sabato 4 aprile 2015

"La ragazza dal fiore pervinca" del poeta sloveno Miroslav Košuta

Il 27 dicembre 2014 è morto Tomaž Šalamun, tra i maggiori poeti della Slovenia. Notizia non pervenuta o quasi. Ad una marcia in ricordo del poeta, dopo i funerali, c'erano circa 300 persone, 80 poeti di tutte le generazioni, ricorda Gregor Podlogar qui. Ora non è mia intenzione dilungarmi in un pistolotto sul provincialismo, però mi pare evidente che a scriverci addosso da giornali o lit-blog mainstream o social che sia, a perdersi in polemiche livorose (il livore se non è accompagnato da coraggio non porta da nessuna parte, mi pare), ad affossare o riesumare, a cercare di creare il vuoto intorno a noi oppure un pieno adorante, a essere così sicuri di come stanno le cose o come dovrebbero essere, a preoccuparci di fantomatica editoria come fosse una categoria dello spirito (e non come di un più credibile genere letterario fra gli altri, nei casi migliori, e sempre collocato in un mercato) e o di presunta morte della poesia (ma quanto è stato travisato lo stesso Adorno dopo Auschwitz, a dirla tutta?), ecco a star dietro a tutte queste appassionanti cose ci perdiamo parte di quello che accade, anche solo un po' di qua del confine giuliano, oltre quel Carso che così tanto ha dato alla poesia europea. Figuriamoci oltre quella longitudine! Ci perdiamo un particolare non insignificante: vivere e magari anche, se capita, lavorare. Se parte della polemica fosse ad esempio canalizzata in sforzi di traduzione e ascolto, sarebbe un grandissimo risultato. Meglio provare a rimediare. Come? Leggendo altro, ad esempio, promuovendo traduzioni, spostamenti, viaggi, confronti e incontri nell'epoca della strizza bestiale da confronto, in cui è più facile accontentarci di quello che già sappiamo, anche in poesia. 

Scrive Miroslav Košuta, altro poeta della vicina Slovenia: "Sono nato in un paese dell’altipiano, alle porte di Trieste, in un tempo lontano, molto lontano, in cui gli unici italiani del luogo erano i carabinieri (mandati per controllarci) e le maestre (per italianizzarci). Forse ci sarà stata pure qualche famiglia che parlava un dialetto diverso dal nostro, ma evidentemente erano dei poveri diavoli come noi e non stavano sull’altra sponda. Sono nato nell’Anno xiv dell’Era Fascista. Questo ha condizionato tutta la mia vita: nel resto del mondo correva l’anno 1936. Sono nato in un paese dove la mia famiglia aveva le sue radici da secoli, un paese con una splendida vista sul golfo e sulla città di Trieste, purtroppo, però, in un’epoca in cui gli sloveni venivano dichiarati razza inferiore e quindi da estirpare, la loro lingua era proibita e i loro libri bruciati, i cognomi italianizzati, i nomi imposti. Sono nato in una famiglia che amava i libri e li nascondeva in ogni dove come il bene più prezioso." Ci sono gli echi di discorsi che abbiamo sentito molte volte pronunciare anche da Boris Pahor. Incomincia con queste parole Della poesia: io, un poeta sloveno di Trieste, lo scritto anteposto da Miroslav Košuta al libro che traghetta in italiano un percorso ragionato della sua produzione poetica. Košuta, autore fra l'altro di Scritture parallele. Dialoghi di frontiera tra letteratura slovena e italiana (Trieste, Ed. Lint, 1997), mostra in questo scritto una grande senso del luogo ed è questo senso del luogo che possiamo chiedere ai poeti, a volte.

Il libro di cui diamo notizia va ad arricchire la collana di poesia di Del Vecchio Editore, una delle poche realtà editoriali che sembra essersi accorta delle voragini di attenzione lasciate aperte da una certa editoria di poesia che prova ancora a vivacchiare sulla scia di un blasone ormai quasi del tutto opacizzato. La ragazza dal fiore pervinca (pp. 200, euro 15, traduzione di Tatjana Rojc) è costruito in diverse stazioni o "cicli", corrispondenti ai capitoli: Origine, La parola, il verso, Impegno, I luoghi, La ragazza dal fiore pervinca, Le madri.

E CORRE VOCE


E corre voce che fiorisce il mare
in fiori di ghiaccio, per solo sul fondo, 
nei golfi dove le correnti non turbano le alghe
che i fiumi portano dalle montagne sul fondo, 
i campanacci delle malghe fusi in cristalli,
che il limo celi tracce delle greggi, sul fondo.

E corre voce e di questo e di tanto altro,
storie da sottocoperta delle navi affondate.
C'è chi dorme e gli si drizza il sonno, 
noi, invece, che in pace abbiam vissuto il mare
torniamo a bercelo a sorsi ancora e sempre.

Non si sa perché in Italia la poesia e la letteratura slovena siano così trascurate. Il già citato Pahor, che pure ha raccolto favori di pubblico e critica, non ha spostato di molto la tendenza, quantunque abbia fortunatamente costretto a puntare anche lì lo sguardo. Eppure - lo si è scoperto anche in questo vecchio post dedicato a poeti sloveni contemporanei - appena di qua di Trieste possiamo trovare una boccata di fresca aria e luce. Anche con Košuta, la cui geografia insiste su un triangolo che appoggia i propri lati tra Trieste, Duino e i cieli delle Valli del Natisone, usciamo per poi rientrare, con i capelli scomposti di chi è stato esposto ai picchi di vento delle falesie.

LA SCRITTA DELLA MANO SINISTRA


La sua mano sinistra ha scritto nell'aria qualcosa,
sembrava quasi il mio nome,
facendo sussultare e mormorare le betulle,
quando la mano le si è posata sul cuore.

E un sussulto e un mormorio in me,
mi son guardato attorno -
ho intravvisto il cielo
con miriadi di mani sinistre abbandonate.

La ragazza dal fiore pervinca ripercorre sostanzialmente tutta la produzione poetica di Miroslav Košuta e per un lettore italiano rappresenta l'opportunità di sorvolare un tratto non piccolo di storia e di storia della lingua, di rapporti tra queste aree vicine, sicuramente anche da un punto di vista intellettuale. Quest'anno, fra le altre cose, ricade il quarantennale della morte di Pasolini. Se ne leggeranno delle belle, suppongo. Magari a qualcuno potrebbe venire in mente che il lascito di Pasolini si può meglio avvicinare partendo dalla lettura di un poeta vicino come Košuta. C'è da augurarselo.

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