mercoledì 23 ottobre 2013

"Tacet" di Giovanni Pozzi. Una copertina che assomiglia a un poster pubblicitario

©overtures #3. Il pretesto per divagare tra copertine, grafica editoriale e storie di libri


Il libro era già uscito in un'edizione fuori catalogo e ora invece ricade all'interno della collana "Biblioteca minima" (Adelphi, pp. 42, euro 7). Tacet è un brevissimo scritto di padre Giovanni Pozzi, un silenzio di parole e tra parole talmente breve e scorticante che ha senso solo dare notizia dell'uscita del libro e invitarvi a leggerlo. Allora non parlo del contenuto e scrivo invece di due cose di contorno: prezzo e copertina. La soglia dei 7 euro di media per questi volumetti incomincia a parermi esagerata. Lo stesso dicasi per altri editori che hanno preso questa via del libro breve, solitamente entro le 64 pagine, con una veste grafica e qualitativa non da strappo dei capelli, e con un prezzo di copertina in media sui 7-8 euro. Non sono pochi, penso a certe collane di Laterza, Bollati Boringhieri o Castelvecchi. Sono i libri di cui parlo spesso anche qui. Tuttavia conosciamo tutti le annose problematiche legate al "prezzo del libro" e a una nuova legge a questo dedicata. Ma torniamo all'altro aspetto di quest'edizione di Tacet. La copertina mostra il dipinto di Baccio della Porta, un San Domenico che si trova al Museo di San Marco di Firenze ripreso nell'atto di portarsi l'indice perpendicolarmente davanti alla bocca: silenzio, tacet appunto. Se non fossimo di fronte al libro che contiene uno scritto di un grandissimo studioso di letteratura del secolo scorso e pubblicato da una delle più raffinate case editrici italiane diremmo di essere davanti ad una sorta di manifesto pubblicitario, tanto la copertina è costruita secondo quell'armonia tra visual (il santo) e headline (il titolo) che deve essere regola in ogni buon annuncio pubblicitario. Chi l'ha pensata forse non è digiuno di questi meccanismi e mi pare che ultimamente Adelphi stia trovando, anche in altre collane, degli interessanti stratagemmi per uscire da quella gabbia grafica che l'ha imbrigliata per tanti anni e che ha fatto sicuramente la sua fortuna, trasformandola quasi in un'icona del libro italiano. Sta provando questi stratagemmi grafici con massima gradualità, rimanendo dentro quella gabbia e quegli elementi grafici imprescindibili.

Il libro è il quarto che Adelphi dedica al religioso svizzero-italiano, che fu allievo di Gianfranco Contini a Friburgo, maestro più anziano di lui di soli undici anni. Arriva dopo La parola dipinta (1981), Sull'orlo del visibile parlare (1993) e Alternatim (1996). Sue sono le curatele di opere di Maria Maddalena de' Pazzi, Angela da Foligno e Giovan Battista Marino (sempre per Adelphi) e va ricordata senz'altro l'edizione critica di Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, di cui il prossimo anno ricorrerà il cinquantenario. Di questo Tacet riporto solo l'incipit, preso dal paragrafo intitolato Solitudine:

"Ogni proposito di vita solitaria si scontra col paradosso che, se cercata, la solitudine è inafferrabile; se ti afferra, è insopportabile. L'uomo è un solitario non solo. [...]"

Proprio La parola dipinta costituì l'incontro con la sua opera. Ricordo che ero all'università e nelle ore buche talvolta mi infilavo a sentire le lezioni di Franco Volpi sul nichilismo, di Adone Brandalise su Cervantes o Baltasar Gracián e di altri professori che volevo a tutti i costi ascoltare e vedere all'opera. Tra questi c'era Armando Balduino, che intercettai un pomeriggio durante una lezione su Zanzotto, costruita attorno alla poesia "scritta sotto il Vajont" e datata 26 ottobre 1963 e introdotta da Balduino parlando di "parola dipinta" e del libro di Giovanni Pozzi. Non so se avete presente, è quella con la parola IODIO che diventa progressivamente, all'interno di un triangolo rettangolo "ballerino" appoggiato per un vertice e non sulla base, ODIO, poi DIO, poi IO e poi O. La poesia, scritta tra l'altro in francese, si intitola Microfilm. Eccola qui sotto. Ha senso riportarla ora, per chiudere un ipotetico cerchio che va da Giovanni Pozzi ad Andrea Zanzotto passando per il disastro del Vajont, visto quanto si è discusso di quel disastro di cinquant'anni fa nei giorni scorsi, spesso anche male, nella disinformazione generale (mostrata a mio avviso anche da qualche défaillance di troppo scappata a una conduttrice come Concita De Gregorio).

Che cosa c'entra padre Pozzi con la De Gregorio e il Vajont e Zanzotto? Scusatemi, filo perso. O forse no, improvvisamente ritrovato nell'insegna del titolo di questo libello.


Il sogno trascritto di "Microfilm" di Andrea Zanzotto (da Pasque del 1973)


1 commento:

  1. Che colpo quella poesia di Zanzotto e come mi interessa questo libretto di Pozzi adelphiano... franca vi saluta

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