lunedì 7 novembre 2016

"Io sono quella che tu fuggi. Leopardi e la Natura" di Gaspare Polizzi


Leggo e segnalo con un certo ritardo questo importante contributo di Gaspare Polizzi allo studio del naturalismo leopardiano, uscito lo scorso anno per le Edizioni di Storia e Letteratura. Io sono quella che tu fuggi. Leopardi e la Natura (pp. viii-136, euro 17), attraverso paragrafi sintetici e una struttura ben scandita, si propone di perlustrare con continui rimandi e ritorni ai volumi e riviste disponibili nella biblioteca di casa Leopardi e alla miniera zibaldonica (con le sue sempre parlanti date) il rapporto di Leopardi con le scienze, a partire dal legame con la prediletta astronomia, sancito da quella Storia dell’Astronomia che scrisse quindicenne nel 1813. Diciamo subito che uno dei meriti principali di questo volume sta nella forma in cui è concepito e architettato: ogni capitolo apre una porta verso una scienza e si mostra come primo gradino per approfondire il filosofo naturale dei Canti e delle Operette morali. È risaputo che Leopardi era allineato con i principali dibattiti scientifici dell’epoca, ma meno scontato e facile è mostrare con uno studio agile e puntuale come astronomia, cosmologia, matematica, chimica, biologia, storia naturale, fisica, tecnologia, storia della scienza o antropologia si siano innestate nella sua riflessione, quando questo innesto sia avvenuto e con quale intensità e portata. Prendendo ad esempio il caso di Galileo, scopriremo che diversa è l’accoglienza che Leopardi gli riserva a seconda dei momenti e delle sedi, per arrivare alla collocazione di primo piano che gli offre all’interno della sua Crestomazia della prosa italiana del 1827.

I temi leopardiani, quelli grandi e spesso fraintesi se non - peggio ancora - semplificati, quelli che rimandano a parole insidiose come ‘felicità’ (ma soprattutto 'infelicità'), ‘piacere’, ‘vaghezza’, ‘infinito’ (da intendersi più in senso morale e antropologico) o ‘noia’ sono qui intersecati e fatti reagire con lo sviluppo di un pensiero e immaginario scientifico che si sviluppa presto, a partire dalle osservazioni del bambino (vede la prima eclissi di sole a sei anni) e con il consolidarsi di una formazione aristotelico-gesuitica senza pari. Locke, Lavoisier, Newton ma prima ancora Stratone sono punti di passaggio e ancoraggio di più ragionamenti di Polizzi e Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco è, tra le Operette morali, un testo che mai andrebbe tralasciato (così come, a mio avviso, Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere).

Io sono quella che tu fuggi non è un libro soltanto propedeutico per un più fecondo studio dell’opera leopardiana in tempi di sostanziale riemersione di interesse, anche da parte del cinema. Certo, Gaspare Polizzi vuole anche puntellare le tappe dello sviluppo degli interessi astronomici e cosmologici, mostrarci il rapporto non privilegiato con la matematica, la centralità della chimica e del suo linguaggio (rafforzata da importanti amicizie) anche in vista della nota distinzione leopardiana tra ‘termini’ e ‘parole’, e quindi il pensiero biologico, fisico e antropologico del poeta-filosofo. Insomma, il suo è uno studio utile e al servizio dell'opera leopardiana e ha in mente un lettore volenteroso di ricostruirne passo passo i riferimenti e le coordinate. Tuttavia il volume, nella sua brevità, ha un fascino che quasi si slega per un attimo dal fulcro del recanatese e ci trascina altrove, pur facendoci atterrare di nuovo in terra leopardiana. Ecco, volendo riportare per un istante il discorso nel solco della poesia, il solco per il quale più ricordiamo Giacomo Leopardi (e che pure non dovrebbe rimanere il solo), tutta questa apertura al sapere scientifico ci dice di una poesia che cerca quello che trova, in un percorso che prova a farsi “poesia senza nome”, come recita un’espressione zibaldonica efficacemente ripresa da Franco Brioschi per un titolo di un suo studio leopardiano. Scriveva Giacomo Leopardi che una poesia “che non possa averne dai generi conosciuti è ragionevole", ma è "di un ardire difficile a trovarsi, e che anche ha infiniti ostacoli reali, e non solamente immaginari né pedanteschi”. Parlando di immaginari poetici, di rinnovamento e persino di originalità poetica, come il Leopardi dello Zibaldone dovremmo porci non pochi interrogativi. E poi studiare, studiare tantissimo, perché una qualche palingenesi poetica - ammesso che sia ancora possibile - può arrivare da nuove forme assai matte e disperate di studio, più che dal tempo ottundente dei nuovi media, nati come strumenti e sovrapposti vieppiù alla vita comunemente intesa.

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