sabato 24 dicembre 2011

Un secolo troppo presto. Adriano Olivetti visto da Marco Peroni e Riccardo Cecchetti

Recensioni rapide #2
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"Recensioni rapide": due paragrafi fissi dove cerco di rispondere brevemente alle domande "che libro ho davanti?" e "perché vale la pena/non vale la pena avvicinarlo?" (solitamente resto su quelli che vale la pena). 
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Avvicinare una personalità come Adriano Olivetti non è affatto facile. Ci hanno provato in tanti, utilizzando vari mezzi e vari approcci. La biografia-fumetto forse mancava. Adriano Olivetti. Un secolo troppo presto, sceneggiato da Marco Peroni e disegnato da Riccardo Cecchetti (Becco Giallo, pp. 160, euro 19, cartonato, a colori) rappresenta quindi una grande opportunità e una sfida proibitiva allo stesso tempo. Non spetta a me (riba)dire le potenzialità del fumetto/graphic novel, il quale non ha alcun bisogno di essere sostenuto-sdoganato-elevato, e non spetta a me nemmeno elogiare l'operato di questa casa editrice che negli anni ha saputo dimostrare queste potenzialità con il semplice "far libri", mettendo in fila delle notevoli pubblicazioni suddivise in diverse collane che spaziano dall'ambito storico, all'inchiesta, ai più recenti e discussi fatti di cronaca, finanche a quel genere editoriale che, se tralasciamo il caso della biografia di Steve Jobs, si presenta come genere assai difficile da proporre; così almeno in Italia, mi pare (all'estero, per quel poco che ho notato in vari paesi, il genere attira più attenzione e occupa semplicemente più metri lineari nelle librerie). E vedere trattati questi temi con l'irriverente frontalità del fumetto restituisce uno spunto nuovo, un piccolo contraccolpo attorno alla discussione sull'uomo Olivetti, le sue intuizioni, la sua solitudine e il suo silenzio (non visse a lungo, era nato nel 1901 nella sua Ivrea, si spense ad Aigle nel 1960).

Va da sè che il libro, con quell'emistichio del titolo "un secolo troppo presto" così eloquente e quasi doloroso, si candida con forza a diventare un ottimo viatico per avvicinare la figura dell'imprenditore di Ivrea, per scrostare certe letture facili e adagiate su una vulgata ormai da demolire. Olivetti è poi l'ennesima riprova - ma forse non ce n'era il bisogno, si tratta di qualcosa di risaputo, ma va bene ripeterlo - dell'impareggiabile contributo dato dagli intellettuali di origini ebraiche alla cultura mondiale. Cosa sarebbero oggi la letteratura, la scienza, la riflessione filosofica senza l'apporto davvero eccezionale proveniente da una comune matrice ebraica? Lo so, è forse un esercizio che lascia il tempo che trova questo di ipotizzare letteratura, scienza o altro senza il contributo di una "fetta": qualsiasi torta sarebbe incompleta senza una "fetta". Il fatto è che qui, nell'ambito della cultura ebraica, a volte mi sembra di poter rintracciare uno degli ingredienti più importanti della torta. Questa biografia rimette in circolazione quel che c'è da sapere per iniziare ad avvicinare ancora Olivetti: l'impresa, l'utopia, l'urbanistica, la politica, la "Comunità", l'esilio, la terza via olivettiana, una terza via che si intravedeva tra le antinomie di capitalismo/socialismo, profitto/solidarietà, industria/cultura, produzione seriale/bellezza. E il modo in cui lo fa è nuovo, vivace. La vivacità dell'intelligenza che arriva dal fumetto. Troppo presto?

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