sabato 27 agosto 2011

Hella Haasse alla ricerca del Genius loci

Per una casa editrice come Iperborea, che negli anni ha costruito il proprio catalogo traducendo le cose più interessanti che provenivano da un'area data, l'Europa del nord, è quasi fin troppo coerente scegliere per questo nuovo libro di Hella Haasse (pag. 74, euro 9,50) il titolo di Genius loci.

Il volumetto contiene due racconti della scrittice nederlandese (Giacarta, 1918) già nota al pubblico italiano, sempre per le numerose traduzioni pubblicate da Iperborea e tradotte, in più di un caso, dalla stessa brava traduttrice del libro in questione, Laura Pignatti (William Trevor e Anne Tyler per Guanda le sue "specialità").

Il primo racconto, che presta il titolo al volume, vede una coppia di coniugi ormai anziani alle prese con la costruzione di una residenza per la villeggiatura estiva in un versante misterioso e inquietante di una collina disabitata. Per la protagonista è questa l'occasione per ricercare negli spazi circostanti e disabitati il genius loci, unendosi idealmente e carnalmente con Renaud, un cavaliere "mancato" di qualche secolo prima, fatto morire di solitudine anzitempo a causa della lebbra contratta. Renaud è una figura completamente inventata dalla mente della protagonista e un chiaro assaggio delle abilità dell'autrice di muoversi sul terreno del romanzo storico. Qui interessa soprattutto l'abile sovrapposizione di due epoche remote e l'accumulo sullo stesso spazio (la collina e il bosco di Vy) delle due anime vissute a distanza di secoli, le loro frustrazioni e la loro comunione carnale scatenata sul finale da... una corteccia di betulla.

Una sorta di unione-ritrova torna anche nel secondo racconto, La casetta in fondo al giardino, questa volta tra una madre e una figlia che per anni hanno vissuto un distacco profondo. Il distacco rimarrà tale anche dopo un'improvvisa apertura verificatasi nell'arco temporale del breve racconto. Anche la centralità di un dato luogo, del "posto dove si sta", unita a quella del mondo vegetale, accomuna questi due racconti della Haasse. In questo caso, veniamo a conoscenza dell'episodio che giace all'origine del distacco tra madre e la figlia, nell'unità di luogo data dal giardino, descritto dalla Haasse in un modo che non mancherà di colpire i lettori.

Piccola parentesi per concludere. Io scrivo "lettori", intendendo uomini e donne, ma ogni tanto mi chiedo se dovrei parlare di lettrici visto che, dati alla mano, sembra che a leggere siano quasi soltanto le donne e, a maggior ragione, libri confezionati in questa maniera. Il quadro dell'impressionista americano (un'etichetta che è un programma) William Merritt Chase scelto per la copertina, The Open Air Breakfast (un titolo che è più di un programma!), mi sembra un evidente segnale della strategia dell'editore di voler intercettare lo sguardo delle lettrici. Ecco un tema assai interessante: se a leggere e a fare il mercato editoriale sono soprattutto le donne, ci chiediamo assai banalmente che cosa leggono gli uomini. Io, per fortuna, mi sono concetrato prima sulla quarta di copertina del libro e poi ho visto la copertina. Fosse stato il contrario, o mi fossi limitato alla copertina, probabilmente non l'avrei acquistato, per una pura questione pregiudiziale (e lasciate che usi l'aggettivo pregiudiziale senza sollevare scandali). Anche perché credo che la pittura di William Merritt Chase, pur ritraendo un giardino, non renda giustizia alle atmosfere di Hella Haasse.

