martedì 7 giugno 2011

Benny Barbash e "Il piccolo Big Bang"



Antipaticamente svelo subito la parte centrale della trama: "Allora si può dire che la storia di ciò che è successo a papà è un po’ come la storia del Big Bang. La mamma dice che è ancora più incredibile del Big Bang. Questo succede quando si conosce meglio il caso di papà che il caso del Big Bang e si può giungere facilmente a conclusioni imbecilli, perché è risaputo che dal Big Bang si è sviluppato tutto l’universo, mentre dall’orecchio di papà è solo nato un albero d’olivo, ma a questo arriveremo solo in seguito, quando l’albero inizierà a crescere."

Il punto di vista è quello del bambino di dodici anni che ci accompagna per tutta la storia, lo stesso bambino che ci offre un'interessante visione del mondo arabo verso la fine de Il piccolo Big Bang (Giuntina, pag. 119, euro 12). Ci racconta del padre, alle prese con una dieta improbabile a base di sole olive, una dieta con conseguenze assurde, visto quel che si legge nel paragrafo riportato in apertura. Il libro ci restituisce il curioso e a tratti assai divertente ritratto di una famiglia israeliana post-Shoah, un ritratto che personalmente non saprei se definire altamente fedele alla realtà ma che pare a tutti gli effetti verosimile. Vi troviamo molto: l'angoscia, i miti fondativi, il rapporto tra tre generazioni successive, le tensioni con il popolo palestinese e le visioni del mondo arabo. Litte Big Bang è un assaggio piuttosto concentrato di profonda passione per le dissertazioni in famiglia, autoironia e surrealtà.

Ce ne rendiamo conto se riportiamo ancora un altro passaggio, grazie a questi frammenti riusciamo ad avere uno spaccato efficace della prosa di Barbash, resa con altrettanta efficacia da Shulim Vogelmann, il traduttore italiano (a sua volta interessante autore in proprio, del quale vale la pena ricordare Mentre la città bruciava): "Per varie sere, mentre papà la riprendeva con la videocamera, la nonna seduta in poltrona raccontò tutto quello che si ricordava di quel terribile periodo, e alla fine siamo anche partiti, tutta la famiglia, per un viaggio alla ricerca delle radici e abbiamo visitato tutti i suoi nascondigli e il momento clou di tutta la gita è stata la visita ad Auschwitz che poi abbiamo condito con due giorni fantastici a Eurodisney perché, come ha spiegato papà alla mamma che non era per niente d’accordo con questa idea dal momento che non si mischiano la gioia e il dolore, non è bene lasciare i bambini con un ricordo finale così devastante prima di tornare a casa."

Barbash è nato nel 1951 a Beer Shiva (Bersabea, nel Sud di Israele), è anche poeta e sceneggiatore. Al pubblico italiano è noto soprattutto per Il mio primo Sony (sempre da Giuntina) e per aver vinto il premio della critica nel 1984 a Venezia con la sceneggiatura del film Beyond the Walls.

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