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domenica 8 gennaio 2017

Le lettere da Muzot di Rilke non si traducono da sole (e una lettera di amentologia)

Quote #14

"To repeat or copy the words of another, usually with acknowledgment of the source." Questo il verbo "to quote". Ma in italiano "quote" è il plurale di quota, parola che mi interessa soprattutto nel senso della misura di un'altezza o di un lato. Citando e contestualizzando minimamente passi importanti, cerco un modo assai svelto di dar notizia di libri significativi, possibilmente brevi. Stando breve, pure io.

Leggevo a salti Lettere da Muzot 1921-1926 di Rainer Maria Rilke proposte dall'editore Ghibli (pp. 394, euro 20). Di solito assieme alle indicazioni su pagine e prezzo del libro mi trovo a dare qualche coordinata su curatele e traduttori, ma questa volta, cercando all'inizio e alla fine del libro, non ho trovato traccia. Nelle pagine iniziali si legge della disponibilità dell'editore ad assolvere le proprie obbligazioni nei confronti degli aventi titolo rispetto ai diritti dell'opera. Nessuno mette in dubbio la ricerca compiuta senza successo dall'editore, tuttavia mi chiedo se un editore possa non sapere o fare a meno di menzionare i nomi dei traduttori di un'opera interessante che meritoriamente ripropone e mette a disposizione dei lettori. Poiché i testi non si traducono da soli, ho fatto una ricerca e capito che esiste una edizione delle Lettere da Muzot di Rilke pubblicata dall'editore Cederna nel 1947, a cura di Mirto Doriguzzi e Leone Traverso. Che sia proprio questa la versione che l'editore Ghibli ci ripropone oggi? Non ha l'aria di essere una nuova traduzione, ma naturalmente posso sbagliarmi. Ripeto, ho cercato ma non ho trovato traccia. Tra l'altro non è nemmeno menzionato l'autore del quadro da cui è tratto il particolare di copertina, dipinto che se non sbaglio appartiene a Paula Modersohn-Becker e data 1906. Siamo quindi in un anno di molto antecedente al rilevante periodo di Muzot, in cui il poeta addensa e completa la stesura delle Elegie duinesi e dei Sonetti a Orfeo. Nominati i titoli di queste due opere rilkiane, non servirà aggiungere molto altro sull'importanza di quel soggiorno. Ecco una lettera che parla di amenti, salici e nocciòli. Ricorda da vicino certi discorsi botanici dei poeti italiani dello scorso secolo...


17. Alla signora Amann-Volkart 
Château de Muzot sur Sierre (Valais) 
Mia pregiata e gentilissima signora, 
che cara idea la vostra di mandarmi gli elementi «amentologia» e spiegarmeli in modo così chiaro ed evidente con la lettera che li completa! No, dopo questo non sono più necessarie altre o più precise informazioni: sono convinto. Strano: non esistono dunque amenti «penduli» di salice; e se ci fosse dunque qualche rara eccezione tropicale, non mi servirebbe a nulla. Il passo di poesia, del quale volevo riscontrare l’obiettiva esattezza, si regge o cade secondo che il lettore colga e capisca, al primo sentire, proprio questo pendere degli amenti, altrimenti l’immagine usatavi perde ogni senso. Bisogna dunque richiamare l’apparizione assolutamente caratteristica di quest’inflorescenza; e mi è subito riuscito chiaro, davanti alle figure molto istruttive del vostro libretto, che quell’arbusto che anni or sono mi produsse l’impressione di cui mi valsi nel mio lavoro, dev’essere stato un nocciòlo: i suoi rami, prima dello spuntar delle foglie, sono più fitti di amenti, che pendono lunghi, verticalmente. Dunque so quello che avevo bisogno di sapere; e nel testo sostituisco «nocciòlo» a «salice». 
Ma a voi, cara, gentilissima signora, devo questa certezza, e la soccorrevole sorpresa che me l’ha procurata in modo così inatteso. Dal volumetto voglio trarre ancora questa e quella utile nozione, e poi – tra alcuni giorni – ve lo rendo.
Sempre, con la più cordiale e devota affezione, vostro 

