D'aria sottile contiene le nuove poesie Azzurra D'Agostino. Il volume esce per la collana "Inaudita" di Transeuropa, meritorio editore che, nel mondo dell'editoria italiana, potrebbe rappresentare la parte dell'Araba fenice.
Questa è la seconda volta che parlo di libri di poesia. Il primo post era una non-recensione che si addentrava nei meccanismi editoriali legati a quattro libricini di giovani poeti usciti per Lo Specchio Mondadori. Anche qui la tentazione di fare un'incursione simile è forte, visto che il libro (pag. 40, euro 15) esce, secondo il format di collana, con allegato il CD musicale Rianta di Kay McCarthy. Un bel progetto grafico quello di Floriane Pouillot, un po' vanificato dal punto metallico: anche qui, come nel caso dei poeti giovani usciti nella special edition de Lo Specchio, il punto metallico sembra la soluzione imposta dai costi e dalla brevità (o forse dalla volontà di dare al libro un look un po' più da "guerrilla"?). La pagina nera tra copertina e frontespizio mi ricorda un nome scomparso dell'editoria italiana, quella Gamberetti dove esordì Emidio Clementi (tutto si tiene, anche nelle forme di un libro).
Nel mio caso ho conosciuto Kay McCarthy grazie ad Azzurra D'Agostino. Qualcuno potrà conoscere la poesia di Azzurra D'Agostino grazie a Kay McCarthy. Credo che questa seconda "serendipity" sià più entusiasmante della prima.
L'attacco del libro colpisce davvero, lascia intravedere le cose più interessanti della poesia di questa trentaquattrenne, come una certa rielaborazione della lettura di Mario Benedetti di Umana gloria e Pitture nere su carta, il senso del luogo (sempre centrale in quello che ha scritto) e soluzioni inedite ed efficaci come la sostantivazione del superlativo assoluto:
Il buio riempie le conchiglie,
unisce i grani della sabbia chiude
gli occhi docili dei cormorani.
Stanno a galla le stelle nell’acqua nera
stropicciate nelle pozze, negli scoli.
Abitare qui è fatica. La fragile domanda,
lo scuro. Tutto questo è fatica.
Nel durissimo del nome solo ci è concesso
di stare. Non distogliere lo sguardo.
Attendere. Non muoversi. Non cercare.
Ciò che colpisce è inoltre la finta simmetria, con scarto minimo ("se è poi" / "se poi è"), dove una similitudine riesce a stare in piedi senza ricorrere al "come" e senza innescare una metafora:
Chissà se è poi vero
che ogni pianta è da per sé
e che estranea è foglia alla foglia
e che di solitudine immensa si veste il giardino
e così anche noi
chissà se poi è vero.
La compresenza di poesie in italiano e in dialetto nello stesso libro sembra essere qualcosa di "normale" al giorno d'oggi. Non so se è una mia impressione, basata su ricordi vaghi e scarsa conoscenza, ma mi pare che nel secolo scorso i poeti che scrivevano sia in italiano che in dialetto tendessero a separare le opere scritte in quella o questa lingua. Forse Zanzotto ha aperto le danze, mischiando le carte. Non saprei, ripeto, si tratta di una sensazione che qualcuno potrebbe smentire snocciolando una serie di titoli del Novecento dove italiano e dialetto convivono. Anche Azzurra D'Agostino presenta la sezione centrale ("Dal silenzio") nel suo dialetto, che è quello dell'appennino tosco-emiliano (l'autrice è originaria di Porretta Terme). Pur confermando qui una voce altrettanto potente, l'impressione è che le cose più interessanti e le nuove promesse della sua scrittura insistano nell'area dell'italiano.
Il comunicato di lancio del libro recita "la poetessa che ha innescato la polemica sugli spazi della poesia sul sole24ore". Al di là dello strillo promozionale, non tutti possono sapere che Azzurra D'Agostino ha scritto una lettera aperta al quotidiano, criticando, tra le altre cose, anche il suo principale collaboratore in ambito poetico, Davide Rondoni. A prescindere da quel che si può pensare degli articoli e delle scelte di Rondoni, vera polemica non ci fu, tutto finì presto sotto sterilizzatore e non si giunse a un grande dibattito. Certo, "Domenica", il supplemento del "Il Sole 24 Ore", sembra attento a valutare quanto si muove attorno alla generezione recentemente battezzata TQ (trenta-quarantenni). Anche in quell'occasione però si perse l'opportunità di dare profondità al dibattito e maggiore visibilità alla poesia. Comprendo, rischiamo di addentrarci in discorsi noiosi. Tutto si potrebbe liquidare con il fatto che agli editori interessa il profitto e gran parte della poesia che si pubblica (non tutta, ma una buona parte) non porta profitto. Preferisco concludere con un'altra sensazione: percepisco un prolungato stallo attorno alla poesia. I libri nuovi escono, talvolta importanti e però l'attenzione sembra calare di giorno in giorno. Mi chiedo pertanto, come altri, se il problema non sia da inquadrare all'interno della critica, di quel che di questa rimane o, più facilmente, della sua assenza. I grandi poeti sono stati spesso scovati, scortati e supportati da un critica in salute. Se questa viene a mancare la poesia da sola avrà la forza di farsi leggere, di circolare, di durare?
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