lunedì 23 settembre 2013

Gli epitaffi scritti sull'aria da Nelly Sachs

Stranamente non è ancora molto ciò che abbiamo tradotto in italiano di Nelly Sachs, premio Nobel per la letteratura nel lontano 1966 assieme allo scrittore israeliano Shmuel Yosef Agnon. In quell'anno del Premio fu Rodolfo Paoli a rompere gli indugi con una scelta di poesie pubblicate dalla rivista "L'approdo letterario", seguito poi da Ida Porena (sua principale interprete in italiano) e da Roberto Fertonani. E comunque, se uno cercasse oggi la Sachs in traduzione, non sarebbe sommerso di titoli. Eppure siamo (eravamo?) un paese che traduce abbastanza, se si tratta di premi Nobel poi ancor di più. Oltre alla corrispondenza con Celan pubblicata da Il Melangolo, disponevamo solamente delle Poesie curate da Ida Porena per Einaudi. Oggi registriamo una novità nella bibliografia di Nelly Sachs in italiano e la mia premessa illustra allora uno dei molti motivi per i quali possiamo salutare con entusiasmo la traduzione della serie Grabschriften in die Luft geschrieben proposta da Chiara Conterno per i tipi di Progedit (pp. 152, euro 16). La frequentazione-dialogo con Nelly Sachs non è nuova a questa germanista ancora assai giovane, se consideriamo una monografia intitolata Metamorfosi della fuga. La ricerca dell’Assoluto nella lirica di Nelly Sachs (uscita per la padovana Unipress tre anni fa). E tutto lascia intendere che questo volume di traduzioni sia un ulteriore passo di conoscenza dell'opera della scrittrice berlinese che, come noto, a partire dal 1940 trascorse gli ultimi trent'anni di vita a Stoccolma. E una rapida occhiata al curriculum di questa studiosa lascia percepire un'originalità di interessi, tutti "austriaci", che spaziano da Karl Emil Franzos e la sua percezione di Schiller, a Vladimir Vertlib (se volete approfondire, Giuntina ha tradotto il suo Stazioni intermedie), ai giovani Christian Teissl e Stefan Schmitze. Il lavoro di traduzione della Conterno è dedicato alla memoria di Walter Busch, professore di letteratura tedesca all'università di Verona morto lo scorso marzo e autore de L'epitaffio e il silenzio dei morti nell'epoca moderna. Trasfigurazioni di una forma letteraria, uno dei saggi qui radunati prima delle traduzioni poetiche. (A chi apprezza W.G. Sebald - e non credo siano pochi - credo possa interessare il volume monografico di "Cultura tedesca", rivista edita da Carocci, intitolato W. G. Sebald: storia della distruzione e memoria letteraria curato proprio da Walter Busch.)


Ogni volta che si avvicina l'opera della Sachs sembra inevitabile ricominciare daccapo, da tutti i temi e i tempi più atroci che l'hanno attraversata: la migrazione indotta dal Nazismo, l'esilio svedese, la devastazione materiale e spirituale della Shoah sperimentata da sopravvissuta. I testi-epitaffi che Chiara Conterno ha tradotto e radunato qui appartengono al periodo 1943-1946 e disseminano pertanto un momento fondamentale della vicenda personale e del continente europeo stesso: dai momenti più difficili della guerra al primo anno senza la guerra. Sono componimenti per lo più brevi, per lo più riportanti un titolo e due iniziali relative al nome della persona alla quale sono dedicati (non tutti però, ad esempio quello intitolato Die Mutter è dedicato probabilmente alle madri e non a una madre soltanto, visto che non è seguito da iniziali). A volte - e lo scopriamo nelle ricche e curatissime note a piè di pagina, ricavate anche dalle lettere riportate in appendice - conosciamo il destino dei dedicatari, altre volte lo ignoriamo, o meglio, ad un certo punto della deportazione le tracce si perdono. Non conosciamo allora né nomi di luoghi né date di morte certe o presunte. Tutto questo ci fa pensare anche all'imponente lavoro di ricostruzione di percorsi di morte che la Shoah ha innescato a guerra in corso e appena terminata. Sono tutte persone che riaffiorano nella memoria famigliare e negli affetti dell'autrice, che anziché affidare l'epitaffio alla pietra lo affida all'aria, alla voce, al vento. Facili potrebbero diventare le associazioni, anche con testi fortunati come la Spoon River di Masters. A ben vedere, a ben ascoltare soprattutto, la poesia della Sachs in questo frangente è fatta di un fiato flebile che sa dire, per contrasto, l'assordante verità dell'esistenza di queste vite cancellate dalla furia distruttrice dell'Olocausto.

Epitaffi scritti sull'aria diventa allora un libro di memoria profonda nel senso quasi "liturgico", di ritratti accennati e perciò ancor più vibranti, nato  dalla necessità di accendere i ricordi, di bruciare di ricordo: persone, visi e movimenti - in altre parole un frammento di tempo - catturati e consegnati ad una eternità stranita e turbata profondamente dalla tragedia che ha spazzato una comunità. Così avviene avviene anche, ad esempio, nel componimento scritto nell'estate del '43 e dedicato allo studioso di Spinoza, l'insegnante privato Hugo Horwitz, marito claudicante di un'amica, Dora Jablonski. E c'è traccia di una lettera della Sachs indirizzata a Gudrun Dähnert dove scrive dei coniugi Horwitz, deportati a Theresienstadt l'8 settembre 1942. A Theresienstadt i coniugi Horwitz non vi arrivarono mai.

DER SPINOZAFORSCHER [H.H.]

Du last und hieltest eine Muschel in der Hand.
Der Abend kam mit zarter Abschiedsrose.
Dein Zimmer wurde mit der Ewigkeit bekannt 
Und die Musik begann in einer alten Dose. 

Der Leuchter brannte in dem Abendschein; 
Du branntest von der fernen Segnung. 
Die Eiche seufzte aus dem Ahnenschrein 
Und das Vergangne feierte Begegnung.


LO STUDIOSO DI SPINOZA [H.H.]

Leggevi tenendo una conchiglia in mano.
Con una delicata rosa d'addio giunse la sera.
La tua camera conobbe l'eternità
E la musica cominciò in un vecchio carillon.

Il candelabro ardeva nella luce del tramonto;
tu ardevi della lontana benedizione.
La quercia sospirava dallo scrigno degli avi
E il passato celebrava l'incontro.

(Traduzione di Chiara Conterno)

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