martedì 28 giugno 2016

"La mano mozza" di Blaise Cendrars in una traduzione après Caproni

Leggere una grande guerra #21

"Leggere una grande guerra" intende essere il breve spazio in cui segnalo dei libri sulla Prima guerra mondiale. Il quinquennio 2014-18 coincide con un lungo periodo di celebrazioni, commemorazioni ed eventi a livello internazionale. Segnalare semplicemente dei titoli di libri, brevi o meno brevi, passati o attuali, reperibili o non reperibili, italiani o stranieri, può essere un buon antidoto contro le fanfare e i tromboni che stanno pericolosamente giungendo un po' da ogni parte. Le segnalazioni saranno sintetiche, poco più di una scheda bibliografica. (In coordinamento con World War I Bridges).

Chi ha già letto questo libro di Blaise Cendrars è probabile lo abbia fatto nella traduzione di Giorgio Caproni. Centenario o meno, è positivo che il titolo, uno dei pilastri della narrativa uscita dalla Prima guerra mondiale, apparso in Francia solo nel 1946, sia stato riproposto da Elliot nel 2014 in una nuova traduzione di Raphael Branchesi (pp. 271, euro 19,50), al principio del quinquennio del centenario. Positivo anche il fatto ci si sia confrontati con una "traduzione d'autore" antecedente e con la continua creazione linguistica dello scrittore di La Chaux-de-Fonds, cantone di Neuchâtel. Assieme a Le feu di Henri Barbusse (lo trovate in ben tre edizioni: Kaos, Castelvecchi e Elliot) e a La peur di Gabriel Chevallier (Adelphi), La main coupée compone un trittico abbastanza "facile" da menzionare ogniqualvolta ci si propone di affrontare il versante della narrativa francese venuta dalle trincee. Ma sono ovviamente trittici di comodo, visto che dovremmo almeno ricordare Céline o Drieu La Rochelle e potremmo, con qualche distinguo, aggiungerci i Souvenirs de guerre di Alain (che vi segnalo fra l'altro disponibili in questo file per tutti). Senza dire nulla della trama (il libro di Cendrars riporta l'esperienza del fronte e ne restituisce un quadro che si è ampiamente impresso nei lettori), notavo più che altro la distanza tra gli eventi narrati e il momento di uscita del libro. Anche la principale opera italiana di narrativa sulla Prima guerra mondiale, Un anno sull'altipiano di Lussu, così diversa nei moventi e nello stile rispetto alla tessitura linguistica ardita di Cendrars, non esce affatto a ridosso del quadriennio di guerra, ma molti anni dopo, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Con Cendrars siamo addirittura oltre, nel 1946, quindi in un anno in cui le macerie della seconda guerra fumavano ancora in tutta Europa. Che anche quest'autore di origini svizzere abbia portato a termine dopo molti anni quella che è diventata un'opera di riferimento su un dato tema a me ha dato da pensare, sia nei termini dell'evoluzione di una materia nella scrittura di un autore e sia, dal punto di vista eminentemente storico, del come si siano sovrapposte le due guerre nella mente di chi le ha vissute entrambe nella prima metà del secolo scorso, il quale, a bene vedere, fu sostanzialmente mezzo secolo di guerre europee.

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