Il sisgmografo, inventato all'inizio del diciottesimo secolo dall'abate francese Jean de Hautefeuille, è stato lo strumento principe della geofisica, il nostro Virgilio nella perlustrazione di ciò che sta sotto i nostri piedi. Forse è un paradosso, ma per certi aspetti sembra essersi evoluta molto di più la conoscenza di quanto sta sopra le nostre teste che quella che va oltre i 12 chilometri carotabili in direzione centro della Terra. Insomma, come in ogni campo del sapere scientifico, anche ciò che è tutto sommato molto vicino a noi trattiene ancora molti aspetti da svelare. Del resto non era un mistero nemmeno per Eraclito: la natura ama nascondersi. Ad affiancare il sismografo sono arrivati i neutrini - e in particolar modo i geoneutrini - e non è folle confidare che nel giro di qualche decennio la nostra conoscenza di mantello e nucleo possa accrescersi grazie all'"applicazione" geofisica del geoneutrino e alla capacità di queste particelle, un miliardo di volte più numerose dei protoni e neutroni, capaci di attraversare la materia con una scarsa propensione all'interazione (è l'azzurra "luce di Čerenkov" che riesce a catturare il loro passaggio). Questa proprietà li rende delle sonde, dei messaggeri degli spazi remoti, dei quali sono in grado di fornire preziosissime informazioni ai ricercatori. Specularmente alle loro applicazioni geofisiche, sta consolidandosi un nuovo campo di ricerca di "astronomia neutrinica". Insomma, pur essendo ancora agli albori dell'epoca del neutrino, da un ventennio si sono accresciute le aspettative attorno a questa particella e la messa in opera di grandi strutture sperimentali in zone proibitive o comunque remote della terra (montagne e miniere, fondali marini e circoli polari) son lì a testimoniare questo. Le strutture dedicate alla ricerca possono poi interagire, com'è il caso dell'interazione fra CERN di Ginevra e laboratori del Gran Sasso per lo studio dei neutrini. Ecco allora che la frequentazione di un libro come quello di cui vi voglio parlare potrà risparmiare figuracce a politici futuri che tangenzialmente o professionalmente dovranno occuparsi di scienza e ricerca, com'è stato il caso del fantomatico "tunnel della Gelmini" immaginato tra la Svizzera e l'Abruzzo.
Geofisica e astronomia sono solo alcune delle prospettive che apprendiamo nel libro Il fantasma dell'universo. Che cos'è il neutrino scritto da Lucia Votano per Carocci e ospitato all'interno della collana "Città della scienza" (pp. 166, euro 13). L'autrice, per anni alla direzione dell'INFN scavato nella pancia del Gran Sasso, restituisce in questo agile volume la storia, i misteri (spesso la fisica si tinge di giallo, e non è solo un riferimento a Majorana), le "applicazioni" e l'affascinante lavoro sperimentale attorno a questa particella subatomica elementare teorizzata per la prima volta da Wolfgang Pauli, fermata poi in un modello da Fermi (che brillantemente le tenne a battesimo, dando loro il nome italiano usato in tutte le lingue e correggendo la proposta di Pauli che aveva optato per "neutrone", particella all'epoca non ancora scoperta), approfondita in Russia da Bruno Pontecorvo e quindi ampiamente studiata sperimentalmente a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Il volume inoltre getta uno sguardo sintetico sulle attuali imprese scientifiche volte allo studio di questa particella per la quale è spesso usata l'immagine del "fantasma", una parola di origine greca che curiosamente rimanda a qualcosa che appare, generato dalla fantasia umana e che nel linguaggio della divulgazione scientifica vorrebbe invece comunicare qualcosa di "difficilmente afferrabile". Le cose però stanno cambiando rapidamente attorno ai neutrini e alla loro centralità nella fisica contemporanea e il pregio di questo volume è di dar conto del lavoro di queste piattaforme sperimentali con un linguaggio accessibile ai non specialisti (in coda al libro si trova anche un glossario), conducendoli nei ventri delle montagne o in altri luoghi difficilmente accessibili come il Polo Sud (un capitolo titola efficacemente Neutrini e pinguini, un altro dedicato alle postazioni sperimentali marine Neutrini e capodogli).
La domanda che può sorgere con simili libri è sempre la stessa: quanto questi volumi divulgativi sono effettivamente accessibili ai "non specialisti"? Da pieno non-specialista posso dire che questo libro è largamente accessibile. Naturalmente in alcuni passaggi l'autrice non può fare a meno di richiamare una consolidata base di risultati sperimentali che possono scoraggiare un lettore non abituato alla formalizzazione di questa scienza. Eppure la capacità di chi sa fare anche divulgazione è quella di tenere il lettore per mano e non smarrirlo mai del tutto. Così accade nel racconto di questa particella "contesa" tra due ipotesi che risalgono a Dirac da un lato e a Majorana dall'altro (tassonomicamente per loro erano "fermioni" e non "neutrini" e questo fatto aprirebbe un interessante capitolo sull'uso delle parole in fisica). E la fatica vale il gioco (sì, gioco, perché nelle sue sfere più alte la ricerca scientifica è squisitamente vicina al gioco): c'è in ballo una delle avventure intellettuali più affascinanti che prese abbrivio dal tentativo di spiegare il decadimento beta e portò poi al Modello Standard (MS), il quale spiega le interazioni tra particelle e loro interazioni e infine alle difficoltà di convivenza teorica tra neutrini e lo stesso MS. Il moltiplicarsi di particelle e subparticelle - al lettore "non specialista" potrebbe sembrare quasi un "proliferare" di particelle e il neutrino stesso fu introdotto in deroga al "principio di parsimonia", com'è accaduto pure al Bosone di Higgs - è una realtà a cui ci ha resi avvezzi la fisica a partire dal secolo scorso ed è interno a un corteggiamento del pensiero umano nei confronti della natura che coinvolge ad esempio il tempo e la sua progressiva espunzione dalla fisica (sono i temi di Lee Smolin), la sua concezione come qualcosa di irreversibile, come risultato di ciò che accade o come cornice in cui tutto accade. E non si può nemmeno ignorare il dibattito attorno alla legge di natura, alla simmetria, alla stabilità delle leggi, senza dimenticare che tutta questa avventura o gioco immenso è il prodotto di neuroni che stanno dentro la nostra piccola scatola cranica la quale sta dentro l'universo, in un posto altrettanto piccolo chiamato Terra, in quello stesso cervello che ha pensato la materia oscura, abbondante e non osservabile, il succitato Modello Standard e che ora trattiene il desiderio di comprendere cosa stia al di là di questo modello. Per riportare i piedi a terra e per tornare ai nostri libri, anche il successo del recente e bellissimo Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (lo trovate persino negli Autogrill) dimostra che dobbiamo smetterla di pensare che l'abbassamento dell'asticella della qualità in editoria paghi sempre.
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