venerdì 19 agosto 2011

Stregati da "Storia della mia gente" di Nesi












Molti sapranno che Edoardo Nesi si è recentemente aggiudicato il premio Strega 2011 con un libro molto bello che si intitola semplicemente Storia della mia gente (Bompiani, pp. 161 - con interlinea ampia -, euro 14). Nesi scrive di Prato, la sua città, della sua gente appunto, ci racconta dell'azienda tessile di famiglia (il libro inizia proprio con l'atto di vendita della storica azienda Lanificio T.O. Nesi e figli), della grande tradizione tessile pratese, dell'arrivo e dell'insediamento della comunità cinese in città, dell'Italia del boom e, oggi, di quello che è fin troppo dilettantesco definire sboom. Basta tutto questo a rendere il libro interessante, avvincente? No, perché Storia della mia gente, come tutti i grandi libri delle ultime stagioni, e come hanno capito bene le tante persone che l'hanno già letto, si presenta al lettore con un bagaglio di temi forti e lo fa senza ricorrere esclusivamente alle chiavi della fiction, della saggistica socio-economica o del pamphlet. Il fortunato libro di Edoardo Nesi assomma tutto questo, ma si supera, in uno slancio che riesce a restituire alla letteratura una posizione di primo piano: una vicenda così non ce l'avrebbe raccontata meglio un romanzo, un saggio o un pamphlet incazzato, una fiction televisiva (anche se posso immaginare che prima o poi arriverà qualche fiction su quella che Gallino definiva La scomparsa dell'Italia industriale).

E qui veniamo al cuore del libro di Nesi, che da (ex) industriale ci conduce dritto al  problema: vogliamo parlare di industria seriamente e sul serio? Vogliamo fare un dibattito serio che esca dall'andazzo dei talkshow politico-economici della prima serata? Vogliamo finanche parlare di un binomio un tempo di moda, come quello di letteratura e industria, senza dover per forza scomodare sempre Adriano Olivetti e la sua Ivrea? Vogliamo che anche i precari del lavoro intellettuale (sono tanti e sono precari come tanti lavoratori di quello che resta dell'industria) che ingolfano non di rado lo pseudodibattito sulle patrie lettere comincino a capire qualcosa di quell'altro lato della luna di cui raramente si sono interessati e che li riguarda però da vicino? Sì, l'industria, quell'industria che fanno tanta ma proprio tanta fatica a seguire, a capire.

Il premio Strega (per chi ci crede ai premi) vale ovviamente meglio di qualsiasi altro consiglio, ma mi sento davvero di caldeggiare largamente la lettura di questo libro importante, scritto con profonda cognizione. Forse qualcuno, con piglio un po' tecnico, potrebbe obbiettare che il settore tessile che Nesi conosce approfonditamente sia sempre stato un settore un po' atipico all'interno dell'industria globalmente intesa, il settore delle innovazioni e il settore-spia delle grosse crisi. Ma nel libro di Nesi c'è davvero molto di più: c'è un tentativo di autodescrizione della situazione sociale e economica che coinvolge larga parte dei soggetti attivi del nostro paese, ma soprattutto c'è il tentativo di far evolvere questa autodescrizione compiuta con i mezzi del testo e della letteratura e farla evolvere o più semplicemente "svolgere fino in fondo". Nella descrizione della catastrofe in atto che l'autore mette in scena (e provo a usare questo termine con il suo significato originario, privo di connotazione negativa) è come se rileggesse la Poetica di Aristotele e provasse a "svolgere sino in fondo" l'intreccio del suo racconto per capire - lui sì - il destino del suo protagonista tragico: l'imprenditore, quel che Nesi stesso è stato, anche se per un semplice passaggio generazionale all'interno della famiglia, una figura quant'altre mai romantica, a sua detta.

