venerdì 19 aprile 2013

I cinquant'anni di Adelphi e "L'impronta dell'editore" lasciata da Roberto Calasso

Quando ho notato l'uscita di questo nuovo libro di Calasso ho pensato che volesse essere la risposta al momento delicato, a tratti indecifrabile, che l'editoria libraria sta attraversando, il tentativo di suonare la sveglia e dire "fermi tutti e riflettiamo" proveniente da uno dei principali artefici dell'editoria italiana ed europea. In parte sono ancora convinto che questo volume provi ad agire anche in tal senso, ma va detto che questo libro, che raccoglie scritti di varia natura, epoca e respiro, è anche una pubblicazione d'occasione per ricordare il mezzo secolo di attività della casa editrice che iniziò la sua avventura pubblicando tutto Nietzsche, stampato a costi oggi impensabili a Verona dal grande Mardersteig. Nel risvolto de L'impronta dell'editore (Adelphi, pp. 164, euro 12) lo stesso Calasso, autore di centinaia di risvolti  (si veda il suo Cento lettere a uno sconosciuto) e che in questo volume titola eloquentemente uno dei contributi Il risvolto dei risvolti, ci avverte: "La vera storia dell'editoria è in larga parte orale – e tale sembra destinata a rimanere. Una teoria dell'arte editoriale non si è mai sviluppata – e forse è troppo tardi perché si sviluppi ora. Andando contro a questi dati di fatto, ho provato a mettere insieme due elementi: qualche passaggio nella storia di Adelphi, quale ho vissuto per cinquant'anni, e un profilo non di teoria dell'editoria, ma di ciò che una certa editoria potrebbe anche essere: una forma, da studiare e da giudicare come si fa con un libro. Che, nel caso di Adelphi, avrebbe più di duemila capitoli."

Un passaggio chiave di questo denso risvolto firmato da Calasso è quello che nomina la "teoria dell'arte editoriale" e ne registra ormai un irrecuperabile ritardo. Ed emerge poi, senza alcun dubbio, quell'insistere sull'editoria come forma che caratterizza il modo di fare editoria e catalogo di Adelphi. Tutto ciò si ravvisa soprattutto nei primi due saggi del volume, I libri unici e L'editoria come genere letterario. Adelphi, quando esordì, combinava con un eclettismo apparentemente inspiegabile Nietzsche e la mistica indiana, Kubin e Abbott, Sant'Ignazio di Loyola e Artaud, l'etologo Lorenz e Kandinsky. Da queste scelte è evidente un assunto ricorrente, apparentemente frivolo ma fondamentale nella prosa di Calasso, vale a dire quello che vede l'editore come un mestiere divertente, convinzione che si ricava altrettanto bene anche dai ritratti appassionati di altri editori, con i quali Adelphi si pone in una sorta di gemellaggio. Questi ritratti costituiscono una parte fondamentale del libro, la terza, e indugiano su Giulio Einaudi, Luciano Foà, Roger Straus, Peter Suhrkamp e Vladimir Dimitrijević. Quello dell'editore è un mestiere dove è facile perdere un sacco di soldi, mette in guardia Calasso, ma in fondo anche uno dei mestieri più belli e divertenti che possano capitare. Nella visione più disincantata di Cesare De Michelis della Marsilio, anni fa, quando fu mio professore all'università, quello dell'editore era sostanzialmente il compito di "un operatore della logistica", espressione che forse raffredda gli animi, toglie il divertimento. A dire il vero con "logistica" si potrebbe ottimisticamente intendere non solo le questioni di produzione e distribuzione di libri, ma anche quella filiera, lunga e complessa, in fondo assai più affascinante e divertente della lotta tra distribuzione-rese-macero, che porta a immaginare i libri e le collane in vista di una proposizione al pubblico dei lettori. Resta il fatto che la logistica comunemente intesa occupa uno spazio ingombrante e spesso schiacciante nei problemi dell'editore attuale e mi verrebbe da aggiungere che già Aldo Manuzio ne sapeva qualcosa se inventò le "Aldine", precursori degli odierni tascabili.

