Una poesia da #25
I Massimo Volume, a distanza di tre anni dal precedente album Cattive abitudini, sono usciti con Aspettando i barbari, disco molto diverso dal precedente, sotto ogni angolatura. Come però spesso accade, si sono divertiti in rimandi letterari e artistici (molto John Cage in questo disco, ad esempio). Per chi non conosce la band, dico che si tratta di rimandi mai scontati e mai pesanti, che amplificano le potenzialità dei testi e della loro musica, creando spesso cortocircuiti impensati tra testo e musica. Cito appositamente anche la loro musica perché troppo spesso questa passa in secondo piano rispetto ai testi e al "cantato" di Emidio Clementi. Credo invece che Egle Sommacal (chitarre) e Vittoria Burattini (batteria) siano dall'inizio, vent'anni fa ormai, l'asse fondamentale della miscela che fa amare o detestare questa formazione. Accennavo ai rimandi. Emidio Clementi, bassista e voce, è tra l'altro autore di non poche prove di narrativa, uscite anche per editori importanti. La globalità dei testi di Aspettando i barbari m'ha riportato però alla mente quello che scriveva Claudio Piersanti nella prefazione al primo lontano libro di Clementi, Gara di resistenza, edito da Gamberetti (l'editore non c'è più ma il libro sembra disponibile ancora su Ibs.it). Scriveva che c'è "...un'atmosfera ricorrente, una sensazione: dev'essere già successo qualcosa, da queste parti. Di solito si scrivono cose che raccontano momenti cruciali, più o meno eroici... L’originalità di Clementi sta proprio nel rendere conto del 'dopo'.” Ho ritrovato questa felice intuizione "del dopo", nonostante il titolo sembri stazionare su un "prima". L'attesa, appunto.
Tornando ai rimandi "libreschi", se nell'album Lungo i bordi la band riabilitava l'Emanuel Carnevali de Il primo dio o il Drieu La Rochelle di Fuoco fatuo, in Cattive abitudini aprivano con un brano intitolato semplicemente "Robert Lowell". Ora questo nuovo disco, il cui titolo tra l'altro rimanda a un noto romanzo di Coetzee, si apre con un testo tratto da Il dio delle zecche di Danilo Dolci (Mondadori, 1976, pp. XII + 182, fuori commercio). Chissà che una volta tanto la musica aiuti a riportare a galla un libro non più ristampato da Mondadori e appartenente a un autore che è invece bene continuare a leggere, nella breve e lunga distanza. Se oggi volete leggere Danilo Dolci, la cosa più facile è cercare nel catalogo di Sellerio, dove la poesia è però sostanzialmente assente.
DIO DELLE ZECCHE
(di Danilo Dolci)
Vince chi resiste alla nausea
chi perde meno
chi non ha da perdere
vince chi resiste
alla tentazione
tentazione di evadere
vince chi resiste
alle tentazioni
chi cerca di non smarrire
il senso
la direzione
vince chi non si illude
noi che accendiamo lumi,
per nasconderci le luci
la moda di esibirsi travestiti
da operai
la moda di fumare
la moda di sparare o non sparare
la moda di spararsi
noi che accendiamo lumi,
per nasconderci le luci
più confortevole inselvarsi
appiattandosi zecca
Ed ecco qui il brano dei Massimo Volume. La copertina del disco che vedete sotto nel video è dell'artista newyorkese Ryan Mendoza, a Bologna con una personale proprio in questi giorni.
bella canzone...
RispondiEliminaGran gruppo i Massimo Volume. Avevano citato anche Sanguineti in un album del passato ma soprattutto gran poeta.
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