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Questo ripescaggio risale ancora una volta alla rivista "daemon". Si tratta della recensione a un testo breve (Book Editore, pp. 80, euro 11) del grande filologo tedesco Erich Auerbach. L'autore del fondamentale Mimesis fu un altro rappresentante di quella migrazione tedesca che dopo l'avvento del Nazismo fecondò atenei di tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, nazione dove anche Auerbach finì, dopo una parentesi in Turchia. Piccola divagazione: visto che di questa migrazione abbiamo già parlato, ricordo il contributo dato da Mariuccia Salvati all'argomento con il suo Da Berlino a New York. Quel libro era particolarmente sbilanciato sugli scienziati sociali, ma per impostazione ed esiti di ricerca rimane ancor oggi fondamentale.
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Questa pubblicazione di Auerbach
(Berlino 1892 - Wallingford 1957), che inaugura una nuova e promettente collana
dell’editore Book (sono previsti, tra gli altri, testi di Albrecht Dürer e di
Ludwig Feuerbach), è già un piccolo evento editoriale. Vi troviamo, infatti, la
prima traduzione italiana in volume del saggio Philologie der Weltliteratur
del 1952. In queste poche pagine (il libro è corredato del testo originale a
fronte, tradotto in italiano da Regina Engelmann), l’autore di Mimesis e
degli Studi su Dante si cimenta con l’ingombrante nozione goethiana di Weltliteratur,
della quale si proclama egli stesso filologo. La finezza dell’Auerbach
comparatista è qui tutta distillata in quello che possiamo considerare il suo
testamento intellettuale (lo scritto precede di cinque anni la morte).
Passaggio
chiave del ragionamento di Auerbach è la subordinazione-dipendenza della Weltliteratur
alla nozione di “storia mondiale”. Sarebbe difficile comprendere la portata di
questa affermazione senza gettare almeno uno sguardo sommario al contesto
storico nel quale è stata scritta. Il secondo conflitto mondiale aveva
irreversibilmente aperto uno scenario globale di confronto. Le storie nazionali
e le storie letterarie dovevano iniziare a confrontarsi in un contesto
allargato e, almeno in parte, integrato, nel quale la filologia si candidava a
pieno titolo come disciplina ermeneutica privilegiata, per quelle qualità che
sin dal Rinascimento e Umanesimo ha sempre dimostrato (profondità
interpretativa, concretezza, capacità di generare nuovi sensi).
Oggi
è difficile stimare quanto sia passato del messaggio di Auerbach. Questo
scritto aveva tutte le carte in regola per fondare un vero e proprio progetto
di ricerca. Forse lo strapotere dello strutturalismo che ha spesso
‘colonizzato’ intere tradizioni di studio, forse la difficoltà di immaginare un
percorso di ricerca così ambizioso, la realtà è che le parole di Auerbach
cercano oggi un vento che le trasporti e le semini in nuove ricettive
intelligenze.
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