Diamogli ascolto, e che nasca da questo fortunato libro un dibattito vero. Alcune ricette già ci sono per non continuare a trasformare l'Italia in una colonia industriale. Il già citato Gallino ne esponeva alcune, i noti errori strategici nella vicenda Olivetti sono lì che ci parlano. Purtroppo, in questi mesi, drogati come siamo dal lessico finanziario e dei suoi pazzeschi acronimi, sarà difficile riprendere queste fondamentali discussioni e saremo così costretti ad aspettare un altro bel pezzo.

lunedì 15 agosto 2011

Gianfranco Marrone dice addio alla natura

Essendomi laureato in Scienze della comunicazione (negli ultimi anni di sicuro il corso di laurea più bistrattatto d'Italia, credo a torto) e occupandomi anche di marche e di quei microtesti che sono i nomi di marca, conoscevo già la produzione del semiologo Gianfranco Marrone, in particolare i libri dove applica la semiologia e la semiotica del testo ai corpi sociali, al telefonino, al design o alle fiction televisive. Mi ha colpito il titolo di questo suo ultimo libro Addio alla natura (pp. 146, euro 10) uscito per la collana le Vele di Einaudi. Mi ha attratto subito la frase della copertina: "Congedarsi dalla Natura è il miglior modo per salvare l'ambiente, le nostre vite, il futuro". Questa frase, ad esempio, sembrava supportasse una mia convinzione, cioè che l'ambiente (provo un po' di disagio a scrivere questa parola, non so perché) stia peggio da quando in politica c'è chi si occupa apertamente e dichiaratamente di lui. Mi ha colpito il definire subito "ingenua" l'idea di natura che impera oggi ("Mangia sano, ritorna alla natura" recitava un noto slogan di qualche anno fa). Mi ha colpito, una volta immersomi nella lettura, la lunga tirata che Marrone fa contro le neuroscienze e la dilagante neuro-mania. Chi segue questo blog sa con quale interesse questa branca di studi trovi spazio nelle segnalazioni. Qui Marrone non è riuscito a farmi cambiare idea (continuerò a seguire con interesse i vari Edelman, Damasio, Zeki, Changeux, Ramachandran, Rizzolatti ecc.), ma credo che da oggi guarderò con occhio diverso lo sviluppo di questi studi. L'autore fa comuque bene a mettere in guardia dal prefisso "neuro-" come novello Re Mida. Più che le neuroscienze, l'attacco di Marrone è all'utilizzo a tappeto e opinabile delle tecniche di neuroimaging (di qui il titolo, assai originale e pure simpatico, di "Sangue alla testa"). E poi, nel capitolo altrettanto intelligentemente intitolato "Seneca al supermarket", mi ha davvero molto incuriosito e colpito come, dall'analisi di due apparentemente semplici confezioni di biscotti biologici-organic, si possano trarre conclusioni davvero illuminanti sul concetto di Natura oggi imperante: il packaging come punto di convergenza di organic-ecologismo-decrescita-naturalismo: è qui che si apprezza, una volta ancora, la grande bravura del semiologo! Interessante è capire (e lo lascio ai lettori) perché Marrone parli dell'ipocrisia su cui si fondano questo genere di confezioni e dell'ecologismo di maniera che ci rende tutti un po' più stupidi e facili prede del marketing (soprattutto quello del biologico).

"Il testo non è rappresentazione del mondo per il semplice motivo che lo contiene al proprio interno come suo contenuto", scriveva Marrone nel suo libro L'invenzione del testo uscito da Laterza, laddove proponeva anche la dissoluzione della distinzione tra testo e contesto. Da semiologo dei testi, Marrone studia i nostri comportamenti come segni e ci esorta a dire addio alla Natura perché quest'ultima non può continuare ad essere quel qualcosa di dato, ipostatizzato, là fuori. I regni dell'umano, dell'animale, vegetale o della geologia non sono dati una volta per tutte: la natura è sempre stata prodotta da una cultura, effetto di una strategia testuale e discorsiva continuamente rinegoziata dagli uomini. Potremmo allora pensare, parallelamente a quanto detto per testo e contesto, che anche la dissoluzione del contrasto tra natura e cultura si debba salutare con gioia, in vista di una nuova fecondità euristica. Per Marrone il congedo dalla Natura non è un approdo, ma un atto propedeutico ad una rifondazione della nostra esperienza umana. Certo, per raggiungerlo serve fare ancora moltissima strada e scuotere molte "coscienze". Per questo motivo Addio alla natura costituisce tutt'altro che una lettura conciliante, rilassante o agostana.

