sabato 2 aprile 2011

Valéry e le ispirazioni mediterranee


Piaceva all’occhio ciò che disgustava l’anima”. Così Valéry descrivendo un cumulo di viscere di pesci scovate in acqua durante una nuotata nel suo Mediterraneo.

Questa è per me la frase più magnetica nel breve scritto dal titolo Ispirazioni mediterranee. Sarà forse perché ci ritrovo i cortocircuiti del Valéry poeta, sarà perché ci vedo l'interesse a tutto campo per le scienze (e in particolare per quelle che stavano nascendo attorno al cervello), ma in parte mi è sembrato di cogliere certe sollecitazioni e inquietudini del pensiero di quell'entre-deux-guerres che ha consegnato alla posterità controversi capolavori letterari e filosofici.

Questo scritto era già comparso nel volume La crisi del pensiero e altri "saggi quasi politici" uscito per Il Mulino nel 1994. Come però spesso succede in editoria, isolare uno scritto o parte della produzione di un autore ha un significato diverso e più pregnante della pubblicazione “all inclusive”. E così ha fatto Mesogea (collana “La micro”, pag. 80), con questa pubblicazione maneggevolissima, pregevole, dalla copertina in cartoncino vergato con la bella illustrazione monocromatica di Laura Anastasio che ben racchiude il formato “palmare” del libro.

E un velato intento politico permea queste pagine scritte nel 1933 per una conferenza all’Université des Annales. Qui il “mare tra le terre” viene naturalmente trattato per la sua immane portata nello sviluppo delle genti che sulle sue acque si sono affacciate lungo i secoli. Tuttavia non bisogna correre il rischio di dare troppo peso alla lettura politica (o braudeliana) del testo, magari pure sulla scia degli avvenimenti nordafricani di questi ultimi tempi. Certo, la centralità del Mediterraneo e del continuo intreccio di relazioni che ha formato le sue genti è per Valéry un caso unico al mondo. Non bisogna però perdere di vista la portata autobiografica di queste "confidenze": in queste poche pagine il vento, il sole, l'acqua, la pesca, il nuoto sono protagonisti di un “recupero sensoriale” (le parole sono della curatrice Maria Teresa Giaveri) che è bene valutare per avvicinare quella grande opera di poesia del Novecento che è Il cimitero marino (non a caso la curatrice del volumetto ne è stata traduttrice).

Probabilmente non è sbagliato dire che il Mediterraneo per Valéry è un teatro di “possibilità”. Questo concetto di possibilità è centrale in tutta la sua opera e nei Cahiers in particolare (a proposito ricordo che lo studioso Gabriele Fedrigo ha dedicato a Valéry un libro molto bello dal titolo Che cosa può un uomo? Potenzialità biologica, selezione naturale e cervello da Paul Valéry a Gerald M. Edelman). Giustamente questa centralità della possibilità è rivendicata anche dalla curatrice, la quale ricorda in sede di prefazione l'epigrafe che Valéry prese a prestito dalle Pitiche di Pindaro per Le cimitière marin, offrendone con l'occasione una traduzione all'altezza del pensiero di Valéry e all'altezza dei nostri tempi. Parlando allora del Mediterraneo in questi termini sarà forse normale tornare a parlarne anche in termini policiti... o perlomeno “quasi politici”.

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