Questi tre racconti di Bernhard uscirono nel 1969. In Italia fu Guanda a proporli, nel 1981, poi Bernhard divenne quasi interamente un autore conteso tra Adelphi e SE, con qualche incursione einaudiana. A inizio anno Guanda però è tornata in libreria con un bel dittico, Sì e i tre racconti contenuti in questo Al limite boschivo. Entrambi brevi, entrambi belli. Nel primo caso è curioso constatare la riproposizione del libro semplicemente ri-titolato (precedentemente era uscito nella traduzione di Claudio Groff con il laconico titolo originale di Ja... titolo che si comprende soltanto all'ultima parola-sillaba del libro), mentre nel caso de Al limite boschivo si tratta di una riproposizione della traduzione di Enza Gini (pp. 80, euro 10) di tre racconti che, assieme a Perturbamento, furono tra i principali volani del decollo di Bernhard nel nostro paese. In questi brani c'è già molto del narratore (ma anche prolifico autore teatrale) che magari avrete letto altrove, soprattutto in quel mutuo relazionarsi tra luoghi chiusi e luoghi aperti, in cui l'autore austriaco, a mio avviso, offre gli esiti più alti della prosa. E questo che accade anche in Kulterer, il primo racconto, in cui l'omonimo protagonista, carcerato modello, vive il vuoto e l'angoscia degli ultimi momenti di reclusione, ne L'italiano, dove al centro ci sono le relazioni dietro le quinte di un funerale celebrato in campagna e infine nel terzo racconto, che offre il titolo al libro e che rimanda a un tema ricorrente in Bernhard, quello del suicidio (tema sin troppo "facile" per l'autore della distruzione e dell'autodistruzione). Il tema del suicidio poi unisce idealmente il dittico di libri di cui dicevo in apertura, compreso quindi quel Ja/Sì che ritrova nei boschi, nelle passeggiate, nell'interazione tra aperto e chiuso, nel senso dei luoghi, una delle cifre più interessanti ascrivibili a Bernhard.
Assomigliano ai boschi alcuni libri di questo autore sospeso tra ossessioni tautologicamente ricorrenti e riuscite variazioni: proprio come nei boschi accade tutto, di tutto, quando apparentemente non accade nulla. Così come c'è un mondo - il mondo - nella ripetizione di un gesto abitudinario, o nel conteggio dei passi (tema ripreso da uno dei più celebri ammiratori italiani di Bernhard, Vitaliano Trevisan). Luoghi che assomigliano spesso a istituzioni totali goffmaniane (anche quando non lo sono), istituzioni che ritornano nei suoi libri (qui nel racconto di Kulterer, altrove, ad esempio, nell'ospedale de Il respiro).
Ancora oggi, a leggere e rileggere Bernhard, possiamo rimanere toccati nello spirito, dall'incedere cronachistico che, con una regolarità impressionante, non di rado sconvolge e squassa e possiamo rimanere tramortiti dall'incontrarsi-scontrarsi-evitarsi dei protagonisti della sua prosa. E tutto avviene in uno spazio che ha i contorni, la luce, i muri, le planimetrie e l'odore ipotetico di prigione, dove progressivamente sembra venir meno il respiro e il passo (i passi) e dove pare salvarsi soltanto la scrittura, come ricordava Aldo G. Gargani (inciso: un filosofo che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui mi pare si parli troppo poco, nonostante la morte tutto sommato recente). Nel suo La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca ci si avvicina a questa forma di salvezza nella scrittura. Aggiungerei che, all'inverso di una lezione latamente espressionista, non scorgeremo mai il grido o l'urlo nella disperazione di questo autore, piuttosto un inspiegabile credito offerto al racconto e allo scrivere, all'affermare a tratti quasi didascalico, come quei sottotitoli dei romanzi ai quali ci ha abituato, come l'effetto prodotto dai "raccontini" de L'imitatore di voci.
Bernhard è oggi un autore da leggersi accanto a Handke. I due sono molto lontani ma sembrano illuminarsi reciprocamente, se avvicinati. Tra i due giganti austriaci ci sono sicuramente molti aspetti interessanti da chiarire e confrontare, anche se per il pubblico italiano non sono ancora disponibili studi dedicati di una certa consistenza. Sembra impossibile, con tutto quello che si pubblica. Ma così è.
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