Curioso che un altro studioso qui recensito, lo storico della scienza recentemente scomparso Enrico Bellone, partendo da studi assai differenti (e da un profondo entusiasmo per le neuroscienze) sia arrivato a pubblicare nel 2008 un saggio che potrebbe essere letto in coppia con il testo di Marrone. Il titolo è Molte nature. Saggio sull'evoluzione culturale (Raffaello Cortina). Si può prendere congedo dalla "Natura"al singolare e con la "N" maiuscola. Oppure si può iniziare a parlare di "nature" al plurale con la "n" minuscola. In entrambi i casi vi troverete instradati verso nuovi sentieri della riflessione filosofica che potrebbero portarvi in posti molto vicini.

Nel discorso di Marrone la scienza diventa alleato dell'ecologismo oggi in voga, in una triade dove si contano "l'ecologista, il ricercatore e il tipo new age". Forse è in questo punto, già nell'introduzione, che il discorso di Marrone non mi trova del tutto concorde. Credo sia il punto dove lo studioso prova a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, provando a reagire ad un nuovo establishment, anche o soprattutto accademico (e quindi di finanziamenti), che sembra aver preso il sopravvento per favorire le scienze sedicenti "dure" che operano in nome della Natura, quelle che peccano di impazienza e "vogliono concludere subito", arrivare al dunque. Ma - ripeto - è raro e forse pure positivo che un libro che parte da premesse non non del tutto condivise arrivi a degli assunti largamente condivisibili. Forse, per provare a tenere vivo questo interessante e cruciale dibattito servirebbero dei bravi scienziati della comunicazione. Esistono?

martedì 2 agosto 2011

I titoli di agosto alle librerie Lovat e Becco Giallo

Librobreve in libreria # 4

Agosto, mese non da "libri brevi"? Io stesso, nella nota qui a fianco, ipotizzo che in estate il lettore dalla palpebra pesante possa riservarsi i tomi più voluminosi. Tuttavia le recenti uscite di piccoli libri sono notevoli, ed ecco allora i 15 suggerimenti presentati dalle librerie Becco Giallo di Oderzo e Lovat di Villorba (nella foto vedete circa dove è collocato l'angolo Librobreve di quest'ultima).

IMPORTANTE: alcuni editori hanno apprezzato questa idea di collaborazione tra blog e libreria. Se qualche libreria è interessata a questo esperimento di collaborazione tra luogo fisico e virtuale può aderire scrivendomi (la mail è in fondo al blog). Non è richiesto particolare impegno: solo un angolo dove chiamare a raccolta i titoli che mensilmente Librobreve consiglia. Grazie.

1. Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, Laterza
2. Ingeborg Bachmann, Diario di guerra, Adelphi
3. Herta Muller, Il re s'inchina e uccide, Keller
4. Davide Longo, Il signor Mario, Bach e i settanta, Keller
5. Paolo Vineis, Lost in translation, Codice
6. Jean Clair, Breve storia dell'arte moderna, Skira
7. Anna Banti, Lorenzo Lotto, Skira
8. Giandomenico Romanelli, I misteri delle due dame, Skira
9. Roberto Ferrucci, Sentimenti sovversivi, Isbn

10. Carlos M. Dominquez, La casa di carta, Sellerio
11. Valter Binaghi e Giulio Mozzi, 10 buoni motivi per essere cattolici, Laurana
12. Sergio Luzzato, Il crocifisso di stato, Einaudi
13. Paolo Flores D'Arcais, Gesù. L'invenzione del cristianesimo, Add
14. Maria Grazia Calandrone, L'infinito mélo, Luca Sossella Editore (libro con CD)
15. Tom Stoppard, Rock 'n' Roll, Einaudi