese del Novecento, vissuto fra il 1904 e il 1967, è avvenuto per me grazie a una pubblicazione della udinese Forum, un libro più cd nel quale Pierluigi Cappello compiva il suo florilegio e lettura da William Shakespeare, Carlos Montemayor, Arthur Rimbaud, Vicente Aleixandre, Giorgio Caproni e Patrick Kavanagh. Questo per dire che se da cosa nasce cosa, da libro può nascere libro. Pur essendo tra i grandi nomi della poesia irlandese del secolo scorso, Kavanagh ancora non ha conosciuto una grande sorte di traduzioni in italiano. Diciamo pure che dopo Yeats, ed escludendo i casi di Heaney e Muldoon, la vicina poesia irlandese del Novecento non ha conosciuto grandi spazi di frequentazione da noi. Chissà se è perché chi è interessato la legge dall'originale. Non credo. Penso in realtà più a coloro che nell'ambito dell'editoria poetica fecero "per viltade il gran rifiuto" e abdicarono una volta per tutte alla propria funzione di dotare le librerie italiane e i lettori di poesia (che esistono!) di un certo percorso e direzione nella scelta e nella proposta di testi poetici stranieri in traduzione, vittime della presunzione di sapere che la poesia non interessa e non vende (e allora perché trascinarsi stancamente in un'impresa non redditizia?). Non so se nemmeno questo sia vero. A giudicare dai post di questo blog, noto che quelli più ricercati sono proprio quelli che hanno a che fare con la poesia. Ma probabilmente questo non fa testo e non è sintomo di nulla. Vi lascio alle parole di Kavanagh tradotte da Saverio Simonelli. Buona lettura.


EPIC


I have lived in important places, times 
When great events were decided: who owned 
That half a rood of rock, a no-man's land 
Surrounded by our pitchfork-armed claims.
I heard the Duffys shouting "Damn your soul" 
And old McCabe stripped to the waist, seen 
Step the plot defying blue cast-steel - 
"Here is the march along these iron stones."
That was the year of the Munich bother. Which 
Was most important? I inclined 
To lose my faith in Ballyrush and Gortin 
Till Homer's ghost came whispering to my mind. 
He said: I made the Iliad from such 
A local row. Gods make their own importance.


EPICA


Ho vissuto in luoghi importanti, in tempi

In cui si sono decisi grandi eventi: chi fosse il proprietario
Di quel mezzo miglio di roccia, una terra di nessuno
Circondata dalle nostre rivendicazioni armate di forcone.
Ho sentito i Duffy esclamare "al diavolo la vostra anima"
E il vecchio McCabe, l'ho visto a torso nudo,
Entrare nel campo sfidando il blu del duro acciaio -
"Qui si passa, tra questa terraglia!"
Quello era l'anno del tumulto di Monaco. Cosa
Fu più importante? Ero quasi propenso
A perdere la fede in Ballyrush e Gortin
Finché non venne il fantasma di Omero a sussurrarmi in cuore:
Ho fatto l'Iliade a partire
Da una simile rissa locale. Sono gli Dei che fanno la differenza.