RILKE

giovedì 28 agosto 2014

"Lettere intorno a un giardino" di Rainer Maria Rilke

Di Rilke val la pena leggere tutto quello che si può leggere, e le lettere non fanno certo eccezione. A ben pensare, di qualsiasi scrittore probabilmente le lettere ci sveleranno sempre versanti e porosità nuove, vuoi perché esiste un destinatario preciso, delle date, dei luoghi da dove partono e dove arrivano, mani che le chiudono e mani che le scartano. Uno dei suoi titoli più noti resta poi Briefe an einen jungen Dichter, un libro di lettere che nel caso della pubblicazione all'interno della Piccola Biblioteca Adelphi del 1980, nella traduzione di Leone Traverso, conta oramai ben 21 edizioni. Questo volume di Archinto intitolato Lettere intorno a un giardino era già uscito nel 2003 e ora è riproposto dalla nostra "casa editrice delle lettere" con una rinnovata veste grafica (pp. 64, euro 9, traduzione di Roberto Salvadori). Queste lettere si collocano nei mesi che vanno dal 7 marzo 1924 al 27 ottobre 1926. Rilke è malato (morirà nel sanatorio di Val-Mont, a Montreux, il 29 dicembre 1926) e vive già da qualche anno nel castello di Muzot, Svizzera vallese, valle del Rodano, un posto monumentale per la poesia europea del Novecento se pensiamo che di lì sono in qualche modo transitate sia le Elegie duinesi sia i Sonetti a Orfeo. Il destinatario di queste lettere è Antoinette de Boinstetten, ginevrina, sua consigliera di fiducia in fatto di botanica. Il giardino (gli anemoni!) e la fauna sono però quasi dei pretesti per iniziare a conversare di tutto, di vita, di arte, di geografia, di visite e di treni svizzeri e di letteratura (poesia, ma anche prosa, con Conrad ad esempio che fa una significativa comparsa).

La lapide di Rilke a Raron
Potrebbe colpire il lettore odierno la distanza apparentemente siderale tra i due corrispondenti: chi era Antoniette nel pantheon dei corrispondenti che Rilke ebbe in vita? Eppure non vi sarebbe nulla di più fuorviante che lasciarsi guidare da simili pensieri e domande. Rilke è sicuramente un poeta riconosciuto (da queste lettere apprendiamo che vuole incontrare il grande Valéry, il quale scriverà una nota al suo libro in francese sulle rose) e Antoniette diventa per il poeta un punto attraverso il quale tracciare nuovi segmenti di conversazione, di conforto, di slanci, di riflessioni fondamentali su alcuni temi del vivere che magari faticheremmo molto a trovare, con tale nitore, in altri passi rilkiani. Penso ad esempio a un brano della lettera datata 23 aprile 1926 e partita da Val-Mont di Glion-sur-Territet. (Si tratta di una lettera dove leggiamo anche delle mostre contemporanee che interessano il poeta, come quella dedicata al pittore René Auberjonois a Losanna.) Proprio qui scopriamo passi come questo, particolarmente denso se decidiamo di incollarci alla riflessione sul tema del ritorno:

"[...] Ciò nondimeno, anche quel che lei dice della prova continua che il silenzio di una casa isolata impone, mi è ben noto e ne ho subìto l'angoscia e il pericolo in svariate epoche della mia esistenza. Si comincia, in rifugi come questo, a fare ordine, ma è impossibile fare sempre ordine. Disordine passeggero, ignoranza di se stessi, incoscienza: altrettanti elementi della nostra mutevole fisionomia. Queste case di campagna sono fatte affinché vi si ritorni; ma da quanto devono esserci affinché vi si possa ritornare? Ritornarvi dopo tutta una vita rischiosa e agitata, come fece Conrad; dopo aver vissuto una vita, una vita così avversa alla contemplazione, e perciò piena di essa, ribollente di essa, e, senza sapere se (già!) ci si rinuncerà veramente, sedersi nello stesso posto in cui (di fronte a un fuoco che recita sul piccolo palcoscenico di un camino) si erano riposati gli antenati. Altro rischio di Muzot: quello di "recitare" ritorni che, ahimè, non ritornano abbastanza da lontano né ritrovano un focolare autentico. A questi ritorni l'immaginazione di chi ritorna, invece di riposarsi, deve fornire di tutto: un passato inesistente o estraneo, e il presente incompleto della magione; con un proprio gesto, involontario, si vorrebbe correggere la mancanza di dolcezza di una donna e disporre certe cose come le avrebbe disposte lei. E la voce si rattrista di non essere più udita dai cani. 
Grazie per Lord Jim! Non lo comincerò più qui questo libro dalle pagine intonse... Sarà per Muzot, per l'estate. Grazie!"

Se il nostro sguardo si posasse sulla bibliografia rilkiana noteremmo che Les roses risalgono al 1924 e Vergers al 1926. Sono proprio gli anni di queste lettere. Questa corrispondenza botanica di Rilke appare quasi come un potente viatico verso la morte. Come noto, sulla lapide del cimitero vallese di Raron si leggono questi suoi versi: "Rose, oh reiner Widerspruch, Lust, / Niemandes Schlaf zu sein unter soviel /Lidern." ovvero "Rosa, pura contraddizione, piacere / di essere il sonno di nessuno sotto tante / palpebre." (così nella traduzione di Giuliano Baioni).