Librobreve intervista #19
Da poco è uscito nella collana Bur Saggi di Rizzoli il volume Incontri con Clemente Rebora (pp. 192, euro 10,50), curato da Gianfranco Lauretano. L'autore, che è poeta, traduttore e operatore editoriale, è riuscito nel non facile compito di illuminare la statura di una figura chiave del Novecento inseguendo inclinazioni e percorsi nuovi di scrittura. Gli ho rivolto alcune domande, alle quali ha risposto nell'intervista che segue.
LB: Vorrei partire dal titolo. Perché si è scelto la parola,
semplice ed enigmatica, di "Incontri"?
RISPOSTA: La parola “incontri” descrive sinteticamente il percorso
biografico, culturale ed esistenziale di Clemente Rebora. Nella sua vita gli
incontri hanno infatti svolto un ruolo decisivo, perciò ho voluto tenerne conto
nel mio racconto. Il primo incontro fondamentale è, attraverso l’educazione
paterna e scolastica, con Giuseppe Mazzini e la sua visione storica, politica e
anche religiosa: Rebora sarà un mazziniano convinto fino agli anni Venti ed
anche dopo la conversione al cattolicesimo l’ideale mazziniano sembra non
essere abbandonato, ma, in molti aspetti, verificato e precisato alla lettura
del Vangelo. Importante fu per lui la sensibilità della Russia di allora, sia
personalmente, per l’amore e la convivenza con la musicista russa Lydia Natus
intorno agli anni della Prima Guerra Mondiale, sia letterariamente, per le
traduzioni degli scrittori russi, tra i quali Tolstoj e Gogol’. Oltre al
cenacolo di amici –Banfi, la Malaguzzi- degli anni universitari, determinanti
furono gli incontri di Rebora con scrittori dell’epoca, soprattutto con
Prezzolini, che permise la pubblicazione del Frammenti Lirici e, da ricordare, almeno quello con Sibilla Aleramo,
che rappresentò Rebora tra i protagonisti di un suo romanzo, Il frustino. Poi, naturalmente,
l’incontro con Antonio Rosmini, il geniale filosofo e teologo dell’Ottocento,
che indirizzo il cammino vocazionale della seconda parte della sua vita, fino a
farlo entrare, appunto, nell’ordine rosminiano.
LB: Nelle nostre prime battute scambiate, ci siamo subito
confrontati su un aspetto controverso di Rebora e della sua eredità poetica
ovvero un'immagine di poeta diviso tra l'essere "misconosciuto" o poeta
ancora letto e frequentato, saldamente presente nelle letture. Qual era la sua
percezione prima della pubblicazione del libro e come sta cambiando ora dopo
l'uscita del libro?
RISPOSTA: Ho scritto il mio libro viaggiando un po’, col desiderio di
incontrare anche personalmente chi ha conosciuto l’uomo e studiato l’opera. Che
Rebora sia poco insegnato nelle scuole, si sa. Spesso anche numerosi giovani
poeti lo ignorano; ma questi viaggi mi hanno messo in contatto con un mondo
intero di reboriani, spesso giovani: insegnanti, universitari, scrittori.
Rebora è il tipico caso di scrittore che persiste nella cultura del suo paese
non perché proposto dal livello istituzionale ma in virtù, direi, della forza
intrinseca alla sua opera.
LB: Nel libro che è appena uscito hanno un ruolo
fondamentale i luoghi di Rebora. Potrebbe tratteggiare e puntellare
quest'aspetto contenuto in Incontri con Clemente Rebora?
RISPOSTA: Il mio volume su Rebora è anche un po’ un libro di viaggi.
Per formazione e per desiderio io non intendo scrivere studi di tipo filologico
o monografie accademiche su un autore. Preferisco, semplicemente, introdurre
alla sua lettura, con la massima aspirazione che, chiuso il mio libro, al
lettore prenda un gran desiderio di leggere Rebora. Per questo il mio lavoro
assomiglia più a un romanzo, in cui, assieme ai racconti degli incontri
fondamentali e a paragrafi di lettura delle poesie, anche singolarmente, la
visita ai luoghi reboriani (Milano, Stresa, Rovereto, Domodossola) renda
leggero il seguirlo. La vera domanda a cui mi interessa rispondere è: cosa dice Rebora a me, oggi?
LB: Parliamo di lei e della sua personale esperienza di
lettura di Rebora. Qual è il "suo" Rebora, il periodo poetico sul
quale magari ritorna con più assiduità?
RISPOSTA: Rebora pubblicò in vita quattro raccolte: Frammenti lirici e Canti anonimi nella prima parte della sua vita e Curriculum vitae e Canti dell’infermità nella seconda parte, dopo un “buco” di 33
anni! Ad esse occorre aggiungere una miriade di poesie non raccolte, spesso
d’occasione, che forma quasi la metà del suo corpus poetico. Le poesie che
preferisco sono quelle dei Canti anonimi,
raccolta di cerniera che contiene le domande drammatiche della giovinezza e il
preludio alla maturità. È un’opera in cui anche la lingua poetica si fa più
chiara, dopo le asperità e oscurità dei Frammenti
lirici, assomigliando in ciò molto più alle poesie ultime, tanto che
Pasolini, recensendo il suo ritorno alla poesia negli anni Cinquanta, disse che
tra queste e i Canti anonimi sembrava
essere passata solo una notte…
LB: Esattamente cent'anni fa uscivano i Frammenti
lirici, una delle raccolte più importanti dell'anteguerra. Le risulta che
siano in corso delle iniziative particolari, in ambito accademico ma non solo,
che mirino a ricordare quella fondamentale pubblicazione?
RISPOSTA: Letture, cicli di studi e pubblicazioni ne avvengono in
continuazione, anche adesso e, tra l’altro, in ogni ambito ideale e persino
politico (Rebora sembra mettere d’accordo tutte le intelligenze aperte del
nostro paese). Ricordo ad esempio che durante l’ultimo autunno s’è svolto un
grosso convegno reboriano presso l’Università di Urbino, a cura del prof.
Gualtiero De Santi, uno dei suoi studiosi maggiori. Intorno al mio stesso
libro, pur così semplice (o forse proprio per questo) si sta preparando una
piccola tournée di presentazioni e incontri in tutt’Italia.
LB: Può scegliere per i lettori del blog una poesia di
Rebora che riporteremo a conclusione dell'intervista?
RISPOSTA: Rebora pone a tutti i poeti d’oggi la questione fondamentale
dell’ultimo secolo: cosa viene prima? Qual è il senso primo del fare dei poeti?
Il filone vincente del Novecento poetico italiano, da Montale a Luzi a molti
giovani (filone a cui Rebora non appartiene) direbbe che la poesia stessa è il
cuore del lavoro dei poeti, il senso principale. Rebora appartiene invece a
quel gruppo più stretto per cui c’è qualcosa prima: la vita, il rapporto col
mondo, come dice in conclusione di questa poesia del Curriculum vitae:
Poesia e santità
Mentre il creato ascende in Cristo al
Padre,
nell’arcana sorte
tutto è doglia del parto:
quanto morir perché la vita nasca!
pur da una Madre sola, che è divina,
alla luce si vien felicemente:
vita che l’amor produce in pianto,
e, se anela, quaggiù è poesia;
ma santità soltanto compie il canto.
nell’arcana sorte
tutto è doglia del parto:
quanto morir perché la vita nasca!
pur da una Madre sola, che è divina,
alla luce si vien felicemente:
vita che l’amor produce in pianto,
e, se anela, quaggiù è poesia;
ma santità soltanto compie il canto.
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