mercoledì 20 luglio 2011

I sentimenti sovversivi di Roberto Ferrucci

Uscito prima in edizione bilingue per la collana francese "Meet les bilingues" diretta Patrick Deville, viene ora scorporato in un'edizione tutta italiana (Isbn Edizioni, pp. 144, euro 17) il romanzo che Roberto Ferrucci dedica al suo soggiorno nella Loira Atlantica, a Saint-Nazaire, al decimo piano del "Building", in un appartamento messo a disposizione dalla fondazione francese per gli scrittori periodicamente invitati a un soggiorno di sei settimane con borsa settimanale. Il libro rientrebbe dunque nell'insieme dei molti romanzi che parlano di scrittori e di scrittura. Nel tempo ho sviluppato un'avversione per questo crescente genere editoriale che vanta anche illustri esponenti (fate un esperimento soffermandovi a leggere una dozzina di quarte di copertina in libreria o su un sito di commercio elettronico, c'è un'alta probabilità che almeno un paio vi annuncino la storia di uno scrittore, in crisi, in amore, in trance creativa, alle prese con una storia che ha per protagonista un altro ennesimo scrittore). Per me questo genere è spesso un criterio di scarto nell'abbondante offerta, visto che tollero male l'idea di un'autereferenzialità della scrittura tipica della peggiore televisione. Ma con Ferrucci sapevo di non correre questo rischio, fortunatamente la quarta di copertina parlava d'altro e Ferrucci non è certo adagiato sull'autoreferenzialità. Nella narrazione Ferrucci compie un'operazione pirandelliana di abbattimento della quarta parete, gioca apertamente con il proprio "pubblico", lo fa entrare nella scrittura senza finzione alcuna, con lui si perde il confine tra fiction e no fiction, in vista di una prosa-documentario che non ha molti praticanti. Avevo letto un libro di Jean-Philippe Toussaint, scrittore che Ferrucci ha più volte tradotto, Mes Bureaux. Luoghi dove scrivo. Partivo preparato forse. Ferrucci ha scritto anch'egli un romanzo sui luoghi dove ha scritto, sulla sua città, Venezia, e, indirettamente, un romanzo sul paese di provenienza amato e provvisoriamente abbandonato (l'Italia volgare, rancorosa e anestetizzata degli ultimi decenni, presenza tanto più forte e centrale in absentia).

Dentro la scrittura di Ferrucci entrano tutte queste cose ed entra davvero di tutto. Uno potrebbe pensare che se esistesse una legge per il product placement anche nella narrativa Ferrucci abbia sottoscritto un contratto con la Apple, tante sono le volte in cui cita i prodotti dell'azienda di Cupertino, ma in realtà si tratta davvero di un modo nuovo (e ben venga) di recepire il nostro rapporto quotidiano con la tecnologia e consegnarlo alla scrittura. E si badi bene, tecnologia che serve anche alla scrittura. Entrano le riflessioni amare sull'Italia, la vita del soggiorno francese, né fuga né catarsi bensì necessità fisiologica di un altrove, le vicende di Venezia (quelle sulla città lagunare e sulle idiozie che la circondano, da tutte le parti politiche, sono tra le pagine più belle).

Sentimenti sovversivi è un libro che nasce altrove, che porta altrove e riprecipita continuamente nella realtà italiana degli ultimi anni. Ferrucci ama troppo l'Italia per non tornarci all'interno della bolla fragile della scrittura. Sarà interessante leggere nuovamente queste pagine tra qualche anno. L'autore porta alla ribalta una questione generazionale, che passa più rapidamente in primo piano quando si fa più scottante la ripresa di una vera "questione morale". Lo fa tuttavia da una posizione di disagio individuale. Marco Lodoli, riferendosi al precedente romanzo di Ferrucci, Cosa cambia, ha scritto: "Se la letteratura a Roma prende spesso una piega creaturale e lirica, e a Milano una sperimentale e antropologica, nel Veneto sembra affermarsi la linea soggettiva-sociale, ovverosia una predisposizione al racconto della modernità vista alla luce di un disagio individuale: e penso a Trevisan, a Mozzi, a Bugaro. E penso anche a Roberto Ferrucci [...]." Credo che Lodoli abbia colto nel segno (due nomi per Roma e Milano? Rispettivamente Maria Grazia Calandrone e Giorgio Falco). Non è affatto mia intenzione ipotizzare una "linea" veneto-friulana nella narrativa attuale, ma se non altro segnalare la reattività che molti scrittori di questi posti dimostrano, il tentativo di predisporsi a un cambiamento e a un adattamento del vivere in questa parte d'Europa e in questo frangente di secolo, all'interno di una nazione dove persino i sentimenti più normali del cittadino sono additati come sovversivi.

3 commenti:

  1. Sarebbe interessante sapere cosa pensa l'autore delle parole di Lodoli...
    Angelo

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  2. Ho letto questo libro. Sinceramente che lo scrittore abbia tendenze politiche lo trovo normale, che offenda Berlusconi mettendo per iscritto che i suoi capelli sono cacca di cane, soprattutto senza contradditorio, mi pare banale e senza spessore. Ho fatto fatica a finire di leggerlo.
    Massimo

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