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domenica 3 giugno 2018

L'eroe da romanzo. Da Goya e Barrès ad Aragon e Céline. Una selezione di testi critici di Pierre Drieu La Rochelle

È stata una buona idea quella di Mimesis di raggruppare in un piccolo libro della collana "A lume spento" alcuni scritti critici di Pierre Drieu La Rochelle. Si intitola L'eroe da romanzo. Da Goya a Barrès ad Aragon e Céline (pp. 100, euro 8) questa selezione curata e tradotta da Marco Settimini e scorrerla è un tuffo nelle riviste che hanno fatto il dibattito degli anni Trenta del Novecento francese: testate come "Je Suis Partout", "Nouvelle Revue Française", "La Flèche" già riecheggiano e intersecano alcune problematiche che già abbiamo discusso su queste pagine, come quella degli scrittori della "tentazione fascista" (la categoria è di Tarmo Kunnas, che radunava in uno studio tuttora ineguagliato i casi di Pound, Hamsun, Céline, Brasillach e appunto La Rochelle), i conti con l'eredità e il tribunale della storia, le vigliaccherie della critica, i malfunzionamenti o le storture del modo in cui leggiamo e delle sovrastrutture che ci abitano quando affrontiamo il lascito di taluni autori. La Rochelle, oltre a essere stato un grande un grande scrittore, fu anche un critico capace di intervenire efficacemente su alcuni nodi importanti del dibattito culturale e questo piccolo volume ne dà finalmente un utile spaccato.

I brevi contributi di questo libro incominciano con due interventi su Barrès, proseguono con uno scritto accorato dedicato al genio di un Goya che se la ride nella sua solitudine sempre più rimbombante, con la sua satira, con il suo non essere cristiano ("gli spagnoli non sono mai stati cristiani" ha detto una volta Ortega y Gasset proprio a La Rochelle in quanto partecipano a una "religione più primitiva"). Il piccolo volume non contiene solo estratti da rivista, ma è intervallato da alcuni frammenti del diario dello scrittore, di cui il più interessante e sorprendente pare quello dedicato alla pièce filosofica A porte chiuse di Jean-Paul Sartre. Nella libertà del diario La Rochelle scrive che la cosa "diventa noiosa come un romanzo poliziesco nel quale la mediocrità dell'autore trasuda a ogni pagina". Seguono gli apprezzamenti su Nietzsche e Hemingway, con la proposta della sua prefazione all'edizione Gallimard del 1931 di L'Adieu aux armes. Il brano che presta il titolo al libro, L'eroe da romanzo, parla dell'espediente tramite il quale, un romanziere ormai non più giovane, dedica un'opera a un eroe giovane e in questa
mette in scena le parti ancora vive di se stesso assieme a quelle che sono morte. È quel luogo meraviglioso in cui confluiscono l'osservazione e la creazione, la memoria e il sogno, il realismo e l'idealismo, il rimpianto e la speranza, l'illusione e la visione a freddo. Soltanto la giovinezza in cui regna senza contesto tutto il possibile può accogliere così tanti incontri. 
Di particolare interesse sono gli scritti su Chesterton, Benjamin Constant e Henry de Montherlant. Si passa dunque a un doveroso contributo a Céline, che "ha avuto la stessa sorte della verità", a due scritti importanti dedicati al surrealismo e allo scritto conclusivo, intitolato "La poesia al di sopra di tutto", che mi è parso l'unico anello debole, o semplicemente meno interessante, di questa preziosa crestomazia.

martedì 28 giugno 2016

"La mano mozza" di Blaise Cendrars in una traduzione après Caproni

Leggere una grande guerra #21

"Leggere una grande guerra" intende essere il breve spazio in cui segnalo dei libri sulla Prima guerra mondiale. Il quinquennio 2014-18 coincide con un lungo periodo di celebrazioni, commemorazioni ed eventi a livello internazionale. Segnalare semplicemente dei titoli di libri, brevi o meno brevi, passati o attuali, reperibili o non reperibili, italiani o stranieri, può essere un buon antidoto contro le fanfare e i tromboni che stanno pericolosamente giungendo un po' da ogni parte. Le segnalazioni saranno sintetiche, poco più di una scheda bibliografica. (In coordinamento con World War I Bridges).

