Ripescaggi #18
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Non ricordo bene dove uscì questa recensione. Avrete capito che non sono ordinatissimo nell'archivio dei miei file e in fin dei conti il blog è anche un tentativo di dare più ordine, un archivio pubblico e pubblicato, nella speranza che risulti talvolta utile a qualcuno e non solo agli studenti che cercano riassunti per le loro tesine (vi riconosco, anche dalle parole chiave, e da certi commenti che avete lasciato: questo non è un blog per studenti svogliati, l'avrete capito). Forse la recensione alla fine non uscì nemmeno con la rivista con cui la concordai (credo fosse "La Mosca di Milano") ed ecco che allora, per non buttar via nulla, la pubblico ora qui. Si tratta di un breve scritto su Paesaggio e tempo di Michael Jakob (Meltemi, 2009, pp. 141). Saprete che la casa editrice Meltemi purtroppo non pubblica più dal 2010, dopo sedici anni di attività in cui aveva seminato titoli e tradotto autori davvero interessanti.
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Ecco una domanda che potrebbe gettare in confusione il
lettore: quando è comparso il paesaggio? Da tempo, e in particolar modo con
quest’ultima opera tradotta in italiano, a questo intrigante interrogativo
prova a rispondere Michael Jakob, comparatista e teorico del paesaggio, che in
tanti conosceranno per la direzione, insieme a Maura Formica, della collana “di
monte in monte” della casa editrice Tararà di Verbania (La lettera del
Ventoso del “Petrarca alpinista” ne costituisce ad oggi la perla più
bella). Paesaggio
e tempo è un’opera costantemente in movimento tra riflessione teorica,
filosofica e letteraria, confronto con l’attualità e offerta di spunti visivi
sui quali aggrappare una riflessione (il volume è infatti corredato di
bellissime immagini funzionali al discorso dell’autore).
Per
quanto concerne il primo aspetto della riflessione teorica, filosofica e
letteraria sul concetto di paesaggio, Jakob si muove con la destrezza del
comparatista tra la comparsa di questo in epoca ellenistica e poi romana, le
alterne vicende nel Medioevo, fino al massimo splendore nell’Europa
dell’Ottocento. La letteratura, i viaggi, il diffondersi delle immagini hanno
portato l’idea di paesaggio ad essere il crocevia di una serie di relazioni
umane, economiche e simboliche.
Oggi di
paesaggio si discute molto e la legislazione si sta adoperando per la sua
tutela, anche se i pericoli denunciati da Salvatore Settis nel suo fortunato Italia
Spa sono a molti ben noti. Jakob affronta le minacce che incombono con la
musealizzazione, la manipolazione e la virtualizzazione del nostro rapporto con
la natura e il paesaggio. Non è difficile comprendere dove lo studioso voglia
andare a parare: ci sono indubbiamente dei pericoli latenti e, prendendo come
spunto la musealizzazione, per l’uomo della strada non è difficile notare il
proliferare di aree protette che, pur sorte per nobili e talvolta benemeriti
intenti, rappresentano anche lo specchio di un rapporto difficile, viziato,
fors’anche malato dell’uomo con il paesaggio.
Il tempo
citato nel titolo costituisce l’altra grande faccia del ragionamento di Jakob.
Vi è un momento della storia in cui paesaggio e tempo diventano compagni
inseparabili. Questo avviene nelle rappresentazioni del paesaggio di certa
pittura e segnatamente, in seguito, nell’arte cinematografica del Ventesimo
secolo. La comparsa del fattore temporale è determinante per la vita del
paesaggio di oggi, per come lo conosciamo e per come lo studiamo ed è in questo
frangente che l’analisi di Jakob mostra i tratti più innovativi. Tanto è
fondamentale il fattore temporale che siamo arrivati a studiare certi paesaggi
in funzione della mancanza o della sospensione del tempo che in questi alberga.
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