In ambiente editoriale esiste ancora quel vecchio adagio che vede protagonisti i tre potenziali argomenti di vendita racchiusi nella copertina di ogni libro: il nome dell'autore, il titolo, il nome dell'editore. In alcuni casi il nome dell'autore prevale sul titolo e sull'editore (pensate a come vi aspettate una copertina di un John le Carré o di un Ken Follett, col nome dell'autore a caratteri cubitali), in altri l'autore è sconosciuto, allora sarà un titolo possibilmente accattivante ad attirare l'attenzione, in altri l'autore può essere ugualmente sconosciuto, ma se la gabbia grafica che ospita il tutto è una copertina Adelphi o Einaudi, allora il lettore medio è indotto a pensare di avere davanti un buon libro, che qualcun altro ha scelto per lui. Nel caso del libro di cui scrivo ora, L'arte contemporanea spiegata a tuo marito di Mauro Covacich (Laterza, pp. 120, euro 14) siamo forse un po' spiazzati. Il romanziere Mauro Covacich, conosciuto per libri fatti prima per Mondadori e poi Einaudi, approda a Laterza (a dire il vero con quest'editore ha pubblicato due interessanti libri per la collana Contromano, Trieste sottosopra e Storia di pazzi e di normali) con un libro godibilissimo dedicato a trenta tra i principali e più noti artisti contemporanei. Il titolo è furbamente capzioso, sembra studiato appositamente per il lavoro d'ufficio stampa delle case editrici e per approdare senza filtri sulle pagine redazionali dei femminili pronti a darne notizia. Da compilatore di M davanti alla casella M/F dei questionari, forse avrei dovuto astenermi, ignorare il libro, invece ho voluto seguire Covacich in questo suo percorso tra trenta personalità (la maggior parte uomini) la cui opera equivale a trenta grosse "dita puntate" su qualcosa. L'arte contemporanea è spesso questo, un dito puntato. Insomma, del trio autore-titolo-editore, stavolta viene sacrificato il nome di Laterza. Bisognava giocare sul binomio autore-titolo ironico per impacchettare quell'attenzione che, a mio avviso, il libro meriterebbe comunque, a prescindere da questi ragionamenti.
Covacich è un cultore attento della materia, sa separare il grano dal loglio, "le dita puntate" che gli artisti contemporanei sanno sa far scattare assieme alle loro opere (sempre più spesso dei veri e propri interrogativi), dalle azioni pazzesche di speculazione registrabili nel mercato dell'arte. Il suo punto di vista è informato ma sufficientemente vergine per poter ambire a inquadrare le opere sotto una lente con curvatura inedita. Se tanta parte dell'arte contemporanea è rimasta, ad un livello di percezione comune (per questa strada torniamo al titolo!), attaccata alla boutade "questo lo sapevo fare anch'io", come a sottolineare la disarmante semplicità e banalità di certe soluzioni degli artisti, leggendo Covacich sugli artisti contemporanei verrà più facile dire "questo a me non sarebbe mai venuto in mente" o, meglio, "questo lo poteva fare solo questo dato artista". In questa risposta implicita ho ravvisato il denominatore comune di queste agili trenta schede. Ad ogni artista Covacich riserva un'immagine significativa e una trattazione rapida, in media sulle tre pagine. Le chiuse di queste scorrevoli schede spesso ritornano sul titolo del libro, su quello che lei dovrebbe spiegare, dire, suggerire a lui per tentare di avvicinarlo a un mondo altrimenti impenetrabile, forse persino risibile e repellente.
Un libro così non può non partire dall'orinatoio-fontana di Marcel Duchamp, soffermarsi sul chiacchieratissimo Maurizio Cattelan (questo non lo dice Covacich ma lo penso da un po': nessuno di coloro che si scandalizzano per La nona ora o per i bambini-pupazzi appesi ha mai letto in quest'ultimo un chiaro rimando a Pinocchio? Come? Collodi sì e Cattelan no?), passare per autentiche mozzarelle (latticini) in carrozza di Gino De Dominicis, Jackson Pollock, Mark Rothko (forse una delle schede più belle, una pittura sicuramente sentita da Covacich), l'imprescindibile Andy Warhol, Joseph Beuys, i palloni gonfiati di Jeff Koons, Haruki Murakami, le vacche squartate o i teschi diamantati di Damien Hirst, il blu brevettato di Yves Klein, l'altro imprescindibile ovvero l'enfant terrible Piero Manzoni (precursore di Koons?), Francis Bacon, Lucian Freud, la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto (leggetela in parallelo a Ninfa moderna di Didi-Huberman), i concetti spaziali-vaginali di Lucio Fontana, le combustioni di Alberto Burri, Chris Burden, il fetore insopportabile delle ossa spolpate da Marina Abramović durante Balkan Baroque a La Biennale di Venezia del 1997, e poi Richard Long, gli alberi di Giuseppe Penone, Bruce Nauman, Bill Viola, Sophie Calle (artista cara all'autore, presente anche nei suoi romanzi), Anselm Kiefer, William Kentridge, Matthew Barney, Patricia Piccinini, quella Mona Hatoum che proiettò la propria gastroscopia per finire con l'iphone/tablet art di David Hockney (classe 1937). Impossibile qui approfondire ogni singola trattazione; è un libro che si legge con grande interesse. Possono comprarlo e leggerlo tranquillamente anche i mariti (e pure i ragazzi).
L'ho letto. In effetti è simpatica la trovata. Ma è un libro aperto a tutti. Cinzia
RispondiEliminaPensa che io l'ho REGALATO a mia moglie... Gabriele
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