Chi ha già letto questo libro di Blaise Cendrars è probabile lo abbia fatto nella traduzione di Giorgio Caproni. Centenario o meno, è positivo che il titolo, uno dei pilastri della narrativa uscita dalla Prima guerra mondiale, apparso in Francia solo nel 1946, sia stato riproposto da Elliot nel 2014 in una nuova traduzione di Raphael Branchesi (pp. 271, euro 19,50), al principio del quinquennio del centenario. Positivo anche il fatto ci si sia confrontati con una "traduzione d'autore" antecedente e con la continua creazione linguistica dello scrittore di La Chaux-de-Fonds, cantone di Neuchâtel. Assieme a Le feu di Henri Barbusse (lo trovate in ben tre edizioni: Kaos, Castelvecchi e Elliot) e a La peur di Gabriel Chevallier (Adelphi), La main coupée compone un trittico abbastanza "facile" da menzionare ogniqualvolta ci si propone di affrontare il versante della narrativa francese venuta dalle trincee. Ma sono ovviamente trittici di comodo, visto che dovremmo almeno ricordare Céline o Drieu La Rochelle e potremmo, con qualche distinguo, aggiungerci i Souvenirs de guerre di Alain (che vi segnalo fra l'altro disponibili in questo file per tutti). Senza dire nulla della trama (il libro di Cendrars riporta l'esperienza del fronte e ne restituisce un quadro che si è ampiamente impresso nei lettori), notavo più che altro la distanza tra gli eventi narrati e il momento di uscita del libro. Anche la principale opera italiana di narrativa sulla Prima guerra mondiale, Un anno sull'altipiano di Lussu, così diversa nei moventi e nello stile rispetto alla tessitura linguistica ardita di Cendrars, non esce affatto a ridosso del quadriennio di guerra, ma molti anni dopo, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Con Cendrars siamo addirittura oltre, nel 1946, quindi in un anno in cui le macerie della seconda guerra fumavano ancora in tutta Europa. Che anche quest'autore di origini svizzere abbia portato a termine dopo molti anni quella che è diventata un'opera di riferimento su un dato tema a me ha dato da pensare, sia nei termini dell'evoluzione di una materia nella scrittura di un autore e sia, dal punto di vista eminentemente storico, del come si siano sovrapposte le due guerre nella mente di chi le ha vissute entrambe nella prima metà del secolo scorso, il quale, a bene vedere, fu sostanzialmente mezzo secolo di guerre europee.

lunedì 16 giugno 2014

"La commedia di Charleroi" di Pierre Drieu La Rochelle

"Leggere una Grande Guerra" #4

"Leggere una grande guerra" intende essere il breve spazio in cui segnalo dei libri sulla Prima guerra mondiale. Il quinquennio 2014-18 coincide con un lungo periodo di celebrazioni, commemorazioni ed eventi a livello internazionale. Segnalare semplicemente dei titoli di libri, brevi o meno brevi, passati o attuali, reperibili o non reperibili, italiani o stranieri, può essere un buon antidoto contro le fanfare e i tromboni che stanno pericolosamente giungendo un po' da ogni parte. Le segnalazioni saranno sintetiche, poco più di una scheda bibliografica. (In coordinamento con World War I Bridges).

Era già uscito per lo stesso editore, Fazi, e poi scomparso. Ora ritorna disponibile La commedia di Charleroi di Pierre Drieu La Rochelle (pp. 228, euro 15, traduzione di Arnaldo Colasanti), il libro che racconta la nuova guerra come guerra delle "posture della vergogna". Sono sei racconti che mantengono tuttora un valore altissimo per avvicinarsi (perché solo di avvicinamento possiamo parlare oggi) agli anni della Prima guerra mondiale. Il poeta, saggista e romanziere partecipò al conflitto sin da subito, in Belgio. Nel dopoguerra, come noto, aderì al nazismo e oggi lo ricordiamo tra quegli intellettuali della "tentazione fascista" radunati anche da Tarmo Kunnas in un suo libro importante sulla temperie culturale che inizia a formarsi a partire dalla fine degli anni Venti e che si consolida lungo tutta la lunga crisi degli anni Trenta. Il libro sulla Grande Guerra di Drieu è del 1934. Un libro del dopo, quindi, come i tanti che ogni guerra lascia sul campo di battaglia. Charleroi, cittadina della Vallonia oggi resa nota per uno dei primi scali di una nota compagnia low cost, è il campo di battaglia dove prova a far ritorno la madre del racconto che dà il titolo all'intero libro. Questo è uno di quei libri che servono. Serve ad esempio per correggere il tiro a certi understatement degli storici su quei lunghi cinque anni di guerra e serve anche per arrivare alla guerra che seguirà, alla fine della quale Drieu La Rochelle si tolse la vita, nel 1945. Serve anche per una lettura ravvicinata del suo libro forse più bello, Fuoco fatuo, anche se questo è un altro discorso.