La chiave del ragionamento di Calasso, e ciò che a mio avviso resta più impresso al lettore di questo libro a tratti assai avvincente, è proprio questo insistere, da più punti e prospettive, sul divertimento. Pensare a Boby Bazlen, nume tutelare della casa editrice Adelphi, alle sue passeggiate tra le bancarelle, all'ipotesi di un libro da fare quando ancora tutto (casa editrice, copertina, traduzione, pubblico da inventare ecc) è di là da venire, è una delle avventure più belle che possano capitare. Questo è condivisibile, e in fondo è evidente come si sia divertito Calasso a fare questo mestiere in questi primi cinquant'anni di Adelphi. E oggi? Torniamo quindi all'inizio di questo intervento, a quell'impressione che l'editoria stia attraversando un momento apparentemente indecifrabile della sua storia di forma e arte. In fondo le perplessità attuali dell'editoria non sono lontane da quelle del mondo nel suo complesso e forse dovremmo anche riconoscere che tutto un universo di conoscenza e conoscenze (un paradigma-libro?) che non parte da Gutenberg ma da ben prima (pensate soltanto a un Dante che parla del "libro della mia memoria") è messo in discussione dal flusso ininterrotto e liquido del digitale. Ci sono settori e altre arti, come quella della fotografia, dove il digitale è coinciso forse con una rivoluzione soltanto apparente, più legata a termini quantitativi che qualitativi. Nel mondo dell'editoria dovremmo forse interrogarci attorno alle questioni del lettore e della lettura che erano e rimarranno centrali sempre. Nel caso della vicenda Adelphi, è fin troppo chiaro che questa casa editrice ha saputo, attraverso i decenni, creare e plasmare un proprio lettore, assai fidelizzato, orgogliosamente ondivago, capace di passare dalla manutenzione della motocicletta di Pirsig alle neuroscienze di Edelman con una disinvoltura difficile da immaginare fino a poco tempo prima. Questo scatto in avanti è stato possibile in virtù della forza del catalogo, di questo concepire l'editoria come forma (forma simbolica, mi verrebbe da precisare, in omaggio a Cassirer, filosofo finora non contemplato da Adelphi). Anche per questi motivi Calasso parla di arte dell'editoria, più che di industria editoriale.

L'editore che ci racconta Calasso è senza dubbio un uomo o una donna capace di visione e prospettiva, che si diverte un sacco a immaginare un nuovo ecosistema editoriale fatto di autori, titoli, collane, copertine, lettori e che in alcuni casi riesce persino a mettere in piedi un'impresa redditizia, quasi un brand trendy. Si narrano infatti degli anni in cui le persone "colte" si davano appuntamento allo scaffale Adelphi, che poi nelle librerie tradizionali è quasi sempre quello più curato e rifocillato (oggi che il testimone sia passato ad altri? A Minimum Fax, ad esempio? Forse è passato anche il momento di Minimum Fax...). Il lettore disegnato e presupposto dalle scelte di Adelphi è un lettore seriale, collezionista (non a caso campeggia in bella vista il numero di volume nelle principali collane della casa editrice, la Biblioteca Adelphi e la Piccola Biblioteca Adelphi), fedele, in altre parole un lettore sempre più difficile da scovare negli scenari attuali, contraddistinti da instabilità somma. Parise, autore precipitato nel catalogo Adelphi soltanto negli ultimi anni, in un suo contributo si dilungava su Adelphi definendolo a più riprese, bonariamente e con stima, editore "snob". In fondo credo che uno scrittore elegante come lui sognasse di approdare nel catalogo di quella casa editrice. Ci è riuscito, come Gadda e molti altri negli ultimi lustri. Adelphi tra l'altro è l'unico editore italiano che fa notizia quando "include" qualcuno nel proprio catalogo, se ben ci pensate e a riguardo si potrebbe anche citare Ian Fleming e il recente Casino Royale. Per fare un passo indietro e concludere con Parise, chissà come recensirebbe oggi questo interessante libro del suo attuale editore chi dedicò al suo vecchio editore e "datore di lavoro", Livio Garzanti, un romanzo dal poco affettuoso titolo de Il padrone...

(Su temi parzialmente affini segnalo infine un contributo di Richard Nash su VQR).

2 commenti:

  1. Ho letto il libro, che rimane interessante. Non so davvero pero' in quanti possano permettersi d'ora in avanti ragionamenti del genere attorno alla figura dell'editore. Rimane un libro affascinante in molti tratti. Saluti, fabrizio

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  2. Se guardate su youtube c'è il video di quando è intervenuto nella trasmissione "Che tempo che fa" per parlare del libro. Ciao Loredana

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